Un Meursault alla tavola di Lorenzo
Dato a Dio quel che è di Dio, si deve a Cesare quel che è di Cesare. E a Cesare – in questo caso Matteo Tognetti – va dato atto e merito di aver “scovato”, negli anfratti della variegata produzione borgognona, un produttore tanto poco noto, perlomeno in Italia, quanto di valore.
Sovrintendendo a una cantina fra le più ricche del nostro Paese, quella del blasonatissimo ristorante Lorenzo (Forte dei Marmi), Matteo – compagno di Chiara Viani, figlia del grande Lorenzo – conosce bene i “miti” della Cote d’Or e i loro preziosi Cru: bottiglie che, ogni santo giorno, non manca mai di stappare ai tavoli di questo santuario della cucina italiana. Una passione, quella per la Borgogna, che Matteo condivide con il “maestro” Lorenzo, e che lo ha portato, nel corso di numerosi pellegrinaggi transalpini, a individuare alcune etichette particolarmente meritevoli di figurare in carta a fianco ai “grandi nomi”.
Fra queste, desidero raccontare il Meursault “Les Genévrières” di Yves Boyer-Martenot, nell’annata 2019, recentemente assaggiato in abbinamento ai sontuosi piatti di pesce e crostacei che da sempre contraddistinguono la proposta del locale versiliese.
La degustazione
Il Domaine Yves Boyer-Martenot ha sede a Meursault ed è attualmente diretto dalla terza e dalla quarta generazione della famiglia Boyer. La proprietà si estende su circa dieci ettari, principalmente concentrati a Meursault, ma con possedimenti anche a Puligny-Montrachet, Auxey-Duresses e Pommard. Va da sé che è proprio Meursault a essere largamente rappresentato nella gamma produttiva, con ben nove etichette.
I vini sono frutto di un minuzioso lavoro in vigna, improntato a metodi tradizionali. I grappoli sono raccolti a mano e pigiati delicatamente. Dopo la fermentazione a temperatura controllata il vino passa per diversi mesi in uova di cemento e quindi affina in botti di rovere, prima di essere messo in bottiglia.
Nel caso di questo “Les Genévrières” ci si trova davanti a una interpretazione improntata a pienezza e generosità (tratto distintivo dell’annata 2019, ritenuta da molti una delle migliori degli ultimi decenni) calibrati però da una vibrante combinazione di acidità e fine mineralità. Nel bicchiere colpiscono il colore, un bel giallo paglierino, e quindi il notevole bouquet olfattivo che, scevro da timidezze, procede con sicurezza scandendo, con finezza e intensità, aromi floreali, fruttati, erbacei, minerali e speziati, senza però stucchevoli ridondanze nocciolate e burrose. Beninteso, non che non siano presenti ma solo in quella misura contenuta che produttori mitici come Lafon, Roulot o Coche-Dury (i cui filari di Genévrières sono giusto a fianco a quelli di Boyer-Martenot) ci hanno insegnato ad apprezzare. E che, con il loro discreto capolino, siglano i grandi Mersault.
In bocca, infine, il vino appare teso ed equilibrato, con la materia glicerica ben sostenuta dalle parti dure. Ancora una volta sono la finezza e l’intensità a conquistare, sapientemente gestite in una struttura di medio corpo che pare esaltare più l’eleganza che la muscolosità. Una estrema pulizia e una bella rotondità in fine di bocca invogliano subito al sorso successivo, sfuggendo con piglio a qualsivoglia slabbratura o pesantezza.
Superba recensione. Complimenti Gianluca…