Un’eleganza che prende forma
La Locanda Margon è il genere di luogo che lavora per sottrazione. Ragionando per similitudini, è come lo scultore che elimina il marmo in eccesso dal blocco unico per lasciar emergere l’opera. Questo ristorante è il riflesso architettonico di un pensiero che in cucina trova voce in Edoardo Fumagalli. Lo Chef lombardo è arrivato qui con discrezione e intelligenza, scegliendo una traiettoria di crescita costante, silenziosa, concreta. La tecnica c’è, il gusto pure, ma soprattutto c’è un desiderio sincero di restituire coerenza tra piatto e contesto.
Il locale vive in simbiosi con il paesaggio circostante, quasi fosse un’estensione naturale del territorio trentino che la ospita. I colori mutevoli delle montagne si riflettono nella sala, dai toni caldi del legno alle sfumature grigie del marmo, e si ritrovano nell’impiattamento, dove ogni dettaglio si accorda a una tavolozza coerente. Questa continuità tra interno ed esterno si traduce anche nella scelta degli ingredienti, selezionati per mantenere un legame autentico con l’ambiente. Non una semplice ambientazione, ma un equilibrio sottile e radicato che fa della proposta gastronomica parte integrante di un ecosistema più ampio e armonico.
Una cucina in divenire
La degustazione scorre con naturalezza e regala diversi passaggi convincenti. Il lavoro sulle interiora, con il riuscito “foie lac”, nobilita la materia povera con finezza e coraggio, usando l’ittico per trasposizione. I Bottoni all’uovo ripieni di salmerino e rape colpiscono per equilibrio e sapidità, mentre il Quinto quarto di vitellino spinge sul carattere senza perdere precisione. Il Reale di manzo marezzato si presenta denso e complesso, manifesto di una conoscenza tecnica altissima coadiuvata da una materia prima di livello. Il filo conduttore è chiaro: piatti pieni, strutturati, con un lavoro di fondo importante. A tratti, però, si avverte una reiterazione della dinamica grasso-acido, soprattutto attraverso l’uso insistito di salse ad alto impatto gustativo. Un aspetto che, forse, potrebbe essere leggermente ricalibrato per restituire maggior varietà ritmica alla degustazione. Nel complesso, però, si respira una cucina pensata, lucida, che sceglie il percorso dell’identità invece di rincorrere effetti. E quando questa identità si lega in modo sempre più saldo al territorio e alla memoria locale, emerge una voce gastronomica capace di parlare con chiarezza. Il legame con la famiglia Lunelli, proprietaria della cantina Ferrari, si riflette in una carta dei vini ampia e curata, dove il Trento DOC trova spazio privilegiato accanto a etichette italiane e internazionali selezionate con criterio. Tornando all’immagine dello scultore, la cucina di Locanda Margon conferma di essere un’opera in continua definizione, dove ogni dettaglio viene cesellato con pazienza e rigore. Qui non si aggiunge, bensì si toglie per far emergere l’essenza autentica di un luogo e di un’identità. In questo equilibrio sottile, la sobrietà diventa forma di eleganza e la coerenza la cifra più distintiva di un progetto gastronomico che guarda al futuro con radici ben piantate nel territorio.
IL PIATTO MIGLIORE: Spaghettoni di grani antichi cotti in infuso di aghi di pino, pinoli tostati e aceto di more selvatiche.
La Galleria Fotografica:








Sedano di monte selvatico e amaranto.

Cotto al burro ai fiori di salvia, carote della val di Gresta e aglio orsino del Bondone.



consommè di lische di salmerino arrostite e infusione di Ciuiga del Banale.


Cotti in infuso di aghi di pino, pinoli tostati e aceto di more selvatiche.

Velo di curry alpino, cipollotti di vigna fondenti, salsa “ricca” agli agrumi del Garda.

Bouquet di vegetali dell’orto, jus di manzo profumato al pepe di montagna.




















