Valutazione
Pregi
- Una cucina essenziale, virtuosa e centrata.
- Probabilmente il miglior rapporto qualità/prezzo di Parigi.
Difetti
- Il locale davvero spoglio, per quanto non disturbante, potrebbe non far percepire a dovere il reale valore della cucina.
- Trovare un tavolo libero potrebbe non essere così semplice.
No, non è una mera questione di campanilismo. Per quanto ci riguarda, di Simone Tondo ne avremmo scritto con gli stessi toni fosse stato anche francese, spagnolo, cinese o proveniente da qualsiasi altro angolo del mondo. E’ semplicemente bravissimo, a prescindere da quanto riportato sulla Carta d’Identità.
Che poi sia italiano, e che sia riuscito ad emergere su una piazza di altissimo livello come quella parigina, non può che farci piacere ed inorgoglirci, ma il suo valore resta il medesimo anche posto in scala assoluta.
Solamente ad un paio d’anni dalla creazione di Roseval, in società con l’inglese Michael Greenwold, è riuscito a riscuotere enorme successo, un massivo riscontro positivo da parte di critica e clientela, lodi praticamente all’unisono e tavoli costantemente pieni.
Poi il colpo di scena: dalla riapertura a settembre di quest’anno, Michael ha scelto di intraprendere altre strade, e Simone è rimasto da solo al comando del ristorante.
Delicati equilibri quindi, che rischiano di diventare instabili, a causa della rimozione di una delle due colonne portanti?
Assolutamente no, anzi. Con piacere abbiamo scoperto che in rue d’Eupatoria, attualmente, si sta ancora meglio che in passato. Si respira un’aria serena e si percepisce distintamente un sacco di voglia di fare bene, probabilmente anche grazie all’individualità di tutte le scelte e le idee.
Nonostante gli stravolgimenti ai vertici, quella che è sempre stata la caratteristica primaria, l’essenzialità, resta la chiave di Roseval. Tutto è ridotto all’indispensabile: godimento al netto degli orpelli.
L’ambiente è ristretto, spartano e con spazi ridotti all’osso. Tavoli e sedie sono piccoli, decisamente ravvicinati e apparecchiati in maniera spoglia ed essenziale. Il menù è uno solo ed uguale non per tutto il tavolo, bensì per tutto il ristorante: 50€ 6 portate, 75€ abbinandovi i vini.
Menù nuovo ogni settimana, nuovi dessert ogni quindici giorni.
Se il dizionario definisce un contrario di “grandeur” ecco, quello è il termine che meglio riesce a raccontare Roseval.
Lo stesso aspetto spartano è riportato sui piatti, apparentemente semplici, che in realtà si rivelano dei veri e propri piccoli capolavori. Essenziali nell’idea, ma complessi nell’esecuzione; spogli nella forma ma assolutamente completi, centrati ed intelligibili; scarni nella descrizione in carta, ma articolati e sfaccettati da richiedere un’attenzione oltre la media. Dalla costante e ricorrente nota vegetale, ma mai troppo in mostra, mai ridondante.
Totalmente mediterranei nel cuore, ma valorizzati da ingredienti, idee e tecniche “worldwide”, grazie all’influenza e le esperienze dell’eterogenea brigata, composta da tre persone in cucina e tre in sala, di sei nazionalità differenti, che lavorano in piena armonia.
Globalizzazione nell’aspetto più positivo del termine ed il tutto, coerentemente, nel cuore del Menilmontant, il quartiere più meticcio della città.
Funzionerebbe ugualmente Roseval, in qualsiasi altro angolo di mondo? Chi può dirlo, commistioni forti come questa sono rare e delicate. Di certo riuscire a distinguersi per essenzialità e per un inarrivabile rapporto qualità/prezzo qui, a Parigi, non è propriamente cosa da tutti i giorni, e sicuramente ha maggior valore che altrove.
Lo scotto da pagare però, sempre dovuto alla Ville Lumière, è il rischio di fare il vaso di coccio tra vasi di ferro, che il vero valore di Simone e di Roseval passi in secondo piano senza che ne venga colta l’essenza, principalmente a causa della concentrazione e del livello dei grandissimi che li circondano.
Una sorta di contemporanea trasposizione del brutto anatroccolo dove, al pari della fiaba, se riuscirete a guardare oltre le apparenze ed andare dritti alla sostanza, ecco che potrete scorgere uno splendido cigno che no, nulla ha da invidiare al resto dello stagno…
L’ingresso del locale.
