Miramonti l’altro

VALUTAZIONE

Cucina Classica

16/20

PREGI
Sostanza ed eleganza nel piatto.
L’impressione, fin dalla prima visita, di essere a casa.
DIFETTI
I ricarichi sui vini.

Ogni volta che percorro i circa cento chilometri che separano Costoro di Concesio da casa mia inizio il viaggio con lo stesso pensiero: ed ora quanto ci metterò a digerire tutta questa roba?
La riflessione è d’obbligo, perché studi recenti hanno scientificamente dimostrato che sia impossibile uscire dal Miramonti senza sentire le pareti dello stomaco implorare spazio a tutti gli altri inquilini della cassa toracica.
Ciò che mi sorprende invece è che, una volta giunto a casa, tutte le sofferenze notturne preannunciate dall’abnorme quantità di cibo ingerita si sciolgono regolarmente in un sonno dolcissimo. Philippe Lèveillè, tra l’altro fresco di sbarco ad Hong Kong con suo nuovo locale L’Altro, non è certo avaro di burro e di aglio nei proprio piatti. L’intelligenza e la tecnica di cui dispone però, gli consentono di fare una cucina di matrice sfacciatamente gourmande e renderla al massimo grado possibile di raffinatezza.
Il Miramonti è un luogo magico in cui ogni componente sembra incastrarsi miracolosamente nell’altra: la cucina, l’ambiente accogliente in cui è praticamente impossibile non sentirsi a casa propria ed infine il servizio, gestito con mirabile cortesia e buonumore da Daniela Piscini che vi porterà, con un sorriso che non ammette un no come risposta ed in realtà nasconde una vena sadica, ai limiti della vostra cilindrata gastrica (Sararlo, torna! Questa casa aspetta attè).

Come in tante maison d’Oltralpe il menù ruota intorno ad un nucleo di piatti che rimangono pressoché immutati negli anni e diventano punti fermi per gli appassionati, must che non possono non far parte del bagaglio di esperienze di ogni gourmet che si rispetti. Se già nelle precedenti schede dedicate a questo locale abbiamo parlato del celebre risotto ai funghi e formaggi dolci di montagna e del fantastico gelato alla crema, è tempo di trattare del piatto più hard core fra quelli presenti in carta: il crescendo d’agnello con finale del suo carré.

Diversamente dagli altri classici del locale, questo piatto non è incluso nei vari menù degustazione, probabilmente perché ne costituisce uno da sé. Il carré, cotto perfettamente ed uniformemente rosa, è preceduto da una collezione di frattaglie, che dapprima sfilano per la sala ciascuna nel proprio pentolino, il cui solo pensiero è in grado di far rabbrividire qualsiasi angiologo e di mandare in deliquio il gourmet rotto ad ogni esperienza. Le cervella fritte, le animelle con i funghi, il groppetto (ossia la saporita carne fra le costole), il ragù, il fegato con le cipolle, il rognone, la trippa piccante, il filetto con il suo jus da bere senza ritegno ed il crostino con una mousse di piedino vengono accomodati nel piatto intorno al protagonista e ad un crostino di polenta. Tante cotture diverse, tanti bocconi straordinari che trascinano le papille su un ottovolante di sapori estremi ma sempre domati con la frusta del cuoco di classe. Il finale, un pezzo di carne che già di per sé rappresenterebbe per molti una sfida dall’esito non scontato, diventa con la sua facile succulenza praticamente un dessert.

A proposito di dolci: alla settima visita a questo locale ho finalmente trovato il coraggio di non cedere alle sirene del gelato (al cui assaggio sarò comunque piacevolmente “costretto” da Daniela) per testare un dessert al piatto, trovando piena soddisfazione nella vigorosa millefoglie croccante al pistacchio con latte di mandorla e gelato alla fava tonka.

Una nota di merito ed una dolente, per concludere. Ho sentito talvolta dire che il difetto del Miramonti sia l’eccessivo gap qualitativo fra i classici ed i piatti di più recente concezione. Le ultime due visite mi hanno convinto che questa differenza si sia nel tempo notevolmente ridotta, tanto che il piatto più banale come il galletto alla griglia con agretto di aglio e prezzemolo con rosti di patate si colloca comunque su un ottimo livello. Non inganni la presentazione: la carne è cotta ed insaporita al meglio salvo che per un certo eccesso, qui sì, d’aglio. Le lumache all’acetosella con baguette di lumache ai sapori mediterranei e mozzarella di bufala sono anzi un piatto che tiene l’asticella sullo stesso altissimo livello delle preparazioni più note.
Una piccola tirata d’orecchie bisogna farla per una carta dei vini di eccessiva pesantezza, con ricarichi che fanno passare all’appassionato la voglia di pescare pesci grossi. Bastino i 30 euro (regolarmente indicati in carta) richiesti per un calice di Terre di Lavoro 2003 a dare il termometro della situazione. Vista la simpatia di Taeko Nishikawa, spiace non darle maggiore soddisfazione.

Entrata: coniglio in porchetta e cannoncino di coscia confit su purea di cannellini e aria al rosmarino.

Lumache all’acetosella e “Baguette” di lumache ai sapori mediterranei e mozzarella di bufala con gazpacho e gelato alla senape.

Terrina di anatra selvatica, fegato grasso d’anatra, cipolle caramellate….

… e variazioni di fegato grasso.

Galletto nostrano alla griglia con agretto all’aglio e prezzemolo.

Arrivano i pentolini…

…ed il carrè pronto nel piatto in attesa di compagnia.

Groppetto.

Ragù.

Trippa.

Cervella.

L’interno del carré, dilaniato dalla mia foga golosa.

Polenta tiragna e rane alle verdure (omaggio della cucina prima dei formaggi…)

Panorama caseario.

Millefoglie croccante al pistacchio, latte di mandorla e gelato alla fava tonka.

Piccola pasticceria.





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Carlo Cappelletti

Di professione musicista, le ascendenze marchigiane e la passione bruciante per la buona tavola lo collocano idealmente nel solco tracciato dal padre di tutti i musicisti gourmet, Gioacchino Rossini. Amante del Friuli e delle cucine con un'identità territoriale molto forte, l'unico ingrediente che teme, sedendosi al tavolo di un ristorante, è Giovanni Allevi come sottofondo.

7 Comments

  1. Tito ha detto:

    La tua descrizione del crescendo di agnello, oltre a farmi venire una fame incontrollabile, mi convince che devo mangiare questo piatto al più presto. Sembra eccellente.

  2. Marco ha detto:

    Carlo! La foto del gelato… Per Dio!

  3. Emanuele Barbaresi ha detto:

    Ma hai mangiato tutto? Complimenti…
    In effetti è proprio il crescendo di agnello, e non il più gettonato (e ruffiano il giusto) risotto ai funghi e formaggi dolci di montagna, il vero piatto-simbolo del Miramonti l’Altro, quello che meglio caratterizza il valore della sua cucina. Quello più compiuto e complesso.
    Concordo pure sul fatto che nel corso degli anni si sia ridotto il divario fra i piatti storici e gli altri, anche se quelli di carne restano in genere di gran lunga superiori a quelli di pesce.
    Proprio un bel 16, goloso e godurioso, che non tradisce mai.

  4. Puccio ha detto:

    Una parola per il crescendo: TOP!

  5. Raffo ha detto:

    oddio credo di venir meno…VIVE LA FRANCE!!!!!

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Cucina Classica

16/20

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Sostanza ed eleganza nel piatto.
L’impressione, fin dalla prima visita, di essere a casa.
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I ricarichi sui vini.

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