Valutazione
Pregi
- Una cucina contemporanea che partendo da una mano classica di impostazione francese, incontra sempre più ingredienti e tradizioni del territorio.
- La nuova sede ampia e luminosa.
Difetti
- Il quartiere, seppur centrale, non è dei più tranquilli, soprattutto la sera.
Una nuova sede per lo stellato etneo
Quando Alessandro Ingiulla aprí nel 2016 a Catania, con la compagna Roberta Cozzetto, il ristorante Sàpìo, ennesimo tentativo di dare una tavola fine dining al capoluogo etneo, in città la situazione ristorativa cominciava ad attraversare un periodo di risacca, cosa che periodicamente le accade. Otto anni dopo, una stella Michelin in più, Sàpìo ha anche, certamente non da solo, provveduto a ridare respiro a una situazione che speriamo vada oltre il buon stabilizzarsi attuale, per raggiungere nuovi traguardi in una città che con la ristorazione ha sempre avuto un rapporto tormentato. Intanto Sàpìo dalla scorsa estate ha una nuova sede: si è passati dall’originaria a due passi dal mare a una più vicina al centro storico, in un quartiere che ha bisogno di una riqualifica, alla quale il ristorante vuole contribuire, a partire dalla piazza dove si trova. Una bella sala ampia, dove il legno e i toni caldi prevalgono, una grande cucina dove è possibile mangiare nello chef’s table, un piccolo dehors dove prendere l’aperitivo, prospiciente alla cantina. E anche due camere che, prossimamente, saranno a disposizione degli ospiti.
Una mano classica si incrocia con la tradizione etnea
Qui si può gustare la cucina di Ingiulla che, partendo da un canone ben preciso, una mano classica di ispirazione transalpina, dove cotture millimetriche, salse e fondi di limpida esecuzione, incrocia materie, memorie e tradizioni del territorio etneo. Un percorso che con il passare degli anni si è fatto sempre più preciso a partire dalla panificazione per arrivare al prodotto: uno scampo servito praticamente nature, appena toccato da olio e sale, introduce ad esempio ad un gambero anch’esso crudo, abbinato ad un broccolo in tre versioni, gelatina, crema e “affogato” a richiamare un piatto fondante della gastronomia catanese. Così come il tocco di brace di Ingiulla nel Carciofo, cotto al vapore e poi finito in padella, servito con un olio alle erbe e con un intenso fondo tratto dagli scarti del carciofo stesso passati al fuoco. Il Risotto con formaggio di capra, scampi e liquirizia, al quale servirebbe forse un tocco di acidità in più e soprattutto i golosi Tortelli glassati all’acqua di zucca con foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi, cardoncelli e nocciola richiamano la classicità di cui si parlava all’inizio.
Classicismo che trova compiutezza nella perfetta cottura dell’AnimellaGhiandola corrispondente al timo umano presente in agnelli e vitelli che scompare con l’avanzare degli anni. Rientra tra le frattaglie bianche, si presenta come una massa spugnosa e va consumata fresca, altrimenti fermenta. La parte commestibile, di forma allungata, si definisce noce e, previa cottura, va immersa in acqua, ricambiandola ogni volta che assume un colore rosato, al fine di... Leggi di vitello alla brace, perfettamente irrorata dal suo fondo e completata dalla finezza vegetale della purea, territorialissima, di mela cola. A chiudere il cerchio il Piccione, che trova la perfetta compiutezza nei side dishes che lo completano: una tartelletta con mandorla e fegatini del volatile e un pancotto, dove affondando il cucchiaio, si incrociano lumache, tartufo e frattaglie.
Una Grand Table catanese!
IL PIATTO MIGLIORE: Animella di vitello alla brace, purea di mela cola, erbette amare e scorzonera.