Passione Gourmet Bologna Archivi - Pagina 7 di 8 - Passione Gourmet

Marconi

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L’universo della cucina, ad una prima occhiata superficiale, può sembrare un territorio quasi esclusivamente maschile: gli chef più acclamati sono quasi tutti esponenti del cosiddetto sesso forte. Ma le eccezioni ci sono, eccome: donne toste, determinate, che hanno portato i loro ristoranti nell’Olimpo della gastronomia e hanno scritto pagine importanti della storia di questo fantastico mondo.
Una di esse è senza ombra di dubbio Aurora Mazzuchelli: figlia di un cuoco e di una sfoglina, nel 2000, insieme al fratello Massimo, ha rilevato il ristorante di famiglia specializzato in pesce, trasformandolo in uno dei più apprezzati del panorama regionale e non solo.
Aurora è una donna forte e determinata nel carattere.
La spiccata personalità è uno dei tratti distintivi della sua cucina, fatta di padronanza tecnica, di ottima materia prima, ma soprattutto di piatti in cui la sua mano si potrebbe riconoscere ad occhi chiusi.
Una cuoca capace di esprimersi in maniera elegante, eterea, ma anche di realizzare piatti estremamente gourmand, una professionista in possesso di un mix di padronanza tecnica e stilistica propria soltanto di chi ha le idee chiare e tante cose da raccontare.
I piatti sono, a volte, quasi francescani per linearità e rispetto per il prodotto, con cotture minimali e non invasive, uso calibratissimo e quasi impercettibile del sale e delle spezie. Un esempio lampante: il capriolo cotto nel fieno con salsa alla camomilla, in cui è pochissimo il sale utilizzato, per preservare i delicati profumi erbacei e non compromettere il difficile equilibrio con l’eterea salsa alla camomilla.
In altri casi, dove il gioco si fa più duro, Aurora si prende dei rischi proponendo piatti con ingredienti di difficile convivenza, come i delicatissimi scampi crudi accostati ad un poco stagionale ed intenso brodo di porcini e ad una ricotta stagionata dal carattere esuberante, piatto dall’equilibrio precario con il formaggio molto protagonista, ma affascinante proprio perché borderline e di difficile lettura.
Di grande impatto cromatico è il piatto dedicato alle rape, ricordo di un viaggio in Perù, dove l’ortaggio fa da contenitore per un prorompente ripieno di Seirass.
Un classico della casa sono i maccheroni ripieni d’anguilla affumicata, ostrica e spinaci; pasta soda al punto giusto, perfetti nei loro sentori di affumicato, terroso, iodato che si rincorrono abbracciandosi in un finale lungo e persistente.
Ottima mano anche nei dessert, finalmente non relegati al ruolo di comprimari della parte salata, ma degnissima prosecuzione di un pasto di assoluto livello.
Unico appunto per il pane, in occasione della nostra visita assolutamente non all’altezza della situazione.
Servizio professionale, coordinato ottimamente da Massimo, senza sbavature anche in una serata di tutto esaurito e in grado di reggere senza, almeno all’apparenza, nessuno sforzo la nostra richiesta di provare sia il menù degustazione più complesso che una comanda alla carta.
Carta dei vini completa e complessa con un occhio di riguardo ai vini naturali.
Un indirizzo da segnare e provare, anche perché , a nostro avviso, la cucina di Aurora ha ormai raggiunto equilibrio, maturità e personalità tale da renderla una tappa imprescindibile del percorso goloso di ogni appassionato.

Pane e grissini.
pane e grissini, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Aperitivo.
aperitivo, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Benvenuto della cucina: Baccalà mantecato e cialda di polenta croccante.
baccalà mantecato, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Mare d’inverno: alghe, fasolari, aringa, granita di canocchia. Un rincorrersi di sapori, temperature, consistenze, un tuffo in mare da uno scoglio.
alghe, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Scampo: scampo crudo, brodo di funghi, ricotta al ginepro.
scampo crudo, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Capasanta, cavolo, carciofo, arancio e caco: piatto alla carta dal bellissimo impiattamento. Le verdure vengono disidratate e polverizzate, la capasanta è dolce, ben cotta e viene accompagnata dalla salsa di arancio e caco.
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Rape: rapa, seirass e aceto balsamico.
Rape, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Raviolo, ripieno di Parmigiano Reggiano, lavanda, noce moscata e mandorle: piatto alla carta. Un classico della casa, golosità all’ennesima potenza e persistenza infinita.
raviolo ripieno, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Maccherone ripieno d’anguilla affumicata, ostrica cruda e spinaci.
maccherone ripieno d'anguilla, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Capriolo, fieno, grano e salsa alla camomilla.
Capriolo, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Maiale: grande interpretazione di questa carne, presentato nel recipiente di cottura, tenero, ma consistente, masticabile, sapore pieno e persistente, golose le cipolline in accompagnamento.
maiale, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
maiale, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Faraona, lardo e semolino: altro piatto alla carta. Cotta nella creta, preparata al gueridon, carne di gran qualità compatta e consistente accompagnata da gnocchi alla romana.
faraona, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
faraona, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Pre dessert
predessert, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Latte: omaggio alla prima colazione, pellicola di latte, riso, grano e orzo.
omaggio alla prima colazione, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Ananas: ananas in raviolo ripieno di ricotta, caffè, uvetta e pinoli.
ananas, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Castagna: castagna, cioccolato bianco, rosmarino e miele.
castagna, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi
Piccola pasticceria
piccola pasticceria, Marconi, Chef Aurora Mazzucchelli, Sasso Marconi

