Passione Gourmet Uliassi, chef Mauro Uliassi, di Leonardo Casaleno

Uliassi

Ristorante
Senigallia, Via Banchina del levante, 6
Chef Mauro Uliassi
Recensito da Leonardo Casaleno

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Tra le massime espressioni della cucina di pesce italiana

Difetti

  • il coperto a 5 euro resta l’unico difetto
Visitato il 11-2011

Allora. Organizzatevi. Vi consigliamo la bassa stagione, isolata dal frastuono dei motori e dagli schiamazzi dei bagnanti. Una suggestiva tranquillità ed il muto rumore delle onde vi avvolgeranno non appena entrerete. Da un lato il porto, dall’altro il mare. Già il mare. A separarvi dal mare ci sarà soltanto una vetrata: la profondità della spiaggia sembra accorciarsi. Arriva il piatto: la prospettiva cambia. Il mare è lì ma voi non lo sapete. Pensate sia solo un piatto di alta cucina, ma la vera percezione la scoprirete solo al primo assaggio. C’è il mare! Con tutti i sentori e i profumi minerali e inebrianti. L’insegna recita “Uliassi – Cucina di mare”. Ma forse sarebbe più corretto scrivere “Cucina di mare.. e non solo”, e nelle prossime righe capirete il perché.

Intanto diciamo che già da qualche tempo questa tavola è una delle mete più apprezzate da poliedrici palati, esigenti o meno. Per alcuni è il ristorante del cuore, per altri è un ottimo punto di riferimento per una grande cucina di matrice ittica (ma con un occhio attento e curioso alla caccia), per altri ancora è un locale semplicemente sopravvalutato. A scanso di equivoci incominciamo con il dire che per il gruppo di PG questo ristorante è situato nella prima o seconda categoria, non certamente nella terza. E’ un grande ristorante di un grande cuoco, capace ti trafiggere il cuore ad appassionati gourmet e a semplici avventori, e comunque di comporre una profonda ed intensa centralità gustativa sui prodotti del mare, ma non solo. E’ una cucina questa con un ampio spettro di decifrabilità, anche grazie ad alcuni abbinamenti davvero intriganti e piacevolmente solleticanti, ma che riesce ad interessare anche il palato dei più scafati gourmet. E tutti escono contenti e soddisfatti, per aver gustato una delle cucine più interessanti e goduriose di tutto lo stivale. Ma la nostra, intendo quella di PG, idea di eccellenza dell’alta cucina significa anche ricerca di raffinatezze di abbinamenti, di ingredienti, di lavorazioni che devono necessariamente alzare l’asticella del livello. Come? Pensate ad un risotto sfumato al vino bianco. L’effetto è un lieve sentore acidulo nella preparazione. Pensate quindi di ottenere lo stesso risultato attraverso  l’aggiunta di una infusione di cardamomo che sapientemente estrae, per tempi e temperature, un sentore speziato e una nota lievemente acidula. Ecco, per noi questo è un esempio di apporto evoluto al piatto, frutto di un pensiero ed una ricerca profonda nella direzione del miglioramento raffinato, elegante e nuovo di una preparazione. Certo, questa tipologia di preparazione espone a seri rischi il piatto: può non essere capito ed apprezzato da tutti, può anche risultare errato perché non ben bilanciato nella ricerca dell’equilibrio gustativo. Questo aspetto in particolare è ciò che a nostro avviso manca ancora a questa cucina per raggiungere le somme vette dell’eccellenza. Davvero poco, perché qui già oggi si sfiora delicatamente il cielo. Tant’è che a tratti si intravede una notevole complessità di sapori che richiedono un’interazione maggiore prima di comprenderne a pieno l’armonia che, ovviamente, non manca. Quasi tutte le preparazioni presentano una chiave di lettura anche più pensata ed articolata di un tempo, che però non trascurano mai il legame filologico con la tradizione, un vero plus di questa tavola. Anche dal punto di vista gustativo ci sono più temperature, più equilibrio, meno sapidità. E’ forse questo il segno del raggiungimento di una maturità che va al di là dal raccogliere consensi da tutti, una cucina che sembra aver acquistato una maggiore personalità. E allora vediamo che il Loacker di fegato grasso e nocciola che non ha bisogno di presentazioni (accompagnato dall’immancabile Kir Royal) è solo uno dei pochissimi déjà-vu del repertorio di questo grande cuoco che ci presenta tante novità, a partire dalle Canocchie, di materica bontà, con il crostaceo servito ad una temperatura ottimale, tiepido quel tanto da far percepire al meglio il sentore iodato, con il limone che conferisce una tonalità “familiare” che rimanda alla classica insalata di mare, e l’aglio servito in versione ingentilita a conferire l’aromaticità finale; nuova anche l’avanguardista Zuppa di vongole: il piatto più complesso di una straordinaria sequenza (le vongole sono crude, mentre l’acqua delle vongole che viene servita calda è estratta dalle vongole stesse tuffate per pochi secondi in acqua bollente; il coriandolo fresco, che conferisce complessità all’insieme, è una nota pseudo piccante che allunga la percezione del gusto marino del piatto. Una zuppa di vongole thai). Ma siamo solo all’inizio, e quindi arrivano le Seppie giovani arrostite “sporche”, granita di ricci di mare e erbe selvatiche: Materia! Materia! Materia! Qui è solo materia prima… e idea. La tecnica per pochi frangenti viene messa da parte. Certo, c’è sempre qualche evergreen irrinunciabile come il Sandwich di triglia croccante con zuppa di prezzemolo alla colatura di alici, rabarbaro candito e acetosella e cannolo con misticanza di campo: mix di finezza e golosità. Da mangiare con le mani. No, non è fritto. E vale il viaggio. Poi si va incontro ad uno shock palatale causato da due poli antipodali: Cannolicchi e granita di litchi, un sorbetto di transizione che posiziona il palato al gusto ruvido delle Trippe di baccalà arrosto, sugo di baccalà e cacio di fossa. Un piatto per intenditori delle interiora. Un terra-mare di viscerale ruvidità. Non un piatto per tutti che comunque ci colpisce per il coraggio e per l’interessante ed originale rilettura delle trippette di baccalà, volutamente rese croccanti da una brunitura alla plancia. Dunque a seguire si apre il capitolo viaggi. Si quelli che ti fanno intraprendere le Linguine Antonio Mattei con granceola, lime, menta e cocco che, oltre ad essere di grande equilibrio, tutt’altro che precario, ti porta con la mente lontano grazie ai suoi connotati polinesiani. O il Risotto tartufo, nocciola e bagna cauda che ti riporta in Italia. Piatto che stimola prima l’olfatto e poi il gusto. Un concentrato di territorio.. quello delle Langhe però.. probabilmente un sentito omaggio a quella grande terra.
Ma Uliassi, come dicevamo, non è solo un grande ristorante di pesce. Lo dimostrano i magistrali Tordi con raguse e cipollotti. Un piatto gourmand più che gourmet. Il tutto servito con tanto di teste e una nappatura, con un fondo bruno di cacciagione, da manuale. Prima del dessert ti servono il Mojto. Rivisitato e poco alcolico. E’ un frozen e fa tabula rasa al palato in vista del brillante Biscotto all’olio, cremoso al mascarpone e gelato di barbabietola. Provatene più di uno di dolci. Meritano quasi tutti.

