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Il Mercato Ittico di Chioggia

di Adriana Blanc

Tra futuro e folclore

Se si chiedesse a un turista il motivo per il quale ama trascorrere le proprie vacanze in Italia, rimuovendo dal novero delle risposte quelle che accomunano qualunque meta turistica limitrofa quali cibo, paesaggi e patrimonio storico, il responso ricadrebbe nella maggior parte dei casi su quella caratteristica che rende davvero unico il nostro paese. Un indizio? Si pensi a Chioggia e a quel microcosmo del tutto particolare che è il suo Mercato Ittico.

Come anticipato, non ci stiamo riferendo a quello che è solitamente il nostro punto focale, ossia l’aspetto gastronomico, o almeno non intendiamo in questa sede limitarci a questo sebbene sia sicuramente un altro tratto distintivo e d’eccellenza della Penisola. Ciò su cui oggi vogliamo riflettere è in effetti quell’elemento che sta alla radice del successo e della particolarità del nostro territorio, ciò che ci rende unici agli occhi del mondo: le persone. Una risposta da libro “Cuore” voi direte, ma riflettendoci con maggior attenzione, il preciso vanto di cui disponiamo è piuttosto da individuare in quel patrimonio socio-culturale che ogni italiano si porta dietro nel suo personale bagaglio esperienziale. Quel complesso di tradizioni che si sono tramandate di generazione in generazione, andando a costruire il tipico folclore che caratterizza le diverse zone del paese e che, associato alla solarità intrinseca all’animo italico, ci rendono affascinanti all’occhio esterno.

L’inestimabile ricchezza della laguna veneta

Un chiaro esempio di quanto si è detto finora lo si può trovare in quella pittoresca realtà che è il mercato del pesce di Chioggia. La cittadina che sorge dirimpetto a Venezia, condividendo con essa la laguna, è infatti un luogo che al suo interno racchiude la tradizione secolare di una zona vocata e votata alla pesca quale è il Veneto. Qui, da sempre, i tesori del mare rappresentano l’essenza stessa del territorio; un patrimonio di cui gli abitanti si sono serviti da prima per sfamarsi e poi, con l’avvento del fine-dining, per diffondere un prodotto di alta qualità e portarlo sulle migliori tavole, locali ed estere.

Il Distretto ittico “Rovigo e Chioggia” è una voce importante a livello europeo: una filiera che fattura 800 milioni di euro ogni anno e dà lavoro a 8500 addetti. Grazie alla laguna e al mare aperto si possono praticare diversi tipi di pesca, financo l’allevamento di molluschi bivalvi come la cozza Mitilla® di Pellestrina, di recente segnalata da Forbes tra le 100 eccellenze italiane. Il tutto si traduce in quella realtà che è il Mercato ittico, al dettaglio e all’ingrosso, di Chioggia; un complesso universo nel quale si intrecciano tradizione e progresso.

Antichi mestieri rivolti al futuro

Il primo ogni anno attrae i turisti e i curiosi che qui possono scoprire uno degli angoli più intriganti del paese e comprare dell’ottimo pesce al minuto. Situato in prossimità di Palazzo Granaio, non appena si valica lo splendido Portale a Prisca scolpito da Amleto Sartori, ci si immerge in un luogo senza tempo, dove il trascorrere delle ore è scandito dal riecheggiare delle voci che vanno scemando verso l’ora di pranzo.

Una trentina di postazioni ospitano i mògnoli, i pescivendoli locali e di zone limitrofe che invitano a gran voce gli avventori a visitare i loro banchi, allestiti con il migliore pescato: seppie, calamari, canocie, moeche; e ancora sarde e peoci, caparossoli e bevarasse, ingredienti immancabili nella cucina della massaia locale. Pesce d’acqua dolce o salata, molluschi e crostacei che ogni giorno vengono scaricati dai pescherecci alle prime luci del mattino e poi distribuiti all’asta del Mercato all’ingrosso che rifornisce questo e gli altri mercati locali.

