L’inquietudine golosa a Madignano
Questo pezzo, che siate amanti del mondo gastronomico o neofiti che incrociano per la prima volta il nome di questa insegna, ha comunque un sapore speciale. A tratti, perfino unico. Il luogo di cui parliamo oggi sembra cristallizzato, incredibilmente sospeso, come fuori dal tempo. Qui, infatti, è il cuoco a dettare il tempo e il ritmo. Prima di svelarne il nome, ci soffermiamo però sul sostantivo che abbiamo scelto per titolare questo racconto — esplorandone le origini: l’inquietudine. La sua radice è quies, il riposo, a cui si affianca il prefisso in- in senso privativo: una non-quietudine. È una parola che attraversa i secoli, fluttuando tra lingue e culture, senza mai smarrire il suo significato essenziale — come una nave che mantiene rotta e direzione. In linguistica, parole così si definiscono “voci dotte”: termini antichi, tramandati da chi ha custodito le lingue classiche con amanuense precisione, per poi riportarli alla luce quando serve. L’inquietudine affascina anche per la sua forma negativa: si definisce per assenza, evocando prima ciò che nega. Per comprenderla, immaginiamo prima la quiete, poi la cancelliamo. È proprio in questa negazione che prende corpo la sua natura: sottile, sfuggente, una vibrazione che incrina sorniona quella tranquillità. È una sensazione, talvolta indecifrabile, ma presente. A Madignano, minuscolo universo del gusto cremasco, la tranquillità è parte dell’identità stessa del luogo. Eppure, da tempo c’è chi sa infrangere questo equilibrio. Almeno in cucina. Qui, una fiammata rompe la calma e incide con decisione il tessuto della tradizione zonale, senza mai staccarsene davvero. È una cucina che unisce rigore e rito. In una sala d’arredo anacronisticamente miscellaneo, tra trattoria di provincia e ristorante senza tempo, va in scena il rito inquieto di Bassano Vailati.
Il menù della trattoria Da Bassano
Su un foglio scritto a penna, l’elenco delle vivande. L’ordine del cliente è il fischio d’inizio di una partita in cui Bassano è sia regista silenzioso quanto centrocampista di rottura. Parla poco, osserva molto. Lo sguardo è vigile, quasi interrogativo. Pronto a scattare. Sembra di essere in una scena di Sergio Leone, poco prima che la camera stacchi sull’azione. La comanda è in cucina. La partita inizia. L’eloquenza qui la fanno i piatti. Bassano è tanto ermetico nelle parole quanto solidi sono le portate messe in tavola. L’Insalata di pollo, cremosa e precisa nelle strutture intrecciate tra verdura e carne, con l’ausilio della salsa all’uovo. La TartareLa bistecca alla tartara (conosciuta anche come carne alla tartara, steak tartare o più comunemente tartare) è un piatto a base di carne bovina o equina macinata o finemente tritata e consumata cruda. La ricetta prevede che dopo essere stata triturata la carne deve o marinare nel vino o in altri alcolici oppure viene aggiunto del succo di limone e... Leggi, il cui taglio scelto è il diaframma, viene condita inaspettatamente con un tocco d’aglio. La storia locale della cucina cremasca permea i piatti di Bassano. La Repubblica Serenissima di Venezia ha lasciato impronte — o meglio, ingredienti — che immediatamente rivelano la possente eredità culturale lasciata in tali luoghi. In primis le spezie. Con il Pipèto e salva, si celebra un retaggio storico in cui questo piatto nasce. La Verza, il Grana Padano e la noce moscata. L’ortaggio è cotto lentamente, aggiungendovi uova e grana fino a ottenere una consistenza spalmabile. Il tocco è la noce moscata, capace di dare nuova vitalità a questa lunga preparazione. Il salva cremasco
Il Salva Cremasco è un formaggio molle DOP vaccino da tavola, a pasta cruda, a crosta lavata, a media o lunga stagionatura, tradizionalmente consumato nella pianura lombarda centrale e prodotto in particolare nel cremasco, nella bassa bergamasca e nella pianura bresciana. Leggi conficcato, svetta con la sua leggera acidità, rendendo questo piatto uno dei più brillanti di tutta la sequenza. La Serenissima, nella cucina cremasca di Bassano, vive ed è in forma smagliante più che mai con il tipico Tortello. Gli agrumi che la Repubblica coltivava sul “suo” lago di Garda raggiungevano anche i territori limitrofi ad essa collegati, da cui l’impiego in molte ricette padane come in questa storica preparazione. La pasta, nelle sue tipiche “creste”, cinge il ripieno, in cui a brillare è la freschezza — seppur candita — dell’agrume impiegato nel ripieno. La dolce speziatura è calibrata al millimetro culinario, ponendo sul gradino più alto questo exemplum di pasta ripiena. Il ritmo non diminuisce. Da Bassano Vailati si resta vigili, golosamente inquieti. Lo sono anche i Ravioli, sempre di eterea sfoglia, in brodo di magatello. Così come la faraona arrotolata, accompagnata dalle “nistole”, ovvero le fette di zucca appena infarinate e passate al forno. Va ammesso: su quest’ultime, servite eccessivamente fredde. La liturgia si chiude con la Sabbiosa accompagnata da crema al mascarpone, seguita poi da un barattolo di gommose, custodite in un delizioso barattolo d’antan per le antologiche “Pastiglie Leone”.
Capita di scambiare qualche battuta con Bassano: ora un’idea, talvolta un aneddoto. Qui a Madignano, la lotteria di Bassano non ha premi speciali. L’eccezionalità sta nella sua precisa e nitida codifica della cucina cremasca. I premi? Pranzi come questo.
IL PIATTO MIGLIORE: Tortello cremasco.
La Galleria Fotografica:










