Valutazione
Pregi
- Una cucina diretta, esplicita ed estremamente godibile.
- Il ristorante è all'interno del museo Guggenheim.
Difetti
- La sala non è provvista di un office. La presenza di tutti i camerieri contemporaneamente in sala potrebbe risultare sgradevole in una serata con pochi coperti.
Bilbao ti inghiottisce. Entrando nella città basca dall’autostrada, si viene avvolti da un vortice circolare dal quale non ci si riesce a liberare. All’ombra dell’energia luccicante delle curve morbide d’acciaio del Guggenheim Museum, la città sembra rivolgersi a questo capolavoro architettonico in una forma ossequiosa, intravvedendo nella sua ammirazione statica una possibile forma di redenzione. L’obiettivo è il miglioramento ed il mantenimento delle vie, dei palazzi, dei parchi, che correndo accanto al fiume si specchiano sui riflessi pallidi del cielo plumbeo.
È inevitabile dunque rimanere attoniti di fronte a tanta potenza, ad una energia contagiosa, da venerare come fosse una religione.
Josean Alija è prima di tutto un uomo sensibile, romantico ed entusiasta. In secondo luogo, un grande chef.
La sua sensibilità e l’attitudine all’arte culinaria non potevano che trovare sfogo proprio all’interno di questo tempio dell’arte.
“Buenos dias” è il coro che proviene dalla brigata di cucinaPer Brigata di cucina si intende l'insieme di tutto il personale di una cucina professionale, sia operatori qualificati che apprendisti, che opera nella preparazione di vivande per il servizio. Si tratta di un concetto ideato dal grande Auguste Escoffier, come struttura gerarchica organizzata in forma piramidale in cui mansioni e compiti erano rigorosamente distribuiti in ruoli specializzati, separati ma interdipendenti,... Leggi all’ingresso di ogni avventore.
Lì, nuda dirimpetto all’entrata del ristorante, introduce il cliente al mondo creato da Alija, in cui il sincronismo e la collettività sono i caratteri necessari per raccontare memorie ed esperienze di vita vissuta in chiave ludica. L’approccio diretto non trova soluzione di continuità durante tutto l’arco del viaggio gastronomico, mentre la sala spoglia, candida, leggermente movimentata dalla disposizione dei tavoli rotondi, scopre il suo alter ego in un servizio total black spigliato ed energico.
L’obiettivo è subito chiaro. Come in un liquido, il cliente viene immerso in una piacevole atmosfera che lo induce a rendersi inerme e disinteressato del mondo che lo circonda, concentrando le sue attenzioni solo su quanto stia accadendo al tavolo. Nulla di particolarmente sofisticato, nessun contorsionismo celebrale, solo una passeggiata all’interno del gusto made in Spain, focalizzato su usi e costumi baschi ma che non disdegna affatto le tradizioni culinarie del sud.
La sublimazione del gusto di ogni singolo ingrediente rende questa cucina inconfondibile nei suoi tratti. In maniera apparentemente semplice, lo chef si propone andando ad approfondire l’essenzialità degli ingredienti. Lo fa attraverso un minuzioso gioco cromatico, seguendo un’evoluzione palatale coerente con quanto proposto, lavorando più per sottrazione che per addizione. La sintesi perfetta della sua filosofia di cucina si riscontra nei brodi, nei fondi e negli estratti straordinariamente e stranamente consistenti, quasi viscosi, in grado di acuire l’essenzialità della preparazione andando a vestirla di un abito semplice ma di immensa eleganza. Emblematico esempio ne è “fagioli bianchi con brodo vegetale”, piatto che accarezza l’espressione massima del fagiolo, della sua consistenza, del rispetto assoluto per le sue tonalità. Il brodo vegetale accoglie e unisce con rispetto tutto ciò che lo chef voleva comunicare, andando però, senza mai rendersi eccessivo, ad allungare e amplificare gli umori del legume.
Nonostante la maniacale ricerca della perfezione, la cucina di Nerua non impegna psicologicamente e non affatica palatalmente. Il ritmo del servizio tiene alta la guardia dei commensali, sulla falsariga di quell’energia percepita passeggiando per la città. La proverbiale leggerezza delle preparazioni educa e prepara all’avvicendarsi delle portate, mentre le pareti del Guggenheim che si scorgono dalla sala accompagnano la nuance delicata e pura della cucina di Alija.
È una cucina sorridente quella di Nerua, che con la semplicità di un bimbo regala tocchi di finissima percezione che però emozionano proprio per la loro natura spontanea.
La mise en place.
Il pane. Ottimo.