L’essenziale mise en place.
Il pane.
“Saint Jacques”: capasanta, lamponi, burro nocciola, aceto. Eccellente partenza, con un piatto che lavora molto bene sui contrasti, tra le morbidezze dell’eccellente capasanta e del burro, contrapposte alle acidità del lampone e dell’aceto, che spicca sul resto.
“Langoustine”: zuppa di patate, scampi, polvere di scampi, combava. Al contrario del piatto precedente, dove prevalgono le acidità, qui si viaggia sul velluto con la zuppa di patate molto lenta, la decisa impronta degli scampi, e la nota citrica della combava che vivacizza il tutto.
“Maquereau”: sgombro tatakiCon tataky si intende una tecnica di preparazione del pesce o della carne tipica della cucina giapponese, in cui la carne o il pesce vengono scottati rapidamente su una padella rovente, marinati in aceto, affettati e ricoperti spesso di gomasio o sesamo.... Leggi, ricotta di pecora affumicata al fieno, moromi. Terzo gran piatto, un gemellaggio tra la Sardegna ed il Giappone: protagonista del piatto la ricotta, dal carattere deciso anche grazie alle note legnose dell’affumicatura, con lo sgombro lavorato tataki, ridotto a texture e a lieve apporto acido, così come il moromi, la soia fermentata, che grazie alla sua profondità fa da trait d’union tra i due ingredienti principali.
Il primo vino in accompagnamento. Sia in carta che per quanto riguarda gli abbinamenti al calice, si percorre la via del naturale e del bio, rivolgendosi comunque sempre al piccolo vigneron.
“Cabillaud”: baccalà, midollo, purée di ortica, dashiIl dashi è un leggero e limpido brodo di pesce, caratteristico della cucina giapponese, usato come base di minestre e come ingrediente liquido di molte preparazioni. Il dashi forma la base per la zuppa di miso, il brodo chiaro e i noodles in brodo.... Leggi. Perfetta la cottura del baccalà, anch’esso reso poco più che texture, in favore della sapida concentrazione del dashi e della profonda nota vegetale del purée di ortica.
Secondo vino abbinato.
“Rouget”: triglia, fiori di carote viola, cavolfiore, kaleIl kale, conosciuto in Italia come cavolo riccio, è un cultivar della specie Brassica Oleracea. Le sue foglie allungate e crespate, che possono variare dal verde chiaro al verde scuro fino al rosso violaceo, presentano una specifica conformazione ruvida. Diffuso in Italia e tipico del mediterraneo orientale, trova impiego in cucina, sia a crudo sia cotto, grazie al suo tipico... Leggi, colatura di aliciÈ una salsa di alici fermentate prodotta a Cetara, sulla Costa Amalfitana. Si pensa che la ricetta derivi dal Garum, condimento con intestini di pesce usato dagli antichi Romani. La preparazione: le alici pescate in primavera e in estate sono disposte a strati all'interno in botti di castagno o rovere alternate a strati di sale marino. La botti vengono quindi... Leggi. Piatto che percorre le medesime note del precedente, marcandole ulteriormente. Un uno-due marino/vegetale.
Terzo vino abbinato.
“Agneau”: sella d’agnello, sedano rapa, mela, bietole bianche. Si vira verso il dolce nel piatto di carne: spiccano la cottura esemplare e l’intelligente utilizzo di una parte vegetale più “bianca” e terrosa, che a meraviglia si accorda all’agnello.
Il quarto vino in accompagnamento.
“Chaource”: formaggio Chaource, mostarda, acetosellaOxalis acetosella (nome comune Acetosella dei boschi) è una piccola pianta alta fino a 12 cm, appartenente alla famiglia delle Oxalidaceae. Il nome comune della pianta deriva dal sapore acidulo (ma anche aspro) delle foglie usate anticamente come condimento per le insalate e che ricorda appunto l'aceto. Anticamente (nel Medioevo) si usava come condimento. Al pari dell'acetosa arricchisce di sapore... Leggi.
…con il quinto vino abbinato.
Predessert: Crema di latte e arancio.
“Poire”: cioccolato, pera confit al pepe, olio, crumble. Eccellente dessert, goloso sebbene non eccessivamente dolce, con la pera resa croccante e masticabile, ed il pepe a donare una bella aromaticità. Degna chiusura di una cena sorprendente.
Con il sesto ed ultimo vino abbinato.
Mascarpone, pompelmo e vaniglia.
Se serve un riferimento, proprio di fronte a Roseval…