Valutazione
Pregi
- Un cuoco italiano che ha qualche idea a NY
Difetti
- Qualche preparazione ancora da mettere a punto
Il nome di questo accogliente ristorante al centro della Grande Mela ci suggerisce di fare il “punto” sulla nostra cucina a New York. La capitale del mondo è piena di ristoranti italiani, e le ragioni sono evidenti a chiunque. Dopo qualche visita a molti locali tricolore (più o meno noti) l’equazione “cucina italiana=qualità” non ci è sembrata affatto scontata. Perché mai? Prescindendo dal fatto che il nostro gusto è parametrato su esperienze imparagonabili fatte su e giù per lo Stivale, a New York abbiamo incontrato lussuosi e costosissimi indirizzi dove l’anima più vera e vincente della nostra cucina è stata storpiata attraverso una serie di banalità sconcertanti. Ricette diverse fuse in un’unica preparazione, attenzione più ai nomi dei piatti che alla sostanza degli stessi, la sensazione che aprire un ristorante italiano a New York sia dettata più da lucrosi ragionamenti economici che da vere passioni o progetti di qualità.
Per carità, anche in Italia (e in particolare nelle grandi città turistiche), il tessuto della nostra ristorazione è infarcito d’improbabili “trappole per turisti”, una sgradevole e atavica costante, quasi fisiologica.
All’estero, però, questa spiacevole sensazione sembra acuirsi, dilatata forse da quella sorta di amor patrio che fa capolino esclusivamente quando si varca la frontiera, quando intorno a noi non si parla più l’italiano, quando (e soprattutto) qualcuno incomincia a parlarti di calcio o bucatini alla amatriciana.
Allora lì scatta il fervore patriottico, un ardore paternalistico in difesa delle nostre certezze insindacabili.
Vedere martoriati i capisaldi della nostra cultura gastronomica è motivo di profonda prostrazione, ma quello che rende più tristi è la mancanza di idee.
Tra menù fotocopia che recitano un copione già scritto e mestieranti che s’inventano imprenditori abbiamo avuto la fortuna di incontrare qualcuno che qualche idea ce l’ha veramente.
Antonio Mermolia è uno chef calabrese che, dopo la formazione in madrepatria, ha scelto di mettersi in gioco oltreoceano, nel ristorante Il Punto, a due passi da Times Square. Il proprietario Antonio Pecora ha chiamato il cuoco di Gioia Tauro per fare qualcosa di diverso dal solito. E ci sta riuscendo.
La cucina del Punto non è banale e anche se non perfetta migliorerà sicuramente in futuro grazie all’umiltà e alla buona volontà di Antonio. Due caratteristiche fondamentali.
Al Punto i temi cari alla nostra tradizione non sono semplicemente dati in pasto a una clientela acefala, ma vengono interpretati e comunicati con il cuore, in alcuni casi con risultati interessanti, in altri meno, ma sempre con profonda onestà.
In un ambiente bello e accogliente, che sembra trasportarti in pochi istanti vicino casa, la sincerità e la lealtà ai valori della nostra cucina ci sembrano i principi fondanti di un percorso lodevole.
E da italiani, sinceramente, una rara occasione di cui sentirsi fieri.
Sala principale.
Primo assaggio, Zuppetta di pomodoro fresco. Corretto.
Pane, ottimo.
Involtino crudo di gambero, salsa al pistacchio. La salsa, intensa, non rende giustizia alla qualità del crostaceo.
Il Branzino. Piatto interessante, il pesce, marinato, è sodo e fragrante. Buone le salse di accompagnamento (prezzemolo e limone verde), acide e aromatiche.
Il Salmone. Piatto goloso con un buon equilibrio tra sentori grassi, affumicati e amari.
Uno dei nostri friulani preferiti.
Sigaro verde. Un gioco su un classico come il cannellone, tendente troppo al dolce (in particolare la salsa di carote che lo chef ama tanto …).
Vitello al Marsala. Probabilmente il piatto migliore della serata: carne cotta alla perfezione, interessante panatura di funghi disidratati, salse indovinate in acidità.
Un classico semifreddo, molto goloso, per chiudere.
E via… New York non dorme mai!