Una doverosa premessa
Quando amici e colleghi passano per l’Emilia, viste le mie origini reggiane e sapendo quanto è apprezzata la nostra cucina, gli propongo di fermarsi a pranzo o a cena presso ristoranti della mia provincia, oppure fra Parma e Modena. In particolare, in autunno e inverno c’è una cosa che entusiasma i più affezionati e preparati commensali: il Carrello dei bolliti. Ovvero, tutte le varietà di carni lesse destinate alla preparazione del brodo per gli anoliniFormato di pasta all'uovo ripieno originario dell'Emilia occidentale, in particolare dei territori dell'antico ducato di Parma (anolén) e Piacenza (anvëin o anvén). Caratterizzati generalmente da una forma circolare e dal bordo seghettato, variano invece per il ripieno, che può prevedere la presenza di stracotto di carne (generalmente di manzo), il suo sugo o nessuno dei due elementi in aggiunta a Grana Padano o... Leggi, cappelletti, passatelli, ravioli del plin o tortellini, a seconda delle origini. Intendiamoci, quello che un mio compagno di merende suole chiamare “la carrellanza”, rappresentando questo rito del mangiare come una sorta di danza, viene dal passato ed è diventato a tutti gli effetti una seconda portata che fa storia a sé; oltre all’Emilia, va in scena in Piemonte, in Lombardia nel mantovano e in parte del Veneto, spesso affiancato dalle carni arrosto. Rimanendo emiliano, per questa volta proverò a sovvertire il canonico abbinamento lessi-Lambrusco, alla ricerca di un vino rosso fermo che si presti il più possibile a uscire dalla comfort zone delle trazioni locali.
Anche per gratificare il mondo della sommellerie che nella scelta degli accompagnamenti ai piatti, gradirebbe un vino per ogni portata. Compatibilmente con chi deve guidare, s’intende; personalmente sposo questa filosofia, magari con un solo calice per l’antipasto, idem per il primo e il secondo, concludendo con due dita di passito da abbinare al dolce della casa. Stando sempre in Emilia, il Lambrusco ben si adatterebbe a questa filosofia dei cambi di calice, iniziando trionfale con un Sorbara modenese sugli antipasti di affettati delle sue terre, proseguendo con i lambruschi ben più scuri di Parma, Reggio e Mantova per i primi, carichi di burro e ragù; ma soffrirebbe sempre un po’ negli abbinamenti con i secondi di carne. Il tema è proprio questo: azzardare un incontro cucina-vino fra territori diversi. E in particolare appunto capire se col carrello dei bolliti si possa accostare un vino rosso fermo originario di altre regioni, al posto delle classiche bollicine emiliane. Riflettendo con i criteri professionali di un sommelier, ma non troppo, cioè cercando un sano equilibrio con un approccio più friendly.
Pensando a quella clientela più esigente e che ha viaggiato, come si usa dire per distinguere chi ha più esperienza; che spazia abitualmente fra le infinite preparazioni e piatti della cucina italiana e non solo. E che pertanto, per sua curiosità e preparazione, farà richieste più ricercate al sommelier del ristorante, non fermandosi a un solo vino. La cosa non è semplice, perché il Carrello dei bolliti, con tutte le sue varietà di carni fra gallina (petto o coscia), lingua, manzo, spalla cotta, cotechino e zampone, testine di vitello e polpettone reggiano (con ricchezza di Parmigiano-Reggiano al suo interno), spazia da tagli molto magri all’opulenza degli insaccati come può essere il cappello del prete. Apprezzabili poi con la salsa verde, assai intensa e coprente, fatta di prezzemolo, olio, aglio e acciughe (talvolta mollica di pane, tuorli d’uovo, capperi, aceto, in base alle ricette); oppure con il rafano; nel reggiano e nel mantovano troverete sempre anche la mostarda, spesso assai piccante con l’essenza di senape. Dobbiamo confrontarci quindi con proteine pure, che gli esperti definiscono di sapore tendenzialmente dolce (al palato, senza condimento alcuno) e simultaneamente con materia più grassa, ma anche con la piccantezza e l’aromaticità spinta delle salse, nell’insieme molto coprenti.
Il luogo e le persone
La scelta del ristorante è dunque caduta su Probo, a Bagnolo, in provincia di Reggio Emilia, noto proprio per il suo eccellente carrello dei bolliti (e non solo). Thomas Turrà è il Sommelier di casa, lui stesso ci ha condotti nella preparazione dei piatti con i tagli di carne scelta; nel team ristretto e informale, Paolo Ferretti, delegato provinciale AIS di Reggio Emilia e Attilio Aldini, ingegnere e Sommelier AIS che anni fa fece i corsi con me e di cui mi fido, oltre a far parte del gruppo dei VINARI, creato dieci anni or sono per testare ottime bottiglie in compagnia. Il vino nasce da una scelta ben precisa, durante una degustazione svolta in estate con Thomas Scarizuola, enologo responsabile della cantina Kellerei Kaltern, anzi qualche mese prima, intorno al Vinitaly in occasione dell’anteprima della loro linea Quintessenz. Cercavo un rosso non eccessivamente carico di tannini, ma che avesse in primo luogo qualità constante nel tempo, geograficamente non lontano dalla realtà emiliana e che potesse “sgrassare” grazie ad una acidità efficace. Non potendo attingere ai vini delle limitrofe Piemonte e Toscana, cioè a Nebbiolo e Sangiovese, entrambi vitigni dal vigore tannico non pertinente alla delicatezza di certi tagli di carne bollita. Dall’incontro con Thomas Scarizuola è emersa l’idea di provare la Schiava, che in Alto Adige chiamano Vernatsch. Le premesse, elaborate insieme hanno portato alla scelta di Quintessenz Kalterersee Classico Superiore con l’ultima annata 2023.
