Passione Gourmet Bologna Archivi - Pagina 5 di 8 - Passione Gourmet

Opificio Facchini

Un’interessante novità nel centro storico di Bologna

Nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino” cantava Lucio Dalla.

Proprio in uno strettissimo e caratteristico vicolo dei tanti che compongono il cuore medievale del capoluogo felsineo, da pochi mesi ha aperto il suo ristorante Riccardo Facchini, noto in città per i trascorsi come executive chef allo storico Pappagallo, e ai più per le apparizioni in un noto programma tv. Dentro le mura di Bologna si mangia mediamente piuttosto male, tra taglieri di salumi serviti en plein air a tutte le ore e piatti sbiaditi della tradizione cittadina, a uso e consumo del turista low cost.
All’Opificio Facchini, invece i piatti dell’ortodossia bolognese sono ben eseguiti, nel solco della tradizione e con il ricorso a materie prime di qualità. Oltre a questo, abbiamo apprezzato lo sforzo di proporre pietanze che denotano ricerca e volontà di andare oltre l’offerta canonica che ci si aspetterebbe in locali di questo tipo. Seppur con qualche piatto da calibrare (ad esempio il mandarino candito nel prosciutto d’anatra, che sovrastava la proteina) o da perfezionare, e con il servizio ancora in rodaggio, ci pare un indirizzo interessante nel cuore di Bologna.

I piatti assaggiati: tradizione bolognese e qualche novità

Evocative le uova sode ancora tiepide presenti sul tavolo, un omaggio alle vecchie osterie, che ci hanno fatto compagnia insieme ai pani e alla crescente fatta in casa, prima del servizio degli antipasti del nostro menu degustazione di cinque portate. Gustosa la Crocchetta di coda di manzo al lemongrass e pepe di Sichuan. Le Tagliatelle al ragù sono sul podio tra quelle assaggiate in centro: lunghezza e spessore hanno le dimensioni della perfezione, al morso la consistenza è suadente. Ci viene spiegato che la sfoglia viene tirata al matterello prima di ogni servizio e subito servita agli ospiti per garantirne la freschezza e la giusta ruvidezza della pasta la quale accoglie il ragù tagliato al coltello, di solo maiale, cucinato con poco pomodoro nel rispetto della tradizione bolognese. Il talento nel tirare la pasta fresca al matterello si conferma nei Tortelloni di ricotta al burro salato e salvia, mentre l’opulenta Cotoletta alla bolognese è di fattura pregevole: prosciutto e parmigiano di buona qualità, e la carne di maiale viene cotta con il burro e terminata con brodo e sugo di carne.

Buona, infine, la mano sui dolci, come dimostrato dall’elegante il Parfait con kiwi al gin.

La galleria fotografica:

Un piccolo angolo metropolitano a Bologna

Siamo a Bologna, nella centrale e un po’ grigia via Lame, ma potremmo essere a Londra, o a Berlino, o al Meatpacking District di New York; Sentaku Ramen Bar ci ha sedotto lo ammettiamo, e ci ha “costretto” a visitarlo per due volte in quattro giorni. Ne è valso a scoraggiarci la lunga fila di più di trenta minuti, che per entrambe le visite abbiamo dovuto affrontare (il locale non accetta prenotazioni) per conquistare uno dei venti sgabelli del minuscolo locale.

Le nostre aspettative erano elevate, poiché già conoscevamo l’offerta del “cugino” Gyoza bar, e puntualmente non sono state disattese. Una volta entrati si è ripagati della fatica, l’atmosfera è stilosa e metropolitana, la musica adeguata, un bancone sulla cucina a vista domina il locale, l’aria è pervasa da un avvolgente profumo di brodo.

Il paradiso del Ramen: materie prime di qualità e tecniche di cottura

Dal semplice menù di carta che viene fatto compilare al cliente, abbiamo spuntato a matita la casella relativa ai piatti scelti, in un’offerta che prevede complessivamente quattro tipi di ramen (tra cui uno vegetariano) e qualche snack a completamento. Le nostre scelte: un ramen Hakata Tonkotsu, sul brodo di maiale cotto venti ore galleggiano gli immancabili noodles, pancia di maiale arrosto, cipollotti, germogli di soia, funghi, uovo e un ramen Shio Chashu, con brodo di pollo e bovino, noodles, pancia di maiale, senape, bamboo marinato, cipollotto, uovo.

In un battibaleno le ciotole fumanti sono arrivate alla nostra postazione, ed entrambe le proposte ci hanno conquistato. Più corposo, ma al tempo stesso di disarmante eleganza il brodo del primo ramen, più delicato seppur saporito e dal sentore affumicato il secondo, in entrambi la pancia di maiale si caratterizza per la qualità della materia prima, la notevole morbidezza e la scioglievolezza al boccone, mentre la perfetta marinatura dell’uovo alla soia denota una mano in cucina che padroneggia le tecniche contemporanee. A testa china sulle ciotole, in pochi minuti abbiamo gustato i golosi noodles accompagnati da due birre niponniche, Kirin Ichiban e Sapporo.