alessandro panichi

Villa Aretusi non è ancora entrata nel tomtom dei gourmet, eppure il suo cuoco ha un curriculum ben assortito: prima Gualtiero Marchesi e Paolo Lopriore all’Albereta, poi Filippo Chiappini Dattilo, Antonio Ghilardi, Marco Fadiga, Nadia Santini, Angelo Paracucchi. Soprattutto Pier Bussetti, chef stellato della Locanda Mongreno e del Castello di Govone, di cui è stato lungamente secondo: un esponente fra i più irriverenti dell’avanguardia italiana anni 0, interprete di una tradizione eretica che per anni ha affiancato sul piatto l’originale e la sua evoluzione, inscenando una narrazione dove il parallelismo la fa da padrone.

Dal 2011 al ristorante Sotto L’Arco, presso il resort della prima cintura bolognese, il suo allievo sarzanese Alessandro Panichi continua a muoversi sulle stesse guide, infischiandosene dei richiami all’ordine che squarciano le gole dei critici passatisti e delle nonnine larvali. Il mix è sempre quello: solide basi classiche, canovacci intrisi di tradizioni regionali, affondi creativi che esplorano le frontiere estreme del gusto. Dove un richiamo al già noto c’è sempre, ma remoto e quasi pretestuoso, alla maniera di Paolo Lopriore.

Si legge per esempio nel filetto di triglia appena scottato all’unilaterale col coperchio, per salvaguardare l’umidità, su julienne di cavolo crudo e crema di ostriche a base di burro bianco, che si inserisce in modo originale nel filone paradossale dei “reverse crudisti” oggi in voga, dalla cotoletta sbagliata di Baronetto al brasato crudo di Milone. Perché sottotraccia si riconosce una choucroute di mare, grazie all’acidità citrica che rimpiazza quella lattica della fermentazione, senza disperdere le note sulfuree dell’ortaggio intatto; mentre la spolverata croccante di semi di coriandolo tostato in superficie cita una classica aromatizzazione, esaltando anche l’acidità. L’effetto è quello di una risacca: se Lévi-Strauss notava che non si dà arrostitura dopo la lessatura, perché invertirebbe il senso della storia (come tuttavia hanno fatto i nostri cuochi col moderno sottovuoto), il testacoda in questione è ancora più stordente.

Stessa trasparenza negli spaghetti affumicati con burrata e pepe, dove la pasta è affumicata 3 volte per mezz’ora a secco e a crudo, sottovuoto col fumo di trucioli di legno dolce e del finocchio secco; così come il sale per la lessatura e l’olio di girasole, scelto per la neutralità e la capacità di aromatizzazione. L’effetto è molto intenso, ma trova nella nuvola di formaggio ridotto in stracciatella al tempo stesso uno stemperamento morbido e un veicolo grasso, che con la sua patina tappezza il palato proteggendolo da un’aggressività ficcante. Il pepe nero e fresco in mignonnette, dal canto suo, chiude il triangolo della citazione: siamo di fronte a una cacio e pepe di nuovo conio, rivoluzionata nelle sue coordinate geografiche e gustative. Lo stesso minimalismo, con la nota affumicata a rimpiazzare gran parte della sapidità del formaggio, e una mantecatura altrettanto goduriosa. Perché il pepe tostato con una nocciola di burro e sfumato con l’acqua di cottura amidacea e affumicata, fino a ottenere un’emulsione arricchita dall’aggiunta di un cucchiaio di burrata, che si fonde al suo interno, accoglie la pasta insieme a un giro di olio affumicato in finitura.