Un’esperienza importante, possibile grazie ad un “collettivo” Uliassi, formato da amici e colleghi di lunga data che inseguono sempre nuovi traguardi senza mai deludere. Ma oltre alla cucina c’è di più. Uliassi è anche sinonimo di accoglienza a tutto tondo, forse una delle migliori della Penisola, un esempio di grande ospitalità, un lavoro svolto in punta di piedi ma che non passa in osservato. Ed anche su questo fronte, dietro il garbo e l’eleganza di Catia, c’è un’altra squadra di collaudati e levigati professionisti. Quante volte capita di vedere grandi ristoranti che abbassano la guardia al minimo successo. No, una tale tentazione non rientra nel DNA di questo posto.

Cos’altro aggiungere? Nulla, se non il fatto che le nostre aspettative per questa tavola d’ora in poi saranno sempre più elevate, consapevoli delle potenzialità e dell’estro che può uscire da questi fornelli, nella speranza che questa squadra si ritrovi sempre a rincorrere nuovi stimoli.

Loacker di fegato grasso e nocciole

Kir Royale

Il pane

Canocchie, succo di canocchie, limone e aglio da taglio

Zuppa di vongole

Seppie giovani arrostite “sporche”, granita di ricci di mare e erbe selvatiche

Sandwich di triglia croccante con zuppa di prezzemolo alla colatura di alici, rabarbaro candito e acetosella e cannolo con misticanza di campo

Cannolicchi e granita di litchi

Trippe di baccalà arrosto, sugo di baccalà e cacio di fossa

Linguine Antonio Mattei, granceola, lime, menta e cocco

Risotto, tartufo, nocciola e bagna cauda

Tordi con raguse e cipollotti

Mojto

Biscotto all’olio, cremoso di mascarpone, gelato di barbabietola

Mini krapfen alla crema, crema catalana al caffè, biscotto al cioccolato frizzante

Conero Riserva 2006, Nerone

La sala

 

 

 

 

9 Commenti.

  • CiccioFormaggio19 Dicembre 2011

    Un a capo! Vi prego, un a capo! Almeno uno. Questo "wall of text" fa passare la voglia di leggere la recensione.

  • Lorena19 Dicembre 2011

    Come già detto in un'altro post: ULIASSI e CRIPPA a 4 mani, CENA DELL'ANNO 2011!!!

  • frankie20 Dicembre 2011

    quoto

  • andrea20 Dicembre 2011

    concordo in pieno! :-)

  • Pierpaolo20 Dicembre 2011

    Una curiosità: si è fatto tutto il pasto con il Nerone di Moncaro oppure solo un bicchiere per accompagnare i tordi?

  • The Dark Knife21 Dicembre 2011

    E' stata il'unica bottiglia stappata per tutto il pasto. Io personalmente l'ho bevuta con le trppette, il risotto e i tordi.

  • Pierpaolo21 Dicembre 2011

    E com'era l'abbinamento tra un Montepulciano da uve quasi appassite, affinato a lungo in barrique, con le trippette di baccalà arrosto? Le è piaciuto?

  • rinod22 Dicembre 2011

    personalmente concordo con la bella recensione. Sono stato questo luglio a provare questo menù (con qualche variazione) e ne sono rimasto entusiasta e appagato sensorialmente. Diciamo che tutto il pasto è stato di livello eccellente, ma su tutti 2 -3 piatti li porterò nella mia memoria celebrale gustativa e olfattiva. Posso anche affermare che, successivamente, ho avuto il privilegio di potere conoscere dal di dentro e per qualche giorno la cucina dello chef e dico che ho visto una grande professionalità, una grande squadra, una grande capacità di usare grandi materie prime. Chapeau anche per le qualità umane.

  • The Dark Knife22 Dicembre 2011

    Si, tanto. Sorprendentemente azzeccato. Sia per il sapore del cacio di fossa che andava a sposare la forte tannicità del vino, ma soprattutto per il connubio creatosi tra lo stesso e il rimando al "grill" delle trippette arrostite.

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