La cultura come ingrediente imprescindibile del cuoco del futuro
Questo assunto, divenuto il leitmotiv ricorrente nei menù post-pandemici di Massimo Bottura, si è ormai consolidato come la sua dichiarazione d’intenti più autentica e radicale. Lo Chef modenese lo ha ribadito con costanza negli ultimi anni, e oggi lo traduce in un percorso gastronomico concreto e rigoroso: Miseria e Nobiltà. Al centro di questa nuova proposta risiede un’altra convinzione fondante della filosofia di Bottura: il cibo non è mero nutrimento per il corpo, ma veicolo imprescindibile di memoria e identità. Ogni portata si configura come un dispositivo sensoriale che evoca emozioni profonde attraverso dettagli infinitesimali – un aroma, una spezia, una texture – che, integrati in una composizione estetica di rara finezza e intelligenza, si trasformano in autentiche madeleine proustiane, quella memoria involontaria che si attiva senza uno sforzo consapevole, attraverso i sensi, e che può far riaffiorare emozioni e ricordi con una forza sorprendente.
A questa dimensione evocativa si affianca una componente ludica costante: nei nomi dei piatti, nella costruzione delle porzioni, nell’equilibrio inatteso tra forma e sostanza. Ogni portata è inoltre accompagnata da un racconto, reso vivido da un servizio di sala impeccabile, elegante e partecipe, che si configura come elemento chiave dell’esperienza complessiva. La cucina di Bottura, pur profondamente radicata nell’identità emiliana e italiana, si apre a una decostruzione critica e a una reinterpretazione che si avvalgono di tecniche contemporanee e contaminazioni globali. La creatività non è mai fine a se stessa: è sempre al servizio della narrazione, dell’identità culturale e dell’emozione autentica.
Miseria e Nobiltà
Il titolo del menù rimanda esplicitamente alla celebre commedia napoletana di Eduardo Scarpetta (1890), resa immortale dalla trasposizione cinematografica di Mario Mattòli e Totò. Da questo riferimento Bottura costruisce un racconto culinario che esalta l’equilibrio dialettico tra risorse modeste e sapienza elevata, tra ingredienti umili e intuizioni nobili. Come chiarisce nel messaggio introduttivo rivolto ai commensali: «La cucina italiana è il perfetto equilibrio tra miseria e nobiltà: miseria nelle risorse, nobiltà nel saperle valorizzare».
Complessità filologica e rigore concettuale sottendono questo percorso evocativo che presenta colpi d’ala, degni delle creazioni migliori dell’Osteria, come il primo piatto di pasta dal titolo Dove vuole andare questa pasta e fagioli? I fagioli si trasformano in un formato di pasta a forma di fagiolo, realizzata con farina di legumi essiccati. La cottura risottata e la mantecatura con midollo e brodo denso, rifinite con olio di cavolo nero e levistico, reinventano la tradizione con un risultato sorprendente ed emozionante. Colpisce anche La GenoveseLa genovese è una ricetta tradizionale della cucina napoletana. Un ragù classico della cultura partenopea, che prevede una lunga cottura di cipolle e carne di manzo in parti uguali (oltre al solito battuto di odori e ritagli di salumi nel fondo). La salsa ottenuta viene usata per condire il tipico formato di pasta 'candele' spezzate (o le 'zite' in una... Leggi: versione contemporanea del classico partenopeo, concentrata, stratificata ed essenziale. La cipolla, protagonista assoluta, è sublimata da tecniche di lunga cottura e riduzione. Mentre il podio di golosità lo occupa Jazz Duck: improvvisazione sull’anatra che coniuga memoria e libertà creativa. Si apre con un’anatra dalla pelle croccante, accompagnata da una salsa a specchio ispirata alla cucina di Mirella Cantarelli, magnifica, da mangiare, a suon di scarpetta, con il mini-panettone con grasso d’anatra, semplicemente lussurioso. Interessantissimi anche i dolci, con un predessert degno di nota ribattezzato Fast Bees, Slow Honey: riflessione intensa e giocosa sul mondo delle api, sul tempo e sulla dolcezza, che si svela tra sorprese di consistenze e differenti tonalità tra le quali il miele è sempre protagonista.
Un percorso, questo, che riconferma la lucidità evocativa e creativa di Massimo Bottura, la cui carriera – piaccia o meno – si è imposta come trionfale nel panorama gastronomico globale. A testimonianza di ciò, si ricorda l’omaggio di Grant Achatz, tre stelle Michelin e figura leggendaria della cucina contemporanea, che ha dedicato a Bottura e all’Osteria Francescana un intero menù celebrativo nel suo locale Next di Chicago, rievocando alcune delle creazioni più iconiche del cuoco modenese.
Miseria e Nobiltà dell’Osteria Francescana non è solo un menù che sorprende per tecnica e composizione, ma è un invito a riflettere, a ricordare e a riconoscere nel cibo una forma d’arte viva, permeata di memoria, pensiero e gioco. Conferma definitiva che l’alta cucina, quando animata da una visione autentica e da un profondo senso di responsabilità culturale, mantiene una rilevanza imprescindibile.
Il tutto in un ambiente intriso d’arte, sempre più affascinante, dove un servizio di sala giovanissimo e di indiscutibile professionalità, si dimostra, dall’inizio alla fine, all’altezza del cadre, lasciando trasparire entusiasmo ed empatia.
IL PIATTO MIGLIORE: Dove vuole andare questa pasta e fagioli?
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2 Comments
Sarebbe molto bello condividere assiduaMENTE il vostro viaggio enogastronomico, ma lreputo la controparte finanziaria smodatamente esosa e spiritualmente fuorviante per lo sprovveduto consumatore, per cui mi approccero’ a questa tematica in modo più creativo e alternativo.
Ma solo a me sembra che faccia sempre le stesse cose ma dando un nome diverso?