Triglia, su julienne di cavolo crudo e crema di ostriche a base di burro bianco, Alessandro Panichi

Triglia, su julienne di cavolo crudo e crema di ostriche a base di burro bianco, Alessandro Panichi

Osteria Bottega

Un grande amico di PG, Giancarlo Saran, definirebbe l’Osteria Bottega un “locale Panda”.
Sono quei posti che vanno oltre il concetto di ristorazione e ospitalità, sono baluardi di civiltà e come tali andrebbero protetti.
Caratteristica imprescindibile è che si mangi bene, altrimenti parleremmo di lana caprina, ma sono luoghi in cui la cultura gastronomica riveste un ruolo di non secondaria importanza. Dove si cerca il meglio dei prodotti sul mercato, ma poi si è anche in grado di raccontarli e promuoverli: a voce e tramite il piatto.
Di Daniele Minarelli, o il “Dandy” come viene spesso chiamato, si è scritto e parlato tanto: un Oste degli anni 2000, antico e moderno allo stesso tempo. Un “mercante di ricordi” della Bologna che tutti amano.
Poco invece si è scritto di tutte le donne che lo spalleggiano in sala, di una umanità e un calore davvero sinceri, questi sì davvero impagabili. Anche nelle attenzioni per un giovanissimo cliente, coccolato come il primo dei Re. Sono cose che fanno la differenza sempre, a qualsiasi fascia di ristorazione. Non sta scritto da nessuna parte che Osteria e gentilezza non possano entrare nella stessa frase, qui lo hanno capito molto bene.
Perché poi un locale come l’Osteria Bottega debba essere una rarità è una cosa che non ci spiegheremo mai, ma purtroppo la qualità nei centri storici delle nostre città è sempre più un optional.
Qui si va sul sicuro, possiamo consigliare l’Osteria Bottega a cuor leggero: piacerà a voi, navigati gourmet erranti, piacerà a vostro padre, che ancora classifica come “nuvel cuisin” qualsiasi portata sotto l’etto di peso, piacerà a vostro figlio nel quale tante speranze riponete. Un posto che mette d’accordo tutti, per non dimenticare quali perle gastronomiche è in grado di sfornare questa bellissima regione.
Avete una voglia irresistibile di una tagliatella al ragù fatta come si deve? O di un tortellino in brodo che semplicemente non ce n’è?
Volete riscoprire saperi e sapori della cucina bolognese?
Impostate sul navigatore via Santa Caterina. Senza se e senza ma.
Prenotate con buon anticipo e preparatevi a fare amicizia col tavolo affianco al vostro (la vicinanza favorirà lo scambio). Ma vi divertirete, oh se vi divertirete…


La mortadella di Pasquini

Tagliatelle al ragù

Tortellini asciutti col parmigiano: per un giovane gourmet

Lasagna

Faraona arrosto con le patate

Insalata di carciofi e parmigiano

Semifreddo allo zabaione

Un calice di Lambrusco L’Acino di Corte Manzini, un Grasparossa davvero buono




Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione Ristorante
…un passo a sinistra i sorrisi (sbuffi scocciati nelle retrovie)…stringetevi un poco che c’è un brivido fuori inquadratura…va bene…fermi tutti…FLASH! Quante volte vorrei immortalare con nitidezza le emozioni delle giornate più piacevoli per riviverle a comando nei troppi momenti opachi, invece no; le frustrazioni e le amarezze, anche se un poco imbellettate dal velo di trucco che siam soliti riservare ai dispiaceri, hanno il brevetto di sub e riemergono velocemente, oltre che troppo spesso. Due fattori intervengono però a consolarmi: il primo è che se potessi fotografare le emozioni dei momenti più belli le foto comunque mi uscirebbero orrende, ed il secondo è che per fortuna esistono paradisi che sembrano creati proprio per alimentare il mito dell’eterno ritorno. Uno di questi luoghi si trova a metà del tratto di piattume che separa Bologna da Modena, nel quieto borgo di San Giovanni in Persiceto. (altro…)

Ritorna sulla scena bolognese Marcello Leoni e lo fa alla guida dell’armata Unipol.
La Balena è ristorante, è Osteria, è Enoteca.
Investimento faraonico, forse inusuale di questi tempi, ma non ci lamentiamo di sicuro se qualche mecenate decide di cacciare i suoi denari in questo mondo a noi tanto caro.
Il risultato estetico è a mio giudizio notevole: una sala di respiro internazionale, resa bellissima dagli interni di Luciano Belcapo da Baschi ( sì, proprio quello che ha firmato Casa Vissani, e si vede). Forse più da NYC che da Bologna . E bisogna anche dire che via Stalingrado non è esattamente quello che si intende per vista meravigliosa. Ma il ristorante è bello, arioso e ci si sta proprio bene.
Sarebbe ingeneroso parlare di servizio a poco più di dieci giorni dall’apertura: è evidente che la macchina va ancora ben rodata, nei tempi e nelle attenzioni, ma il rodaggio si fa su strada e sono certo sapranno porre rimedio a qualche sbavatura oggi di troppo.
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