Riservato agli addetti al settore, il Mercato all’ingrosso dal 1960 abita l’Isola dei Cantieri: 11.000 m² che, oltre alla zona adibita al commercio del pesce, tra le altre cose comprendono uffici veterinari, commercianti di ghiaccio e punti ristoro. Un microcosmo che con le aste che si tengono due volte al giorno, al mattino e al pomeriggio, brulica di vita e consuetudini. Come quella che per decenni ha visto sussurrare le offerte direttamente all’orecchio del battitore, oggi rimpiazzata da pizzini vergati a mano, causa Covid e distanziamento sociale.

Sorretto dalla guida illuminata di Emanuele Mazzaro, Direttore dal 2017, questo mercato è pronto ad aprirsi al futuro grazie alla collaborazione con l’Università di Padova e il Cnr-Ismar di Venezia, che sta mettendo a punto il progetto “MarGnet” per produrre carburante a partire dalla moltitudine di cassette di polistirolo che ogni giorno vengono utilizzate, o dalle plastiche rinvenute in mare dagli stessi pescatori. Non è un caso infatti che sul sito si legga: “dal 1960 custodi dell’Adriatico.” Se al livello più alto si è dato il via a questo innovativo progetto, qui ognuno fa comunque il suo per tenere pulito e riutilizzare ogni risorsa. Colpisce dunque duramente il recente attacco approntato dal documentario “Seaspiracy” di Netflix, verso il quale Emanuele Mazzaro non si è risparmiato in termini di critiche.

Il problema dell’inquinamento delle acque e del globo non può essere di certo scaricato con tanta facilità ed immediatezza su persone che fanno un mestiere durissimo, usurante e in certe situazioni addirittura pericoloso. Si pensi al sequestro dei pescatori di Mazara del Vallo in Libia. I pescatori, nella stragrande maggioranza dei casi, sono invece dei veri e propri guardiani dei mari e hanno tutto l’interesse alla salvaguardia del loro luogo di lavoro e di vita.”

La dimensione ideale

Una linea di pensiero che ci sentiamo di sposare e condividere appieno. Si aggiunga poi che i pescatori, così come piccoli produttori e artigiani, rappresentano un substrato fondamentale del Paese, che andrebbe tutelato e valorizzato. È nel piccolo che si rinviene quella capacità di controllo sulla filiera e quella passione – perlopiù sconosciuta a una dimensione maggiore e lucrativa – che garantisce un’ottima qualità del prodotto finale e i tratti netti e distinti propri di ogni mano che lo produce.

Solo così possono venire alla luce creazioni e, in questo specifico caso, piatti, come Yellow Submarine di Massimo Bottura, che si è servito proprio dei freschissimi rombi del mercato per mettere a punto la ricetta servita sulle tavole di uno dei ristoranti migliori al mondo.

Anche Paolo Caratossidis, Presidente dell’associazione ‘Cultura & Cucina‘ e organizzatore del ‘I Festival della Cucina Veneta’ è un grande ammiratore della pesca clodiense e del suo mercato: “Questo è un vero e proprio tempio della Cucina di Mare e un luogo simbolico per tutti i food lovers. Il Pesce è già e sarà sempre più in futuro un elemento dominante nell’alta cucina. La Cucina di Mare ha una marcia in più e ricordiamoci che il pesce (quello pescato, quindi una parte minoritaria) è l’equivalente della cacciagione nel Rinascimento. Un bene che inizia a diventare di lusso e fare la differenza sulle tavole che contano. La grandezza dell’offerta del Mercato Ittico di Chioggia sta nella ricchezza del pescato e nel valore del pesce azzurro che, oltre ad essere buono e versatile, è ottimo anche per la dieta essendo ricchissimo di omega 3.”

Il Mercato di Chioggia, gli uomini che ci lavorano e le consuetudini che questi stessi innescano, sono un patrimonio da custodire e salvaguardare; sono, nel loro piccolo, la grandezza di un intero paese.

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