Alpinn
Valutazione
Pregi
- La cucina: calzante e di valore.
- La spettacolare location.
Difetti
- L’apertura solo per pranzo.
Una filosofia totale
Che sia il St. Hubertus dell’hotel Rosa Alpina (Badia, San Cassiano) il palcoscenico principale della magistrale cucina di Norbert Niederkofler è noto. È lì, nella raffinatissima struttura della famiglia Pizzinini, che è nata e ha preso forma quella filosofia – nota come “Cook the mountain” – che ha reso celebre nel mondo il cuoco altoatesino. Ed è sempre lì che Niederkofler, anno dopo anno, ha affinato i principi teorici e i dettami tecnici, scoprendo infine – perché “Cook the mountain” è stato un “percorso“, come ammette lo stesso Niederkofler – che non solo di mera cucina si trattava ma di una forma “di pensiero e di azione” (ci scuserà d’Annunzio se prendiamo a prestito questa sua formula) che aveva, e ha, a che fare con il nostro approccio al mondo che ci circonda.
Sicché, almeno per il nostro Niederkofler, “cucinare la montagna” non significa spadellare da mane a sera patate e altri tuberi, chiudendosi in un piccolo universo fatto di stolido tramandamento. Ma passare da un’azione meccanica, quale è quella del cucinare, a una prospettiva di pensiero: “cucinare la montagna” significa quindi prendere coscienza della “natura intorno a te“, dei suoi abitanti, dei suoi cicli, delle sue forze, delle sue debolezze. In una parola, del suo ecosistema. Accettandolo. Rispettandolo. E prendendosene cura. Care’s, per l’appunto… Ripensare la cucina attraverso la montagna (ma potrebbe essere anche attraverso il mare, piuttosto che attraverso la pianura…) significa per Niederkofler tutelare il territorio e, attraverso ciò, contribuire a una crescita sostenibile dell’intero pianeta.
Rimanendo sul piano strettamente gastronomico-alimentare di Cook the mountain (benché l’aspetto filosofico e quello culinario non siano scindibili) l’utilizzo di prodotti locali, biologici e di stagione (“la natura è la mia dispensa naturale – dichiara il cuoco altoatesino – la migliore che potessi avere“), la riduzione al minimo possibile degli scarti e il sapiente utilizzo delle tecniche di conservazione (fermentazione su tutti) hanno permesso a Niederkofler di tracciare uno stile di cucina del tutto personale e identitario. Rinunciando sì ad alcuni ingredienti molto italiani (come, per esempio, l’olio extravergine, sostituito dall’olio ricavato dai vinaccioli) ma riportandone in auge altri ormai da tempo relegati ai margini. Non si pensi però al nostro cuoco altoatesino come l’eremita della montagna, perso dietro vacui sogni ambientalistici. Tutt’altro. È una natura «con l’uomo dentro» (Roger Scruton) quella di Niederkofler: e a testimoniarlo c’è il suo ultimo libro, “Cook the mountain”. The nature around you (München, Südwest, 2020, 2 voll., 396 pp.; 160 pp., 98 euro), peraltro stampato su cartamela, ottenuta dagli scarti delle mele, nel quale ci sono sì alcune decine di ricette ma che è soprattutto dedicato a illustrare il paesaggio alpino, raccontandone l’evoluzione della vita rurale e presentando alcuni dei suoi ‘eroici’ produttori di materie prime (agricoltori, allevatori, casari…). Perché, per il futuro del pianeta, sarà comunque l’uomo a fare la differenza, con i suoi comportamenti e con le sue scelte.
A Plan de Corones
Alpinn è un luogo che, per la sua forza evocativa (il panorama ha pochi eguali – Brunico, tutta la Pusteria, le vette di confine… – e lascia davvero a bocca aperta), ben rappresenta lo scenario nel quale si muove Niederkofler e ove prende forma il suo Cook the mountain. Ma è pure testimone di quanto sia per lui importante che la nuova generazione raccolga il suo testimone. Non è una novità: Niederkofler ha sempre creduto nei giovani, perché a loro spetterà sempre più prendersi cura del pianeta, guarendolo dalle ferite che le precedenti generazioni gli hanno inferto o che, quantomeno, non sono state capaci di curare. Giovani ai quali il cuoco altoatesino ha lasciato spazio nelle cucine (bastino due nomi, entrambi di estremo valore: Michele Lazzarini prima, e Mauro Siega ora) e nella sala (in Italia ci sono pochi professionisti del calibro di Lukas Gerges…) del St. Hubertus.
