Passione Gourmet Lo Scudiero - Passione Gourmet

Lo Scudiero

Ristorante
via Baldassini 2, Pesaro
Chef Daniele Patti
Recensito da Gianluca Montinaro

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • La cucina, in crescita continua.
  • Il servizio preciso.
  • L’ambiente di grande fascino storico.
  • Il magnifico giardino all’italiana ove si cena in estate.

Difetti

  • L’assenza di parcheggio riservato.
Visitato il 04-2022

Uno scudiero che è ormai cavaliere

In ogni storia di cavalleria che si rispetti, il giovane scudiero, apprendista ai princìpi e ai segreti del portare le armi, diventa prima o poi cavaliere. È quello il suo destino: un percorso scandito in tappe di progressivo apprendimento che lo renderà degno di calzare gli speroni e vestire l’armatura. La materia di Bretagna e il ciclo arturiano, che hanno profondamente segnato la cultura aristocratica medievale e rinascimentale, ce ne presentano numerosi casi, in un florilegio di prove e scontri, duelli e tenzoni, che fanno maturare i protagonisti (il prescelto Artù, il superiore Lancillotto, il combattuto Perceval, il senzamacchia Galaad…) da giovani sprovveduti, e talvolta arroganti, a eroi predestinati a grandi azioni.

Noi gourmet ricordiamo bene l’esordio di un “giovane scudiero” della cucina, l’allora ventiquattrenne Daniele Patti, che con tanto coraggio, e altrettanta avventatezza, nel 2012 rilevò la gestione del glorioso Lo Scudiero (Pesaro), insegna che fra gli anni Ottanta e Novanta aveva contribuito a scrivere belle pagine nella storia della ristorazione marchigiana, giungendo anche a ottenere prestigiosi riconoscimenti (uno su tutti: la stella Michelin). Rammentiamo anche come nella solenne austerità del nobile Palazzo Baldassini – tutt’oggi di proprietà della omonima famiglia marchionale – il giovane Patti, scanzonato folletto tutto biancovestito avec la toque in testa, quasi apparisse elemento discordante. E abbiamo pure ben impresso nella mente come i suoi piatti, benché già buoni, apparissero ancora un po’ acerbi. Certo, qua e là si potevano leggere, nella filigrana, degli azzeccati abbinamenti, del consapevole uso degli ingredienti e del fine impiattamento, gli anni passati a Erbusco, dal divino Gualtiero Marchesi, e l’esperienza nelle cucine dell’eccelso Uliassi. Ma pure si coglievano alcune ingenuità e alcune incertezze date dalla giovane età.

Dieci anni sono passati da allora. E, senza tema di smentita, possiamo dire che quel “giovane scudiero” è ora un baldo cavaliere. Le ingenuità si sono trasformate in spunti di riflessione prima e in intuizioni poi. E le incertezze sono divenute pungolo di studio, e quindi conoscenze ben assimilate. Ma, su tutto, in questi due lustri, l’irruenza della gioventù ha lasciato spazio a una olimpica sicurezza, che ha fatto compiere notevoli passi in avanti a questa insegna. Nelle voltate sale dello Scudiero (o, in estate, nel magnifico giardino all’italiana che si articola dietro il palazzo) va ora in scena una cucina elegante e contemporanea, attenta al territorio e ai suoi prodotti, aperta a suggestioni e gusti foresti, di grande impegno tecnico ma scevra da forzature, costruita con materie prime d’eccellenza e dispiegata in proposte di grande impatto. A contorno anche il ristorante è mutato: l’attenzione ai dettagli (oggetti d’arte e di design, luci, tovagliato, stoviglie…) ha reso le sale molto più fini, il servizio (che procede sotto l’occhio attento di Dunia, moglie di Daniele, e del maître Giovanni Stupici) è molto migliorato, ora muovendosi con consumata maestria fra vassoi d’argento e cloche. E pure la cantina, all’inizio scarna, si è ampliata e arricchita con intraprendente intelligenza (a tal proposito merita una visita l’enorme e labirintica neviera del XV secolo che la ospita).

Dalle Marche alla Sicilia, passando per il resto del mondo

La carta delle vivande adesso proposta da Daniele Patti – insieme al suo secondo, Alessandro Furlani (quattro anni a Senigallia, chez Uliassi) – trae numerosi spunti dalla ricca tradizione di terra, e di mare soprattutto, della cucina marchigiana. Le olive all’ascolana, per esempio, si vestono “alla pesarese“, sostituendo alla tradizionale farcia di carne l’impasto dei passatelli (pangrattato, Parmigiano, uova, scorza di limone), mentre il profumo della cotenna della porchetta – altra tipicità – accompagna le raguse con spuma di patata e finocchietto selvatico. Ma la marchigianità – come scritto sopra – non è un limite. Su si innestano alcune inflessioni sicilianeggianti (a cui Daniele, che è nato in provincia di Messina, e lì ha vissuto fino all’età di dieci anni, dedica uno specifico percorso “Vieni in Sicilia con me“) rilette secondo canoni d’alta scuola – come l’eccellente Crépinette di agnello con burro alla nocciola, miele e bietola – oltre a talune suggestioni e ricordi di viaggio in paesi esotici.

L’imperativo categorico che sussume il tutto rimane comunque uno, e uno solo: tenere bene al centro il senso del gusto. I piatti, tutti indistintamente, oltre già a presentarsi con un invitante profilo aromatico (come per gli squisiti Cappellacci ripieni di formaggio caprino con astice e zenzero, o per il soave Sorbetto al mango con frutto della passione e soffice al cocco), si dipanano in un bell’equilibrio fra sensazioni talvolta iodate (come nei casi della azzeccata Panna cotta alle ostriche con crema allo scalogno e caviale di uova di lompo, o della magnifica Ostrica ripiena di ricciola con spuma di peperoni friggitelli e semi di lino), talvolta acide (Scampo, limone, granita al basilico; “Attraversando lo Stretto di Messina“, ovvero cotoletta di pesce spada con spuma di caponata e gel d’arancio), talvolta clorofilliche (“Il 19 marzo a Ramacca“, ovvero pasta mista al macco di fave e finocchietto), richiamate però all’ordine, in fine di bocca, da piacevoli rotondità e modulate tendenze dolci, unite a grande nettezza gustativa.

Non mancano citazioni d’alto classicismo, come la Lepre à la royale, vivacizzata da lampone e caffè, e il Filetto alla Rossini con tartufo (siamo a Pesaro, patria del celebre compositore!), eseguito secondo la lezione filologica impartita dal divino Marchesi. Infine i golosi uno spazio, e magari anche due, per i dolci dovrebbero tenerlo: la proposta, assai variegata, merita l’assaggio anche perché – nota di merito ulteriore – non è mai stucchevole, neppure nelle proposte a base di cioccolato, sempre bilanciate dalla presenza di frutta.

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