Passione Gourmet Vent'anni di Testamatta - Passione Gourmet

Vent’anni di Testamatta

Vino
Recensito da Leila Salimbeni

Vent’anni di Bibi Graetz

Ritorno a Fiesole in anticipo di qualche tempo rispetto all’anno scorso quando, in auto da Firenze, al posto di Testamatta andavo a degustare i primi vent’anni di Colore e mi stupivo per l’infilata di glicini in fiore aggrappati in ogni dove, anche sui cipressi. Quella di oggi, invece, è una giornata fredda che la luce dell’inverno, benché ancora per poco, imperla di un bianco adamantino e tutti i fiori sono ancora avviluppati nei loro boccioli marzolini.

In Piazza Mino le raffiche di vento tolgono il fiato. Così scendiamo subito, senza convenevoli, fino all’ingresso della cantina raso strada dove ci aspetta il padrone di casa, Bibi Graetz, cui l’attributo non è affatto eufemistico giacché lui vi dimora davvero, al piano superiore, con l’intera famiglia. Casa e bottega, dunque? Di più, perché grazie all’avventura di questo forestiero “un po’ fuori di senno” al centro di Fiesole è stato restituito il momento collettivo della vendemmia, e perfino la piazza, tramite lui, torna a gremirsi di maestranze di varia natura, tutte legate alla cultura del vino. 

Siamo all’interno di quello che fu lo storico Albergo Aurora, costruito nel 1860 da un altro forestiero, Sir W.B. Spencer. Qui, gli spazi al pian terreno sono occupati da una curiosa bottaia diffusa mentre la sala di vinificazione è stata ricavata nelle sale di quella che, negli anni ’90, era la discoteca del paese, con tanto di sfera stroboscopica ancora lì, attaccata al soffitto a mo’ di memento.

La giornata di oggi, comunque, è essa stessa memento e precisamente di quando, vent’anni orsono, Bibi Graetz vinificò per la prima volta i frutti del vigneto di famiglia in quel di Vincigliata.

Sin da allora, il vino per lui è stato un modo per esprimere prima di tutto se stesso e, con esso, l’aire du temp, così come dimostra il contrasto tra le prime annate, muscolose, estratte, imponenti, e le ultime, rarefatte, delicate, cesellatissime: una natura plasmata coi cambiamenti del costume e della società, con la 2012 a fare da spartiacque.

Sono vini, questi, antropomorfi e, come tali, riconosciuti dall’uomo che sin dall’inizio ha amato specchiarvisi, anche narcisisticamente, come dimostrano i tanti riconoscimenti ricevuti: nel 2001 quando Testamatta vinse il premio come miglior vino al mondo a Vinexpo; nel 2006 quando la stessa consacrazione arrivò da Wine Spectator e, ancora, nel 2018, coi 100 punti da Decanter, tanto che dal 2021 sia Testamatta che Colore – i due vini di punta aziendali – incominciano a beneficiare del sistema di distribuzione più raffinato al mondo: quello promesso da La Place de Bordeaux.

Due decadi, insomma, in cui vino e uomo si sono assimilati in un processo di identificazione totale, e così eloquente da raccontarci con pari efficacia tanto dell’uno quanto dell’altro. Come suggerisce il comportamento – o portamento – di ogni bottiglia, mutevolissimo pur nella costanza di una selezione di Sangiovese – quasi sempre in purezza – le cui uve provengono dalle viti più vecchie delle colline del Chianti Classico, come Lamole e Montefili. Ma vi partecipano anche la succitata Vincigliata e poi Olmo, Londa e Siena, per un totale di sei appezzamenti vendemmiati in maniera scalare, fino a nove volte.

Una seconda cernita viene poi fatta in cantina prima della diraspatura, cui segue la pigiatura soffice e quindi l’innesco di fermentazione tramite lieviti autoctoni in barrique aperte, botti o tini d’acciaio, senza alcun controllo delle temperature ma con anche sei follature manuali al giorno. Quindi, dopo una macerazione di circa 7-10 giorni a seconda dell’annata, ciascuna parcella viene travasata in botte o barrique, dove matura per circa 20 mesi.

La verticale di Testamatta

La degustazione dello scorso 8 marzo si è svolta come la precedente, dedicata a Colore, simultaneamente in 12 città del mondo e sei fusi orari diversi (Lisbona, Oslo, Vienna, Zurigo, Bordeaux, Fiesole, Londra, Shanghai, Singapore, Tel Aviv, Seoul e Dubai).

2000

Mistico, vanta profumi di incenso da chiesa, fiori secchi e balsami orientali, e a poco a poco rilascia commoventi eco di violetta e, ancora, frutto rosso. Simile freschezza al palato, dove l’evoluzione del tannino si materializza in una percezione piccante affatto calda e in un sorso succoso, salato, slanciato. L’integrità è commovente ma già lo dimostra, alla vista, la distribuzione serica dei pigmenti che, nel calice, brillano di un rosso ancora acceso. 93/100

2001

Note di agrumi e bacche di vaniglia, mentuccia, prugna quasi essiccata, antro di cantina. È più generoso del 2000 e, al contempo, più bizzarro, pur vantando una invidiabile profondità e un toccante legame col mondo da cui proviene, fatto di flora e fauna. La sapidità è accesa e quasi tagliente e pervade una materia indiscutibilmente carnosa e carnale, che s’infittisce man mano che si beve. È tra i più sapidi della giornata. 90/100

2002

Un’annata disastrosa, i cui effetti si sentono in questo vino speziatissimo di pepe Timut e paprika e abitato da nette note di erbe aromatiche, dragoncello su tutte. È quello che mostra più evidenti i segni del tempo tanto che, al netto di una sapidità molto viva e saporita, lesto svapora. s.v.

