La cucina del territorio leccese: il dialetto come lingua universale
Un ristorante è un’impresa. Non solo in qualità di esercizio il cui obiettivo primario è quello di produrre utili ma anche, e forse soprattutto, nell’accezione più romantica ed epica del termine. È una sfida onerosa che richiede determinazione, sacrificio, talento e profusione in essa di un impegno totalizzante.
Ognuno intraprende questa tenzone con una propria visione plasmata da sensibilità, conoscenze, carattere e, ultima ma non meno importante, personale abilità, il tutto strettamente legato alle (e dalle) proprie speranze.
Ci sono ristoranti, poi, che oltre questo riescono a far intravedere anche dell’altro.
Bros di Floriano Pellegrino e Isabella Potì riesce, infatti, a trascendere ulteriormente questo classico storytelling, corredando la propria proposta con un piglio che oltrepassa l’entusiasmo giovanile, associandosi piuttosto a una intensità emotiva che sinceramente colpisce, fino a farsi trascinante.
Difficilmente, sedendosi a questa tavola, non si riesce a notare e apprezzare questa tensione, in cui il territorio è esaltato fino a essere trampolino di lancio per raggiungere dimensioni gastronomiche internazionali.
La volontà di fare di Lecce un segmento d’Europa, e non della provincia italiana, traspare persino da particolari come l’arredo, volutamente spoglio, di impronta nordica, dalla presenza in sala di collaboratori di diversa nazionalità e, ancor di più, ovviamente, dal menù ricco di stimoli, idee, tecniche che sollecitano spettri di sensazioni disparati e compositi.
L’articolazione dei menù prevede tre differenti degustazioni di crescente lunghezza. In quello più lungo, un inizio in sordina cede gradualmente il passo a piatti dalla profondità e persistenza sempre maggiori. Oltre ai classici poli gustativi – largamente esplorati – è questa una cucina che fa ricorso anche ad altri canali come il salmastro, il rancido o le stesse fermentazioni per sottolineare, facendogli da spalla o prendendo il sopravvento, questo o quell’ingrediente principale.
È uno stile che non si manifesta attraverso un’espressione lineare del gusto, ma piuttosto reclamando la dovuta attenzione con l’avvicendarsi di sovrapposizioni e accompagnamenti in cui contaminazioni ed espressioni ultraterritoriali completano un quadro di indiscutibile interesse.
Se gli ingredienti locali sono un’opportunità qui vengono sfruttati appieno anche grazie a una maestria tecnica che riesce ad esaltarli nelle loro caratteristiche. Fulgido esempio è il concentrato di peperone e caroselli, ideale substrato che permette alla burrata di trovare un adeguato contraltare alla propria lipidica fattura.
Equilibrio? Non solo, ma anche tanta freschezza
La crema di ceci con aceto, polvere di peperone e melanzana fondente spazia su gradazioni dell’umami in modo assai convincente, e una efficace variazione di susine accompagna un eccellente piccione.
Come detto, alcuni piatti a principio menù, rispettando le consegne di un inizio sottotono, probabilmente cercato, risultano alquanto impalpabili e di difficile decifrazione. Se l’intento è stato quello di calibrare il percorso aumentando progressivamente l’andatura diciamo che ciò non è stato felicemente perseguito.
Guardando a ritroso la differenza tra un certo punto della cena e l’inizio sembra quasi di avere a che fare con due mani diverse. Una più incerta, l’altra più consapevole e decisa. E allora accostamenti come il brodo di olive celline la cui nota salmastra, invero non percepita, dovrebbe completare e arricchire quelle del melone cantalupo, lasciano perplessi.
Non si può concludere non omaggiando il livello altissimo della pasticceria di Isabella Potì, che suggella un pasto in un locale tra i più divertenti dell’odierno panorama nazionale.
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Sorbetto di limone e vermouth
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Timballo con tartare
La bistecca alla tartara (conosciuta anche come carne alla tartara, steak tartare o più comunemente tartare) è un piatto a base di carne bovina o equina macinata o finemente tritata e consumata cruda. La ricetta prevede che dopo essere stata triturata la carne deve o marinare nel vino o in altri alcolici oppure viene aggiunto del succo di limone e... Leggi di gambero, bisque
E' una ricetta della cucina francese tipicamente basata sul brodo di crostacei (aragoste, astici, gamberi di fiume). Si tratta di una zuppa che può essere servita in purezza oppure utilizzata come fondo di cottura per la preparazione di altre pietanze. È da considerarsi a tutti gli effetti un fondo bruno a base di crostacei. Per preparare la bisque è necessario... Leggi e salsa di gambero e prezzemolo.
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Rana pescatrice alla griglia con fagiolini mangiatutto e salsa olandese
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Succo di prugna, tequila, fiore di sambuco
Il sambuco è un genere di piante tradizionalmente ascritto alla famiglia delle Caprifoliacee, che la moderna classificazione filogenetica colloca nella famiglia Adoxaceae. I fiori del sambuco trovano impiego in erboristeria per la loro azione diaforetica. Con i fiori è possibile fare uno sciroppo, da diluire poi con acqua, ottenendo una bevanda dissetante che è molto usata in Tirolo, in Carnia... Leggi, polvere di arancia e cardamomo.
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- Barbabietola cotta al barbecue, spuma di frutti rossi, melassa di melograno e mela verde, sorbetto di barbabietola.
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Mini soufflè
Preparazione di cucina classica francese, sia dolce che salata, dalla caratteristica forma gonfia e allungata per la presenza di albumi d’uovo presenti all’interno. La cottura del soufflé in forno avviene lentamente, generalmente a bagnomaria: è un processo molto delicato ed a cui bisogna prestare molta attenzione. Ogni soufflé è costituito da due componenti di base: una crema (solitamente burro, farina... Leggi ai frutti rossi.