Contemporaneamente all’inizio della degustazione comincia anche l’abbinamento dei vini correlato. Il pairing si rivela particolarmente interessante, anche grazie all’innesto di qualche bevanda analcolica. Davvero un bel lavoro.
Pomodorini, erbe aromatiche e fondo di capperi. Piatto profondissimo e delicato. Ogni pomodoro presenta un grado di acidità leggermente diverso. Il fondo di capperi è il preludio alla maestria dello chef alle prese con i liquidi.
Dal rosso al verde. Asparagi, avocado, rucola e clorofilla.
TartareLa bistecca alla tartara (conosciuta anche come carne alla tartara, steak tartare o più comunemente tartare) è un piatto a base di carne bovina o equina macinata o finemente tritata e consumata cruda. La ricetta prevede che dopo essere stata triturata la carne deve o marinare nel vino o in altri alcolici oppure viene aggiunto del succo di limone e... Leggi di branzino con caviale Asetra Imperial. Grande passaggio. La tartare leggermente tiepida lascia esprimere appieno il saké con cui è condita e i suoi aromi. La spinta iodata del caviale completa il tutto.
Arrivano due tipi di Jerez differenti da abbinare ad una sola preparazione. Gioco didattico per cogliere le differenze tra un abbinamento e l’altro.
Rapa bianca, Parmigiano e Jamon Iberico. Il ricordo di una carbonara. Il piatto meno riuscito del pranzo. L’essere italiani in questo caso forse non aiuta.
Ecco il primo abbinamento analcolico.
Supportato da uno alcolico.
Scampo, fiori di zucca, curryCon il termine curry in italiano si intende una varietà di miscele di spezie pestate nel mortaio, in uso principalmente nel sud-est asiatico. Le spezie utilizzate possono variare notevolmente e, a seconda di quelle dominanti, possono cambiare il colore e la piccantezza della miscela. In India l'equivalente italiano della parola curry è masala, del quale ne esistono decine di varietà,... Leggi e menta. Il mare e l’orto in un sol boccone. Materia prima eccellente.
Gamberetti, taccole e pesca. Primo omaggio all’Andalusia. I gamberetti cotti sulla brace di quercia si armonizzano con i sentori dolci della pesca. Piatto fresco e ben riuscito.
Gambero di fiume soffritto e pil-pil. Piatto da ko: goloso, speziato, profondo ed evocativo. Un racconto di un ricordo dell’infanzia dello chef che non ci appartiene, ma che arriva con straordinaria intensità.
Cuore di tonno con olive nere di Aragon. L’aperitivo andaluso riproposto in chiave gourmet.
Acciuga fritta, crema d’avena e salvia.
Astice con fondo di erbe aromatiche. Altro fondo e altra emozione.
Fagioli bianchi con brodo vegetale. Straordinario.
Scalogno in salsa nera. Molto divertente. La consistenza dello scalogno ricorda quella di un calamaro.
Calamaretto, cipolla rossa e fondo di piselli. Piatto che completa il precedente, con la presenza del calamaretto prima solo immaginato…
Kokotxa di merluzzo al pil-pil di peperone verde. La storia delle gastronomia basca sintetizzata in un piatto.
Ventresca di bonito, crema di cipolline e aglio. Piatto totale. Goloso e e finissimo allo stesso tempo.
Nasello fritto con fili di peperone “choricero”. Un altro classico della cucina basca. Molto bene.
Guancia d’agnello, cavolfiore e manzanilla.
Quaglia, purè di patate, mandorla ed estratto di grano.
Fragole, mela e gelato di fieno greco.
Fico, menta e latte dell’albero di fico gelato.
Bollo de Matequilla.
La piccola pasticceria.
La cucina a vista in entrata del ristorante.
Come non essere d'accordo con il recensore? Del trittico provato lo scorso giugno (Nerua, Barasategui e Arzak) il primo si è rivelato (a mio gusto) di gran lunga il migliore. Ergo 19/20 meritatissimi!!!
