L’evoluzione del D’O dal 2003 al 2020: dal pop al top
D’O. Da popolare a sostenibile. Da povera ad opulenta. Da tradizionale a classica. Il tutto, sempre, in ottica democratica.
Se dovessimo indicare una cucina che negli ultimi 5 anni ha saputo evolversi, oggettivamente, in maniera evidente, senza mai perdere o mutare la personalità che l’ha sempre contraddistinta, probabilmente la nostra scelta ricadrebbe su quella di Davide Oldani a Cornaredo, una ventina di minuti di macchina da Milano.
Non pensiamo che sia soltanto merito di una maggiore definizione della centralità gustativa dei piatti o dell’accattivante svolta di una materia prima più opulenta; piuttosto, ci sembra che accanto ad una linfa sempreverde che sgorga proprio nella vena creativa dell’ex Marchesi boy, mai così viva come oggi, si sia affermata la capacità di Oldani di fare squadra e di far crescere un paniere di talenti – come i suoi sous chef Alessandro Procopio e Wladimiro Nava in cucina e Davide Novati e Manuele Pirovano in sala, registi di un servizio che gira ormai ad altissimi livelli – che fanno brillare, oggi più che mai, il D’O e la stella del loro mentore.
Protagonista del piatto è sempre stata quella melodiosa trasversalità gustativa che potremmo metaforicamente assimilare all’orecchiabile ritornello di una canzone “pop” (guarda caso), caratteristica alla quale si è aggiunto, negli ultimi anni, un arrangiamento prettamente più rock. L’evoluzione della cucina di Oldani da trattoria gourmet a ristorante di alta cucina in veste (ancora) democratica, è un dato di fatto che si può osservare, in maniera tangibile, ripercorrendo l’evoluzione delle creazioni feticcio dello chef, come ad esempio l’emblematica cipolla caramellata, che se nella versione originaria privilegiava solo la rotondità rasentando non di rado la stucchevolezza assieme ad alcune imperfezioni delle consistenze, oggi si ritrova sapientemente trasformata in Grana Padano riserva caldo e freddo: cipolla caramellata, un antipasto al cucchiaio che privilegia una maggiore finezza, consistenze più interessanti e non ultimo preserva il gusto del piatto originale. Ancora, si può ricordare l’eccessivo rigore dell’essenzialità dell’offerta che, si limitava alla concretezza di ciò che il cliente ordinava senza focalizzarsi sulle “coccole” di contorno che spesso contribuiscono a rendere memorabile l’esperienza. Tutto ciò che sembrava mancare a questa tavola, infatti, oggi non solo c’è, ma spicca anche per accuratezza e pensiero.
Cucina, ambiente e dettagli dal forte tratto identitario
Quello che è sempre stato chiaro al D’O, è il pensiero e la filosofia del suo cuoco. Una lettera d’intenti che il cliente ha saputo cogliere e metabolizzare nel corso di quasi un ventennio. Le stoviglie, le sedute e il tavolo stesso sono un mirabile esempio di estetica e funzionalità applicata al pensiero pragmatico dello chef, che ha iniziato a conferire dettagli personalizzati al luogo da lui creato, e in tempi non sospetti. Filosofia che si riflette completamente anche sul cibo che arriva a tavola, dov’è sempre più evidente un accentramento verso la cucina classica, di stampo francese, che dalle salse ai fondi di cottura (a dire il vero qui sempre meravigliosi) ripercorre la formazione di Oldani e i suoi trascorsi da Alain Ducasse e Michel Roux come un revival necessario. Ed è stata probabilmente questa svolta del suo ritorno al passato a regalargli le ultime meritate soddisfazioni dalla Francia.
Passando all’esperienza concreta, si comincia con l’aperitivo, presagio della piacevolezza complessiva che percorrerà tutto il pranzo: lo scenico olio al timo con cera d’api da spalmare sulla spugna con povere di aceto o la golosa oliva all’ascolana, finemente ricompattata ma dal gusto concentrato, degno della migliore espressione della tradizione marchigiana. Il carciofo ripieno è disarmante per la semplicità ma concentratissimo nel gusto, la scenografica campana in cui vengono cotte le ostriche precede un altro affascinante boccone, la pita soffice, yogurt, salsa tartaraSalsa a base di maionese, capperi, cipolla (o erba cipollina) e cetrioli tritati. In aggiunta vi possono essere olive, rafano, aceto, uova sode tritate e senape. La salsa tartara viene prevalentemente utilizzata per accompagnare le pietanze a base di pesce. Leggi e la parte callosa del mollusco, servita cruda. Poi entra in scena il risotto (o “riso“, come ama chiamarlo lui) che spicca sempre per innovazione ed esecuzione: mantecato al grana padano, zucca, ricotta infornata e amaretto sbriciolato è sensazionale per il millimetrico equilibrio che trova, ciascun ingrediente, nell’ensemble del piatto. Seguono un concentrato di “cassoeula”, che ricorderemo per la sua lunghezza al palato e due grandi piatti di scuola transalpina.
In chiusura, un divertente gioco sui formaggi, una rivisitazione non scontata della Barbajada, con i frutti rossi che spezzano il legame con la tradizione, e un assaggio di PanD’O con canditi cedro, ciliegia e corniolo ed un intenso gelato alla vaniglia. Tutto è dosato con cura e intelligenza, perfino il pane (notevolissimo), i grissini e la piccola pasticceria.
Ultima, ma non meno importante, menzione per il servizio di sala che, senza troppe parole, possiamo definire all’altezza della cucina.
La Galleria Fotografica:
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- Piatto da leccare: aceto di mele ridotto, salsa verde alla rucola e orzo soffiato. Inizio breve ma folgorante.
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- Il notevole aperitivo: candela di olio al timo e cera d’api da mangiare con la spugna di grano arso e polvere di aceto, per concludere la finta oliva all’ascolana, golosissima. Tutto molto intenso.
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- Ostriche “Amélie Speciale” (vengono cotte leggermente al vapore, direttamente a tavola davanti al commensale, con un’infusione di salvia, limone e anice).
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Dentice da lenza, finocchi cremosi e yuzu
Lo Yuzu è un albero da frutto distribuito nell'Asia orientale del genere Citrus. Si pensa che sia un ibrido tra il mandarino e il papeda. Il frutto è molto aromatico, il diametro è solitamente compreso tra 5,5 e 7,5 centimetri, ma possono arrivare anche a 10 centimetri. Leggi setato.
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Nonostante la concessione stilistica della tecnica spagnola del mais cristallo, la rivisitazione della “Cassoeula
Piatto tradizionale lombardo fatto con le parti grasse del maiale e con la verza. La cassoeula richiede una lunga cottura e si mangia comunemente durante i mesi invernali. Leggi” è un boccone notevole per concentrazione ed intensità di sapori.
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Coniglio, foie gras
In francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi d’anatra e tartufo nero…
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..nappato con salsa civet
Il civet è un metodo di cottura particolarmente adatto alla selvaggina, che consiste nel cuocere la carne a fuoco lento in una salsa a base di vino, sangue, verdure e spezie. Leggi.
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- Si gioca nel cercare il Castelmagno invecchiato, tra la pera e l’aceto balsamico ed il Grana Padano.
2 Comments
Cenato piacevolmente questa sera
Ho festeggiato degnamente il mio compleanno
Oggi 19/11/2021 ho ricevuto una delle sorprese più belle della mia vita…le mie amiche mi hanno portato a pranzo da Davide Oldani a Milano…é stata un esperienza memorabile dai piatti al servizio al vino a Oldani stesso tutto al TOP…la professionalità è al top,grazie di tutto