Il vino
Nel frattempo arriva la conferma del Tre Bicchieri del Gambero Rosso anche per questa annata che inoltre riceve 95 punti da Doctor Wine. Oltre gli aspetti premianti, questo vino rivela da subito una grande acidità, peculiarità distinguente del vitigno in rapporto coi tannini mai spinti, fra l’altro ingentiliti da un passaggio, seppure di soli 8 mesi di parte delle uve in grandi botti di legno, dopo la fermentazione con macerazione sulle bucce di circa 10 giorni, oltre la malolattica con successiva maturazione sulle fecce fini per 6 mesi in cemento. Il Kalterersee Classico Superiore è di colore rosso rubino spiccato, a tratti intenso e quasi porpora, a tratti brillante, mostrando da subito nuance alcoliche nel calice, poi riscontrabili anche al palato con i suoi 13,5% Vol. certamente vibranti e tutto sommato in equilibrio con le durezze rilevate. Al naso manifesta immediate freschezze erbacee con una lieve balsamicità, poi uno spettro olfattivo fruttato fra aromi di lampone, latenze di ciliegia ed echi di frutta secca. In bocca la Schiava in purezza entrata piena, pura, non concedendo tanta tregua, per questa sua attuale gioventù, con una vigorosa acidità, dritta fino alle persistenze finali anche calde. I tannini qui regalano solo una moderata, seppure piacevole rotondità, di discreta durata nell’insieme, per un finale fruttato che ricostruisce l’equilibrio. Un ulteriore anno di affinamento in bottiglia sarebbe ideale.
A tavola
Finalmente davanti a un piatto fumante, appena servito dal carrello dei bolliti, iniziamo sorso dopo sorso ad abbinare il vino con ogni singolo taglio di carne, sia in purezza che con l’accompagnamento della salsa
verde, del rafano e della mostarda mantovana. Appare subito chiaro che le carni più asciutte e magre, da sole vengono coperte dal Kalterersee. Per quanto si possa provare a scendere di un grado o due del vino, si riesce ad abbassarne il sentore alcolico, ma non le durezze. Il 2023 vince e la sua persistenza in questo caso non si può domare. Cambia tutto quando si abbinano queste carni alla salsa verde, potente e aromatica, sapida e inebriante per il naso. Allora l’acidità del vino è vincente, ci soddisfa e pulisce bene il palato per la prossima boccata. I contrasti con la prova della mostarda portano a spasso in tandem le acidità del vino e le vibrazioni dell’essenza di senape, però la dolcezza della frutta presente, regala nell’insieme una sensazione di inebriante piacevolezza.
Il trionfo è però con le carni più grasse; dunque la scioglievolezza delle testine di vitello o l’opulenza del cotechino (o zampone e simili) ricevono beneficio dalla capacità che il Kalterersee Classico Superiore ha di pulire grazie alla sua acidità e alla forza alcolica. Richiede tempi più lenti, nel mangiare e nel sorseggiare, questo sì; ma è una cosa che non guasta affatto, anzi è un ottimo insegnamento. Mangiare lentamente significa gustare di più (e digerire meglio), alla faccia degli accaniti buongustai che vorrebbero sempre bere il cibo e masticare il vino! Dunque in bocca risulta un lavoro diverso dall’efficace e pure fulminea ossigenazione data dalle bollicine. E che portano anche a un consumo del pasto più frenetico, diciamo istintivo. Un Lambrusco tradizionale non avrebbe avuto l’aiuto dell’alcol, come nel caso di questo vino rosso, ma avrebbe acceso il nostro desiderio di mangiare un altro boccone grazie al palato riempito di perle rosse spumose e frizzanti che spazzano rapidamente via tutto.
Le altre etichette
L’incontro di questa estate con Thomas Scarizuola, enologo Kellermeister, è stato l’occasione oltre che per alcune anteprime, per confrontarci con gli altri vini della cantina di Caldaro, come il Pinot Bianco 2023 della Linea Classica; il Vial Pinot Bianco 2023, i Saleit Chardonnay 2023, il Leuchtenberg Kalterersee Classico Superiore (premiato alla Vernatsch Cup 2024 altoatesina), il Saltner Pinot Nero Riserva del 2021 e il Lareith Lagrein Riserva del 2021 per la Linea Selezioni; infine il Pinot Bianco e il Sauvignon del 2022 appartenenti alla linea top Quintessenz. La produzione della Kellerei Kaltern, che dal 2016 raccoglie sotto un unico tetto tutte le storiche precedenti grandi cantine del territorio, con un passato che risale al 1900, oggi include molte altre etichette e anche la particolarissima Project XXX-Unoaked, che possiamo definire la parte più sperimentale della cantina di Caldaro.