Alija al Nerua, vale a dire uno dei due migliori ristoranti di Spagna, l’altro è il Mugaritz di Aduriz. Sono stato due volte l’anno scorso a Bilbao, due pranzi superlativi, uno 21 productos, uno 26 productos, meglio il primo (non per il numero) ma entrambi di livello mondiale. A mio parere Alija può già al momento essere annoverato tra i venti cuochi contempoanei più significativi al mondo. Sono due i fattori che fanno un grande cuoco, una grande cucina: l’unicità dello stile e l’energia che sprigiona. L’energia è essenziale, la si vede, la si sente in azione già quando si entra in un ristorante, e poi ai primi assaggi, e fino al termine, nel considerare e ripensare il complesso di tutto un percorso. Ma nel volgere del tempo l’energia ha una curva, e come ogni cosa prima o poi s’esaurisce. Però resta pur sempre un dato essenziale, e ci sono ad esempio eccellenti ristoranti che si reggono molto più sull’energia che sullo stile. Perché lo stile è quello più difficile, il cuoco deve, senza farli rimpiangere, lasciare i maestri e la tradizione sia classica che contemporanea (c’è una faglia sempre in movimento, uno stacco, dopo il quale una contemporaneità diventa tradizione, o, parafrasando, dove quella che era musica d’avanguardia acquisisce un carattere melodico). Lo stile, la nuova luce nell’affrontare con carattere d’originalità un tema, è quello che attrae maggiormente chi non vive nel passato. E’ quello che ci spinge a cercarne la presenza, in sostanza a cercare la massima espressione di un’arte, in qualsiasi possibile luogo, da sotto casa agli antipodi. Ma lo stile quando si presenta con tutta la sua carica è anche quello che può sconcertare chi trova sicurezza principalmente nella reiterazione di modelli acquisiti, i quali nel giudizio pesano, eccome. Nella più o meno grande cucina, ad esempio, il giornalismo gastronomico e l’appassionato si sono formati avendo a riferimento, a pietra di paragone, l’alta cucina francese. In seconda istanza taluni hanno affiancato al primo (rimasto di base come timbro prevalente) il modello assai vivificante dell’ormai ex avanguardia spagnola (in ispecie Adrià, il cuoco più importante degli ultimi cent’anni). Chi esuli da entrambi può trovarsi in difficoltà di fronte a nuove modalità d’approccio per la cucina contemporanea. Ecco che, per parlare di un’efemeride d’oltralpe cara, anche in maniera subliminale, a molti degli astrofili dilettanti: per un Lopriore solo un fugace passaggio, da un Alija avvistatane una dopo lunghissimo tempo, un Redzepi e un Aduriz solo da deviazione, …casomai l’astronave passi di lì. Sia la prima (Franza) che la seconda (Ispagna) sono tuttora, consci o inconsci, gli schemi mentali predeterminati, di conseguenza anche gustativi, di riferimento a partire dai quali viene giudicato il valore di una cucina. E’ auspicabile che almeno la nuova generazione si accorga del fatto che una grande cucina, per es. guarda caso, italiana, non abbia più necessità alcuna di aderire in maggiore o minor misura ai modelli di cui sopra. Ma lo stesso vale per la Spagna. Perché molti si trovano in difficoltà con lo stile di Alija? E’ per via del fatto che è l’unico grande cuoco spagnolo che (senza aver mai avuto niente di francese, il contrario, semmai) si è allo stesso tempo veramente liberato del modello bulliano. Essenza, eleganza, precisione, poesia, serenità, intelligenza, amore per il prodotto (tutto il lavoro da natura a cultura): non fatti cozzare l’un l’altro, bensì sublimati. Mai ho trovato un cuoco del genere.
Mi avete fatto venir voglia di tornare nei paesi baschi. Apprezzo ( anche se non sempre concordo) gli interventi del sig.Revello peccato non abbia il dono della sintesi e, leggendo PG sullo smartphone, divento matto. :P Non potete convincerlo a collaborare attivamente?
E’ una fortuna che il signor Revello non abbia, come dice lei, il dono della sintesi. La sua prosa non ha equivalenti in Internet e leggerla è un privilegio raro (non esistono cuochi o ristoranti in grado di stimolare la mente anche solo la decima parte di quanto riesca, aprendogli continuamente nuovi orizzonti, una sua semplice pagina).
Non vorrei essere stato frainteso, non era una critica, anzi. Il suo essere prolisso e alto ci ha regalato 4 articoli (non uno ma 4, vado a memoria) su Adrià. Tra i commenti è sprecato (ed egoisticamente, scomodo).
Appena assaggiato i menù invernale. Totale delusione. Come è possibile dargli 19\20 come Bottura o Romito o il Noma (alcuni esempio da me provati). Questo ristorante ha una cucina vecchia, manca completamente l'acidità, i fondi coprono tutto, i piatti sono noiosi e spesso classici della cucina francese, le verdure cotte al limite dello spappolamento. Mi è sembrato di entrare in un posto di 6 anni fa. Nel menù c'era il foie gras, ma era lì come 50 anni fà, senza nessu abbinamento e pure la lingua di agnello non aveva nulla che creasse contrasto o acidità. Nerua, la pìù grande delusione del 2016, un moderno ristorante di altri tempi?