Ben eseguiti anche i due snack che abbiamo assaggiato: Karage double-dip, bocconi di pollo fritto da intingere nella delicata maionese allo yuzu servita in accompagnamento, e Sweet&spicy ribs, costine di maiale perfettamente caramellizzate, scioglievoli al palato, declinate, insieme alla loro salsa e il sesamo, sui toni del dolce e del piccante (forse un pizzico troppo).

In conclusione, seppur da poco aperto Sentaku merita sicuramente il massimo della nostra valutazione, per qualità e originalità della proposta. Il nostro consiglio è di correre a Bologna, armarvi di pazienza, mettervi in fila: conquistata la postazione e servito il vostro ramen fumante, alzerete il capo solamente quando non ne rimarrà neppure una goccia, statene certi!

La galleria fotografica:

Sedersi a tavola al 51 di via Santa Caterina a Bologna significa nutrirsi di memoria

È difficile parlare oggettivamente di All’Osteria Bottega a Bologna. Perché non c’è nulla di oggettivo all’Osteria Bottega. A cominciare dai quadri affissi alle pareti, uno in particolare, che dell’ipnotico portico di via Santa Caterina restituisce la straniante prospettiva.

Che dire, poi, di Daniele Minarelli? Occhi piccoli e acuti, ficcanti ma liquidi, improvvisamente plastici nel seguire la prosodia con cui declama, in un bolognese brontolato, ciascuna delle voci in menu, che infarcisce qua e là di frammenti di storia cittadina. Eccolo qui, il Dandy, oste e cantastorie che, parlando, divulga una cultura che, qui, è ancora tutta solo orale. Una cultura che rivendica, fateci caso, in vezzi squisiti come quello, apparentemente insignificante, di pronunciare faravona in luogo di faraona.

I primi sono il punto di forza del locale

La nostra cena all’Osteria Bottega comincia con un aperitivo promettente. Un calice di Franciacorta Brut di Vezzoli, il cui sorso, avvolgente e profondo, accompagna con disinvoltura la mortadella, il prosciutto cotto appena affumicato con le pere e il Parmigiano e finanche la giardiniera, poco acetata e genuinamente profumata.

Considerate le premesse, dunque, un Metodo Classico italiano, di cui Daniele è dichiarato estimatore, ci pare la soluzione migliore anche per il prosieguo: optiamo per il Dosaggio Zero Nero di Andrea Arici: una tempra conciliante che, all’occorrenza, sa farsi anche autorevole.

Archiviati i salumi, tutti di pregevole selezione, va presto detto che il punto più alto, qui si raggiunge  con i primi piatti. In questo caso, con i Maccheroncini al torchio con ragù d’agnello e asparagi verdi di Altedo di cui si loda un punto di cottura affatto modaiolo e un ragù che si sgrana, succulento, in bocca. Ma manco a dirlo ed ecco che l’asticella si alza irrimediabilmente. Dello Strichetto, infatti, troviamo toccante la callosità del punto di congiunzione delle due ali, la tensione soffice e ferrosa del suo fegatino e, non da ultimo, il profumo della salvia sulla dolcezza nobile della cipolla di Medicina.

Decisamente libidinoso è il Maialino di mora romagnola in crosta croccante con indivia al profumo di anice e bergamotto. Un poco sovraccarica è, invece, forse, la Spalla d’agnello, fondente al limite dello sfibrato e bronzea di un fondo forse troppo invadente. Nota di merito, tuttavia, alla cialda di mais e, soprattutto, alla maionese, serica e saporita, deliziosamente stemperata dal profumo lontano dell’aceto e delle acciughe.

Lodevoli i dolci: corroborante il Sorbetto al pompelmo e bergamotto,  umida e friabile la Torta degli addobbi, quasi un fior di latte.

Il conto, più salato rispetto ad altre “osterie” dello stesso livello, ammesso che esistano, ce lo porta Daniele col sorriso. Accanto alla ricevuta, un testo manoscritto redatto da Daniele stesso riporta, in bella grafia e a mo’ di memento, tutte le voci di questa storia.

La galleria fotografica:

 

 

A Bologna rinasce la vera e autentica osteria felsinea, grazie a un oste d’eccezione

Bologna è in piena rinascita gastroculturale. E in parte ciò è dovuto certamente al momento favorevole per l’intera cucina italiana, un momento fatto di grande enfasi e trasporto. Ma una buona parte del merito è da ascrivere a due persone in particolare: Piero Pompili e Massimiliano Poggi. Quest’ultimo, in particolare, che ha compiuto una scelta temeraria, mettere nelle mani di Piero il suo Al Cambio, dopo il trasferimento nella provincia bolognese.

La sfida era tutt’altro che scontata. Rendere il Cambio il miglior avamposto della tradizione bolognese assurgendolo a grande, grandissima, Osteria di città. Compito ancor più ardito se mani e tessitura erano affidate a Piero, oste ben noto per i suoi modi certamente eleganti, ironicamente istrionici, delicatamente pungenti. Ma al di là delle apparenze, sotto una coltre di uomo estremamente snob ed elegante, si cela l’anima di un oste prima di tutto e di un professionista poi di caratura davvero elevata.

Piero Pompili ha forgiato il ristorante a sua immagine e somiglianza

Nel mio girovagare per ristoranti ho conosciuto veramente pochi grandi personaggi, con sensibilità, gusto, precisione e professionalità come Piero. Non ho mai avuto la fortuna di conoscere un Peppino Cantarelli, ho avuto la fortuna di frequentare Antonio Santini. Be’, a suo modo, e con tutta la sua sana personalità, Piero è tranquillamente paragonabile a questi grandi personaggi della cultura enogastronomica italiana.

Professionista esigente, dicevamo, che non si accontenta mai. E che ha forgiato il Cambio a sua immagine e somiglianza. Qui si mangia senza ombra di dubbio una cotoletta alla bolognese “da urlo”, delle tagliatelle che ti portano dritto in paradiso, dei tortellini comme il faut. Per non parlare dei dolci, tutti fantastici. Unico appunto lieve, ce lo consenta Piero, sull’eccesso di Alkermes nella zuppa inglese.

La valutazione, se avessimo giustamente considerato le ambizioni del luogo, la cura dei dettagli, il tovagliato, sarebbe stata molto alta per una cucina di stampo classico. Ma all’oste e alla sua grande e imperiosa osteria abbiamo preferito dare la massima valutazione che qui su PG diamo alle osterie, riconoscendo il valore del luogo.

La galleria fotografica:

L’accelerata qualitativa della ristorazione bolognese avvenuta negli ultimi anni è stupefacente: ristoranti, pizzerie, locali dove bere bene, non sono più così pochi i posti oggi in cui passare una bella serata nella città felsinea. Non che i problemi di una città molto seduta sulla sua fama si possano risolvere in pochi anni, ma i segnali di vitalità sono tanti e lasciano ben sperare.
A questa verve ritrovata ha senza dubbio contribuito anche Massimiliano Poggi: dopo una vita passata in zona Fiera nel suo “Cambio” (ora trasformato in un’ottima trattoria), ha deciso di dare una svolta alla sua realtà lavorativa.
L’occasione si è presentata con la possibilità di prendere in gestione uno storico locale di Trebbo di Reno, che già aveva visto i Fratelli Leoni armeggiare con buon successo.
Occasione unica, considerando anche il fatto che la moglie gestisce la locanda.
E così il passo è stato fatto.

Locanda del Sole e ristorante Massimiliano Poggi: il suo nome al ristorante, a sottolineare una presa di coscienza vera e la voglia di esprimere sé stesso a pieno.
Anche la proposta della cucina nasce tra queste mura: non si poteva riproporre quanto già fatto in via Stalingrado, c’era la necessità di comunicare al cliente una rottura rispetto al passato.
Così è stato.

Tre menù, che rispecchiano tre diverse realtà complementari: “omaggio alla Romagna”, “tradizione”, “la campagna oggi”.
Con il primo menù si è voluto richiamare lo spirito storico di questo luogo, che ha visto negli anni servire spesso rane o fritti di pesce. Un angolo di mare, visto da un bolognese.
Nel secondo menù c’è la storia di Bologna, rivista chiaramente in chiave moderna.
Infine la vera novità è l’omaggio alla campagna, la realtà che probabilmente lo chef sente più sua in questa fase della sua vita: è legata al luogo, a questo casale ristrutturato con intelligenza, alle erbe dell’orto, alla voglia di esprimere un concetto di cucina identitario.
“Rispettare cambiando” è la filosofia del locale: tutta la proposta segue questa logica.
Il risultato è una cucina precisa, gustosa, ben definita. Il sapore è tutto e ogni sforzo è diretto proprio ad estrarre il massimo dagli ingredienti a disposizione. Ogni elemento non risulta mai confuso, ma ben individuabile, protagonista pari tra gli altri.
Come nei cappelletti ripieni di carciofo in brodo di scampi, grande piatto, dove scampo e carciofo emergono in pari misura in una concentrazione di gusto di estremo equilibrio.
O nella semplicità degli spaghetti e medicina, dove la dolcezza della cipolla è dosata in maniera magistrale, con il tocco della verbena ad allungare il gusto di questo grande primo piatto, così intriso di provincia italiana e di cucina domestica.

