La Faggiola Ostreria Fratelli Pavesi
Valutazione



Pregi
- La verità in cucina.
- Il sapore autentico e antico della struttura in cui è ubicata la trattoria.
- La bottega dove acquistare la giardiniera e, in futuro, anche la caponata.
Difetti
- L’assenza di un menu degustazione.
La verità, nient’altro che la verità
Antichi manifesti pubblicitari alle pareti, pochi utensili e stoviglie attinti da un “piccolo mondo antico” ed esposti a mo’ di reperti museali e, a coronamento, le gettonatissime illustrazioni di Gianluca Cannizzo che ha disegnato, tra gli altri, l’immaginario di uno tra i più popolari distributori di vini e di spiriti della contemporaneità. Ed è esattamente la contemporaneità la croce e la delizia di questa “ostreria” che, nella ricorrenza di motivi grafici e di stilemi estetici già codificati, rischia di assomigliare esattamente a quello che rifugge: un prodotto della contemporaneità.
Eppure, come molti suoi simili, pur in questa ricorrenza l’Ostreria vanta una sostanza solida e compiaciuta, e c’è bellezza nel modo in cui questa stessa estetica si pronuncia, invece, in cucina, e nell’encomiabile scelta di non proporre alcuna musica di sottofondo che parrà pure un nonnulla e invece è una presa di posizione forte sul mondo circostante.
Siamo in località Gariga, nel comune di Podenzano, nella Bassa piacentina. La giornata uggiosa rivendica risolutamente la fine dell’estate eppure gli ariosi, silenziosi spazi all’interno, i tavoli ben distanziati e le numerose salette, in cui non si sente altro che l’intensità della pioggia battente, all’esterno, non ci fanno affatto rimpiangere di non poter mangiare fuori, sotto al porticato. È sabato, ora di pranzo, non c’è Giacomo – eletto miglior oste d’Italia per Slow Food – ma non ce ne facciamo un cruccio perché i piatti parlano da soli e parlano, sostanzialmente, di verità.
A partire dal pane, che non è fatto da loro, stamane, ma saporito di grano e di sole mentre la focaccia, stavolta “maison”, ha un sapore antico, burbero ma seduttivo. La carta dei vini, benché abbastanza stringata, consente qualche divagazione come questo Meunier di Laherte Frères che, come immaginavamo, si presta benissimo a dialogare con la tradizione piacentina e, in particolare, con le 3 d.o.p. (coppa, pancetta e salame) dove il confine tra grasso e magro sublima in un piacere irresistibile e cerebrale. Squisita la giardiniera: una delle migliori mai assaggiate per croccantezza delle verdure e concentrazione del sapore; elementi che ritroviamo enfatizzati, benché in maniera differente, anche nella caponataTradizionale ricetta siciliana a base di melanzane. Con il termine caponata si indica tun insieme di ortaggi fritti, conditi con sugo di pomodoro, sedano, cipolla, olive e capperi, in salsa agrodolce a base di aceto e zucchero.... Leggi e nelle mazze di tamburo fritte, dove la panatura croccantissima scricchiola tra le mascelle e deflagra in una materia carnosa, gelatinosa: un humus di bosco.
Della medesima cura e sensibilità per le consistenze si beano anche gli impeccabili primi, sia i callosi tagliolini 40 tuorli che le nodose code dei tortelli piacentini, nonché la fondente lombata di daino con le deliziose carotine alla brace e il peccaminoso fondo di selvaggina, cognac e aglio nero: davvero superbo.
Menzione specialissima va poi al semifreddo allo zabaione e, in particolare, all’intuizione dello zenzeroLo zenzero (Zingiber officinale Roscoe, 1807) è una pianta erbacea delle Zingiberaceae (la stessa famiglia del Cardamomo) originaria dell'Estremo Oriente. Coltivata in tutta la fascia tropicale e subtropicale, è provvista di rizoma carnoso e densamente ramificato dal quale si dipartono sia lunghi fusti sterili e cavi, formati da foglie lanceolate inguainanti, sia corti scapi fertili, portanti fiori giallo-verdastri con macchie... Leggi candito col suo rush piccante e rinfrescante davvero delizioso oltre che, invero, assolutamente necessario.
Un’esperienza dunque da raccomandare per più ragioni: non solo perché in grado di appagare tanto la pancia quanto il cervello ma anche perché, a proposito di pancia, per qualche misteriosa ragione e a dispetto della varietà e della quantità di pietanze sul tavolo, dalla Faggiola si esce affatto appesantiti ma anzi autenticamente alleggeriti, rallegrati, pacificati; in una parola, felici.