2004

Una pietra miliare e per l’azienda e per l’intera batteria: il 2004 fu, infatti, l’anno in cui Bibi Graetz cominciò a seguire il processo di vinificazione in totale autonomia. Molto lungo il ciclo vegetativo, con vendemmia posticipata di 15 giorni, ne sortisce un blend di Sangiovese e Canaiolo (20%), oggi dettagliatissimo: una cornucupia di agrumi (arancia rossa soprattutto, anche con la sua scorza) e rose bianche, e poi spezie mediterranee. Il palato è teso, tonico ed energico, succoso e salato e, soprattutto, ancora in potenza. 94/100

2005

Più ombroso, il primo naso parla di grasso di officina e terra per comporsi, poi, in foglie non infuse di tè nero e tabacco, e si fa generoso, in chiusura, di polpe di more e mirtilli. L’annata fredda e forse il blend (oltre al Canaiolo c’è anche il Colorino, col Sangiovese) restituiscono un vino che esaspera ulteriormente la tensione del 2004, tanto che pare doversi ancora distendere. Il sale e le spezie volteggiano su un succo ancora di frutto. 92/100

2006

Un’annata di agoni e contrasti, che si riverberano in un vino dal comportamento dicotomico, fatto di repentine chiusure e aperture vertiginose. Dapprincipio florealissimo, vira poi verso un tabacco austero e una piccantezza già olfattiva di tabasco. Il palato è potente e strutturato, ma severo, benché ammorbidito da un guanto di tannini vellutati e quasi cremosi. 86/100

2007

All’olfatto la 2007 è il compendio di quanto assaggiato finora: espressivo e trasognato di zagara, tabacco, cioccolato e violetta, al palato colpisce la delicatezza e, al tempo stesso, la lunghezza delle percezioni. Un vino solo apparentemente semplice, di straordinaria progressione e, dunque, bevibilità. Il retrolfatto parla, ancora, di fiori, in particolare di incenso indiano (spento). 91/100

2010

Considerata una grande annata in Toscana, l’aumento delle temperature appena prima della vendemmia ha concentrato il succo, imprimendo maggior concentrazione e struttura. Ne sortisce un olfatto non particolarmente espressivo che, solo col tempo, mostra note di essenza di arancia e china. Il tannino, ancora un po’ iracondo, inaridisce le fauci pur rilasciando potenti profumi di agrumi, tabacco e salgemma. 90/100

2011

Molto borgognone nella natura aromatica, l’annata 2011 restituisce un vino speziato e sottile di fiori, lamponi e pepe Timut. Al palato ha slancio e ascensionalità, retrolfatto molto potente e definito, ancorché poco consistente nel corpo e rarefatto nella persistenza. Piacevole e lezioso. 88/100

2012

Se dopo la 2009 s’intuisce la volontà di Bibi di sposare uno stile più delicato, fatto di minor estrazione e una certa stilizzazione delle caratteristiche delle annate, con la 2012 siamo precisamente a cavallo tra questi due stili interpretativi. L’olfatto è vivo di esotismi: l’incenso indiano torna a raccontare storie di fiori – frangipane – tabacco e spezie. Al palato è una festa di agrumi e tannini succosi, salati, adesivi. C’è slancio e potenza, nonché la promessa di sensibili e ulteriori evoluzioni future. 95/100

2013

Le gelate di aprile hanno concentrato le rese. Ciò si riflette in una sensazione di concentrazione evidente, già all’olfatto, di agrumi, come di tamarindo. Molto maschile il repertorio olfattivo: tabacco trinciato, menta piperita, grasso di officina si riverberano anche al palato, intrigante e compatto, teso e concentrato. Un vino irresistibile e viscerale, come un amore non corrisposto. 89/100

2015

Un vino mite, figlio di una stagione equilibrata e senza estremi, né d’inverno né d’estate. Al naso è molto trasognato, di agrumi, vaniglia, e una traccia ematica. Con quest’annata si entra di diritto nel regno della giovinezza di Testamatta e, come tale, gli si perdonerà tanto la timidezza quanto l’eccesso di zelo. Al palato, in particolare, è spensierato, e fa balenare alla mente le scorpacciate di ciliegie e il sale sulla pelle dei primi bagni d’estate. Innocente. 93/100

2016

Un’altra bellissima annata, foriera di una progressione vegetativa perfetta. Una “felicità” che si materializza in un olfatto primaverile di glicine, violette e amarena, con un’incantevole nota vinilica. Ha la stessa bellezza trasognata del 2015, ma con un nucleo profondo più duro, vivo di un’energia propulsiva e salata. Già affascinante, è lapalissiano l’incredibile potenziale. 94/100

2018

Un’annata borgognona il cui assemblaggio fu concepito nel raccoglimento del lockdown. Già al naso si intuisce la quiete e, al contempo, l’aspettativa: i profumi sono tersi di ciliegie ed erba tagliata, c’è la durezza salace della 2016 in un mosaico di grande espressività floreale, di rosa rossa e di viola. Ne sortisce un vino profondo e conturbante, gioioso ma chiaroscurale, profondo. Al palato è inizialmente titubante poi si infittisce regalando un sorso succoso e salato, che s’irradia di una luce calda e speziata. Ancora in divenire, ma già bellissimo e, soprattutto, pacifico. 95/100

2019

L’annata dell’anniversario sublima tutti e 20 gli anni di esperienza di Bibi Graetz che, oggi, tende soprattutto all’eleganza. Musa o chimera che sia, complice l’annata equilibrata ed equanime nella distribuzione degli eventi atmosferici, il 2019 svela la sua istanza narrativa nella grande freschezza e nella cesellatura di spezie e fiori. Ancora giovanissimo, irretisce per quello che, soprattutto, promette. 92/100

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