E pure quassù, all’Alpinn, ove Fabio Curreli mostra notevole capacità tanto nel proporre alcuni dei piatti storici del maestro (menù “Cook the mountain“, a 85 euro) quanto a declinare la filosofia in un suo più personale percorso di degustazione (menù “Alpinn“, a 75 euro). Percorso, quest’ultimo, che si dispiega lungo una linea stilistica netta e ben percepibile, basata sulla ricerca di un’ampiezza espressiva la più ampia possibile. I piatti, più che distinguersi per tecnica o complessità negli abbinamenti, tendono a presentarsi in modo lineare, quasi understatement, rivelandosi poi sorprendenti dal punto di vista della complessità aromatica, gustativa, di consistenza e di temperatura. E dipanandosi, l’uno dopo l’altro, lungo un filo di pulizia concentrato, ma non celebrale, sostenuto da lievi accenti amarotici forniti dagli ingredienti vegetali (per esempio la bieta e le coste). Sono poi le erbe aromatiche (aneto, acetosaL'acetosa o erba brusca è una pianta erbacea, perenne, provvista di una grossa radice, dalla quale, in primavera, si sviluppa un fusto eretto, semplice o poco ramificato di colore rossastro, può raggiungere l'altezza di un metro. La pianta contiene vitamina C, ossalato di ferro, acido ossalico e ferro. Ha un sapore acidulo e si usa in aggiunta alle insalate fresche,... Leggi, fieno…), le differenti texture (avvertibili soprattutto nel Ceviche
La cevice è una ricetta a base di pesce o/e frutti di mare marinati nel limone, uniti ad alcune spezie come il peperoncino e il coriandolo. Preparazione tipica della gastronomia di alcuni paesi dell'America Latina che si affacciano sull'Oceano Pacifico quali: Colombia, Cile, Perù, Ecuador, Panama, Messico, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica e Guatemala.... Leggi di montagna e nell‘Orzotto) e l’utilizzo di elementi con calori differenti all’interno della stessa pietanza (come per il ribes ghiacciato nei Fusilloni con salsa di selvaggina) a donare ai piatti una vividezza raffinata e invidiabile. E che va ben oltre le aspettative.
Il servizio, ad Apinn, affidato a giovani sorridenti, è attento e informale al contempo: capace da un lato di mostrarsi all’altezza della cucina, e dall’altro di mantenere comunque una bella atmosfera da rifugio alpino. A rendere ancor più piacevole la sosta anche la carta dei vini (costruita con l’aiuto di Gerges, e si vede!) che, presentando una scelta più che buona (con un focus particolare sulla produzione alpina), permette certo di trovare la giusta bottiglia.
La Galleria Fotografica:
Crema di ricotta, salsa agrodolce, polvere di bieta, chips di polenta. Selezione di pani e schüttelbrot. Uno dei migliori Sauvignon Blanc austriaci: il Ried Grassnitzberg di Manfred Tement, annata 2018. Ceviche di montagna: tartare di salmerino Trota Oro, le sue uova, chips della sua pelle, estratto alla mela e olio all’aneto. Orzotto Mulino Merano al formaggio caprino, polvere di coste e coste cotte a freddo in acqua e sale. Fusilloni Monograno Felicetti con salsa di selvaggina, ribes ghiacciato e acetosa. Bavetta di manzo (cotta a bassa temperatura nel roner e quindi finita al forno Josper) laccata al fieno, con polvere di pomodoro confit, fondo di manzo e purè. Insalata di rape rosse in accompagnamento. «Finto uovo sodo»: semifreddo di castagne su crumble, con yogurt, olivello spinoso e waffle. Uno scorcio della panoramica sala di Alpinn, con vista sulla val Pusteria e su Brunico.