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I Vini Nobili della cantina Poliziano

Vino
Recensito da Gianluca Montinaro

Poliziano e Montepulciano

Il territorio di Montepulciano è, in Toscana, fra i più vocati alla produzione enologica di qualità. La sua fama risale già a secoli addietro quando il Nobile – così si chiama, e non a caso, il vino qui prodotto – già era noto e molto apprezzato. A base sangiovese (clone Prugnolo Gentile, impiegato per almeno un 70%) coltivato entro i confini comunali, il Nobile è un vino che si distingue per caratteristiche ben specifiche, legate alla variegata espressività del territorio poliziano. Ciò significa che se alcuni tratti, come la struttura complessa e l’armonica eleganza, si dovrebbero sempre ritrovare di bottiglia in bottiglia, altri tratti variano a seconda del microclima (e proprio dall’assunzione di questa consapevolezza si sta modificando il disciplinare che, dal 2024, introdurrà in etichetta la dizione “Pieve” seguita dal nome di dodici località ben identificate, secondo rigidi principi di zonazione) e dello stile aziendale.

Fra la manciata di aziende di punta – Avignonesi, Boscarelli, Dei… – che tengono alto il vessillo della denominazione spicca, per la sua storia pluridecennale, la cantina Poliziano, proprietà della famiglia Carletti. Nata nel 1961, quando Dino Carletti, acquistò il primo nucleo di ventidue ettari di terra e un antico casale (tutt’ora affascinante “perno centrale” delle nuove strutture che si sono aggiunte nel corso del tempo), è stato poi grazie alla lungimiranza di suo figlio Federico – ancora oggi al timone dell’azienda, insieme alla moglie e ai due figli, giovani ma già assai preparati, Maria Stella e Francesco – che la Poliziano ha raggiunto la fama e le dimensioni (attualmente sono poco più di centocinquanta gli ettari coltivati a vigna) che la caratterizzano.

Alla fine degli anni Settanta, terminati gli studi in agraria, Federico comprese che era giunto il momento di imboccare la strada di un “rinascimento” del Nobile. La prima scelta fu di lavorare solo uve di proprietà, coltivate, curate e vendemmiate secondo rigidi criteri improntati alla selezione della migliore materia prima. La seconda fu quella di prendere a immaginare un Nobile che potesse incontrare “gusti internazionali”: tanto (ed era la missione più semplice) da parte di coloro che, da ogni luogo dell’Europa Occidentale, venivano in visita in Toscana, quanto (assai più difficile) di coloro che – pur non conoscendo de visu il territorio poliziano – avrebbero potuto apprezzare il Nobile sulle loro tavole. Nacque così il primo “stile Poliziano”, teso a sottolineare lo spessore, la struttura e il lungo affinamento del vino. Nel corso del tempo, ovviamente, la prospettiva è mutata, secondo gusti tesi all’esaltazione dei terroir, all’espressività specifica del vitigno autoctono e a maturazioni in legno più modulate.

Questo percorso («perché la cantina Poliziano, durante la sua storia, ha effettuato e tutt’ora sta effettuando un percorso», ricorda saggiamente il giovane Francesco Carletti) ha quindi portato alla individuazione e alla nascita dei cru Asinone (prima annata 1983; ora prodotto in 25.000 bottiglie circa) e Le Caggiole (prima annata 1988; ora prodotto in 6.000 bottiglie circa), oltre che alla continua modernizzazione della cantina, col fine di rendere sempre migliori i processi di vinificazione e affinamento, e al costante miglioramento delle pratiche agronomiche, col fine di perseguire un approccio sempre più rispettoso del terreno e della vite.

La degustazione

Nel corso di una recente visita in cantina e di una degustazione, condotta da Francesco, si è potuto assaggiare l’intera gamma dei Nobili insieme all’annata attualmente in commercio, la 2018, de Le Stanze, il taglio bordolese dell’azienda.

Prima di inoltrarsi nel racconto delle singole etichette va sottolineato un aspetto, non scontato: i cinque vini degustati hanno presentato fra loro una coerenza di “costruzione” (se si vuole di “filosofia”) invidiabile. Il tratto stilistico dei vini della cantina Poliziano è – infatti – ben riconoscibile e va ricercato nella articolata espressività delle durezze: nella mineralità, che ben “racconta” il terreno, e nel tannino, che invece “narra” l’uva. Beninteso, non sono vini squilibrati, che peccano di eccessi o difetti. Tutt’altro: ed è anzi il loro equilibrio interno, la loro coerenza, a permettergli di attraversare con nonchalance i dieci anni di invecchiamento e giungere senza problema anche ai venti. Sono però vini che, con una eleganza tutta loro, pongono in risalto, per chiara scelta, il loro nerbo, gli snodi essenziali (quasi “esistenziali”) della loro struttura. Vini imponenti, quindi, a volte quasi muscolari.

Questa impostazione appare già delineata nel Rosso di Montepulciano (80% sangiovese, 20% merlot, e solo quest’ultimo passa in legno di varie capacità; annata 2020) che, a differenza di quanto di solito avviene, la cantina Poliziano non produce declassando uve da Nobile ma da vigne individuate come le migliori per ottenere questa tipologia. Il vino, di un rosso rubino ancora carico di qualche sfumatura porpora, presenta un fine bouquet ove le note floreali tipiche del sangiovese (viola mammola) incontrano un fruttato maturo, note vegetali e una bella verticalità. In bocca il vino è agile: abbastanza morbido, abbastanza caldo, minerale e con un tannino di cui si percepisce la gioventù. Di corpo medio, si distende con equilibrio, con intensità e con una buona lunghezza che termina, di nuovo, su richiami minerali. 88/100

Il fratello maggiore del precedente, il Vino Nobile (95% sangiovese, 5% diviso fra colorino, canaiolo e merlot; annata 2019), è invece molto più strutturato e quasi dà un’impressione di palatina austerità. Qui il rubino diventa più scuro e la materia rotea nel bicchiere con maggiore densità. Il naso, ampio e fine, richiama da un lato, e più in profondità, le nuance descritte per il Rosso (notevole è la frutta a polpa, prugne e pesche, come anche una certa balsamicità), dall’altro aggiunge un ventaglio di aromi legati al passaggio in legno (barriques e tonneaux francesi). È al sorso, però, che il cambio di passo diventa più evidente: la mineralità (che si muove fra il carbone, la pietra e l’argilla) è imponente, il tannino fitto, la freschezza notevole. Sul palato, muovendo la lingua, se ne avverte poi la morbidezza, l’intensità e il corpo. La persistenza è notevole, con continui e sempre differenti ritorni minerali. 90/100

Il cru Asinone (l’etichetta che, forse più delle altre, ha reso celebre la cantina Poliziano) proviene dall’omonima vigna, con esposizione a Sud, dalla forma “a schiena d’asino” ed è 100% sangiovese (solo in alcune annate viene aggiunto un 10% diviso fra colorino e canaiolo). La particolarità di questo cru è il terreno argilloso che presenta un’alta concentrazione di magnesio e potassio. Ne nasce un vino pieno, muscolare e dal forte impatto minerale. Un vino “maschile”, quindi, le cui caratteristiche paiono più sottolineate che addomesticate dal lungo affinamento (diciotto mesi) in tonneaux francesi. L’annata 2019 si propone con un rubino impenetrabile, e quasi misterioso. I molti richiami olfattivi si scoprono poco alla volta con la nota verticale che spicca sul resto. Attorno ruotano il mondo dei fiori, della frutta rossa (ancora la prugna, accompagnata da piccole bacche) su sfondi balsamici e di sottobosco. La spezia si avverte fine e discreta, con un filo di chiodo di garofano e un nonnulla di tabacco. In bocca Asinone mostra tutti i suoi muscoli: l’alcol e i polialcoli (la morbidezza è tanta, come testimonia la doppia caduta degli ‘archetti’) si accompagnano a una mineralità spiazzante e a un tannino fittissimo e intrigante. Equilibrato, molto intenso, fine e persistente, Asinone è una etichetta che, per il suo spessore, chiama la tavola, in particolar modo le ricette e gli intingoli più celebri della cucina toscana. 91/100

Diverso è invece l’altro cru, Le Caggiole (100% sangiovese; annata 2018), etichetta che “gioca” sulle suadenze e sulle differenze. Qui il terreno è sabbioso, quasi un unicum a Montepulciano, e la vigna (esposta a Est) ha un’età media di circa quarant’anni. Il vino che se ne produce, di un bellissimo rubino scarico, si presenta con degli aromi assai complessi e molto fini: la viola si accompagna alla rosa, la prugna e la susina ai frutti di bosco (netta la mora di rovo), il fieno alla macchia mediterranea, la grafite allo scoglio, mentre le note terziarie (l’affinamento è di diciotto mesi in tonneaux francesi) sembrano ancora al di là da venire. Al sorso appare subito di enorme equilibrio: le morbidezze ben sposano la mineralità salina e il tannino perfettamente integrato. La prima piacevolezza, data da finezza ed equilibrio, e che invoglia al sorso successivo, trova conferma in fondo di bocca: la persistenza è lunga e articolata, e improntata a una sensazione di morbidezza complessiva. 92/100

La degustazione si è chiusa con un assaggio di Le Stanze (90% cabernet sauvignon, 10% merlot; annata 2018), uno fra i più noti tagli bordolesi toscani. Nato nel 1987 Le Stanze è un vino che racconta il territorio di Montepulciano “attraverso un paio d’occhiali francesi“, tenendo conto, quindi, di gusti internazionali, ma senza perdere la propria anima poliziana. Di un bel rubino carico, Le Stanze ha un prospetto olfattivo di tutto rispetto: intenso, complesso e fine si muove da sensazioni floreali (viola e rosa) e fruttate (ciliegia e mora), a tocchi erbacei (macchia) e minerali (grafite), passando per una bellissima speziatura che spazia dai chiodi di garofano al pepe nero (vinificazione e affinamento avvengono in barriques nuove francesi). Morbido e caldo, Le Stanze ha un tannino perfettamente integrato e una mineralità improntata a finezza ed eleganza. Di notevole intensità e persistenza gusto-olfattiva, il vino termina con suadenza, fra molteplici affascinanti avvolgenze. 92/100

1 Commento.

  • Sante Barbati4 Ottobre 2022

    Sempre interessante leggere i tuoi articoli

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