Il servizio, coordinato da Gianni Fruzzetti, è moderno e informale, con anche le proposte al calice abbinate al menù di gran livello.
Ci sono tutti gli ingredienti per fare bene: bravura, umiltà, ambizione.
Così come ci sono i giusti margini di miglioramento, in particolare tra i dessert -ben fatti ma lontani dalla concentrazione gustativa della parte salata del menù- o lavorando sulla complessità aromatica e finezza di alcune delle portate: la linea da tenere è assolutamente quella della cucina casalinga di campagna, ma si può ancora migliorare sul lato dell’eleganza (in questo senso, i cappelletti sopra citati devono essere il riferimento, così come i tortelloni sono invero migliorabili da questo punto di vista).
La partenza è stata sorprendente, oggi rimaniamo prudenti nel voto ma seguiremo con attenzione questo locale che ha nelle proprie potenzialità il raggiungimento di grandi traguardi.

Appetizer: Tagliatella al ragù (del giorno prima), frittatina di verdure, pasta pomodoro e acciuga.
Una dichiarazione di intenti fin dal principio: la cucina casalinga ad un livello superiore.
appetizer, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
appetizer, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Capesante.
Coperte da unna leggera panatura, quindi gratinate. Ad accompagnare sorbetto di cipolla, purea di melanzana, spuma di stracchino e cipolla fritta.
Un “omaggio alla Romagna” intelligente, la spuma di stracchino è un grande colpo.
capesante, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Insalata di mare.
Calamari, scampi, seppie, cozze, alghe e schiuma di cozze e vongole.
Viene consigliato l’uso di una pinzetta, non della forchetta: giusto, perché ogni elemento è perfettamente caratterizzato. Una insalata di mare camaleontica, che vira di sapore a ogni boccone.
insalata di mare, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Lumache ed ortica.
Lumache gratinate con lieve panatura al lardo, parmigiano, semi di zucca. Accompagnate da una salsa di ortica e balsamico allo zenzero.
lumache, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Cappelletti in brodo ripieni di carciofi in brodo di scampi (con tartare di scampi, in lenta cottura con il calore del brodo).
Uno dei due piatti della serata, perché, pur essendo un piatto di matrice campagnola, sa svettare per eleganza e finezza. Come una Alfa Giulietta Spider degli anni ’60, che sfreccia leggera tra le strade dei colli.
cappelletti in brodo, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Spaghetti allo scoglio.
Spaghetto di grano duro, brodetto di pesce bianco, ragù di crostacei e molluschi, alga con polvere di cozze e polvere di ostriche.
Altro omaggio alla Romagna, quella della riviera e dei mille lidi.
spaghetti allo scoglio, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Tortelloni burro e oro.
Burro e pomodoro in farcia, ricotta all’esterno. Un gioco divertente, anche se il gusto non si avvantaggia in maniera particolare della scelta di invertire salsa e ripieno. In bocca la pasta risulta leggermente dura. Forse più efficaci in una piccola porzione da degustazione che in un piatto alla carta.
tortellini, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Pane e lardo, tigella all’extra vergine passata in forno con lardo e Parmigiano Reggiano, battuta di manzo piemontese della macelleria Zivieri.
Davvero ottimo.
pane e lardo, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna

pane e lardo, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna

Artusi 495.
“Terrina” di anguilla spinata, fritta in farina di semola, salsa di soffritto, brodo di pomodoro verde.
Da una ricetta dell’Artusi, il secondo piatto della serata, per lo stesso motivo espresso prima. Un nobile in campagna.
anguilla, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Agnello ai ferri.
Costine di agnello cotte al bbq, glassate con salsa speziata, verdure croccanti, yogurt caprino ed erbe dell’orto.
agnello, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Spaghetti e medicina alla chitarra.
Fantastico passaggio verso i dessert.
spaghetti, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Predessert: Pomodoro… e “scarpetta”. Questa portata potrebbe diventare l’icona del ristorante di Massimiliano Poggi: godere del cibo in assoluta libertà è un mantra tra queste mura.
predessert, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Frutta e verdura, yogurt acido, zuppetta di mela.
frutta e verdura, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
More more more…
Sorbetto di more, meringa di more, aceto di more.
more, dessert, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Latte e mandorle.
Gelato di latte caramellato, mandorle salate.
latte e mandorle, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Crema di lambrusco.
Crema con lamponi ghiacciati, salsa al lambrusco e ciambella.
crema di Lambrusco, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
I vini in accompagnamento.
vini, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
vini, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
pinot grigio, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna
barbaresco, chef Massimiliano Poggi, Trebbo, Bologna