Koks

koks

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

18,5/20

PREGI
Una cucina autoriale ma che racconta perfettamente il territorio.
Il luogo in cui si trova.
Un beverage pairing che sa entusiasmare ma anche coccolare l’ospite.
DIFETTI
Difficile arrivare, difficile trovare un tavolo.

La bellezza dell’Isolamento del gusto

L’incertezza nel raccontare un’esperienza come questa, al ristorante Koks, narrando dettagliatamente e, al contempo, mantenendo il rigido numero di battute nell’evitare l’eccesso romanzesco, lo diciamo fin da subito, sarà arduo. Diverse sono state le avventure gastronomiche del Grande Nord raccontate nei nostri resoconti, ma questa volta forse, una su tutte, sembra porsi nell’Empireo delle grandi. Giorgio Manganelli giornalista, saggista, docente con tanti altri ruoli letterari ricoperti, descrisse nel suo mitico viaggio le isole Faroe come: “cerimonie delle pietre, riti marini, esorcismi del vento e delle nubi… Gotiche cattedrali”. Montagne verde smeraldo le cui cime inturgidiscono nello scontrarsi con l’oceano Atlantico, delineano uno dei passaggi più affascinanti ed empatici che l’occhio umano possa contemplare in mistico silenzio.

Lungo il 62° parallelo, un visionario cuoco Poul Andrias Ziska, dopo la gavetta tra i ranghi europei delle grandi maison del culto gastronomico, fa ritorno in questo arcipelago remoto, creando il Koks. Qui svettano prestigiosi i due macarons che la Rossa ha deciso di assegnare, tra crinali e greggi di pecore ad ogni angolo. 50.000 persone in rapporto alle 80.000 pecore presenti in tutto l’Arcipelago. Il ritrovo sulla spiaggia del lago Leynavtn, sull’orizzonte in arrivo un Defender, che nei suoi 10 minuti di tragitto (scosceso) porta i suoi avventori, in quello che Ziska ha reso il suo regno remoto. Isolato nelle isole appunto, a tratti quasi inaccessibile. L’ingresso nella tipica casa del luogo, nera, con i tetti ricoperti dall’erba, all’ingresso il focolare acceso regala l’inconfondibile calore nordico dal sobrio fascino.

Elegante e materico incontro con le profondità dell’Atlantico

L’appuntamento qui è con la materia prima: l’Atlantico nella sua ricchezza regala vongole centenarie, alghe, ricci da antologica cremosità fino a scampi che, nelle profondità oceaniche, trovano la loro massima espressione. Il concetto di uovo tra terra e mare nel servizio del riccio tocca vertici tecnici altissimi sfruttando le diverse texture, con il tuorlo marinato tra soia e olio di prezzemolo unito all’albume leggermente maturato nel mirin. Tale base sostiene il vigore del riccio nella sua piccata, dolcissima salinità. Di necessaria virtù con l’apparente isolamento dato dal luogo, lo stesso ingrediente muta le sue declinazioni. Se gli scampi spaziano in due servizi viaggiando tra maionesi di carapaci arrostiti, il brodo umamico a base di patate dolci fermentate svela una freschezza atavica di un pomodoro, che non potrebbe mai trovare casa alle Faroe. Il merluzzo, poi, rilancia la sua espressione in quattro atti. Interiora, sandwich, pelle soffiata, filetto, uova. Tutto arriva dallo stesso, ma con esiti diversi ma minuziosamente calibrati.

E poi, ancora, l’agnello che rappresenta l’espressione ultima, forse la più alta, di queste leggendarie Föroya. Il linguaggio stesso di questo popolo mostra come il gusto sia studiato in maniera quasi caleidoscopica: esistono, infatti, almeno 30 parole diverse in feringio per descrivere le diverse nuance dell’umami. Nuance di cui le carni di queste pecore riflettano l’essenza a seconda della vita trascorsa – e brucata – su un’isola piuttosto che un’altra. C’è differenza, infatti, tra alta quota o scogliera, microcosmi aromatici che spalancano le porte, peraltro, anche alla tecnica ancestrale del ræst, ossia del riposo nelle hjallur, ovvero casette abbarbicate tra il mare e la montagna dove i venti marini invernali fungono da cesellatori del gusto per ciò che, di fatto, è una vera e propria stagionatura controllata solo esclusivamente da aria e mare. Il risultato, dopo un anno di maturazione, trascenda la replicabilità tecnica o esecutiva e contempla un primo servizio nella sua originale maturazione accompagnato da licheni e maionese di funghi, a mo’ di nigiri nordico, nel secondo caso è cotto nel suo stesso fondo bruno e completato con crema di topinambur, frutti rossi, timo artico e porri arrostiti. Un piatto da knock out sia tecnico che umamico.

Ci abbiamo provato a rispettare un numero di battute così tiranno. E sappiamo altresì che è impossibile condensare il sentimento che Poul Andrias Ziska con tutto il suo team di 30 persone condensa ad ogni servizio al Koks: l’ineccepibile l’eleganza di quanto sia bello, e buono, (è il caso di dirlo uscendo dalla sua usuale accezione negativa) il gusto isolato di questi luoghi.

Un’esperienza da vivere.

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Giacomo Bullo

Prima come cuoco, annoverando esperienze nel campo gastronomico fino al foraging nostrano, oggi come narratore amante del buon cibo in tutte le sue forme ed espressioni. E’ convinto sostenitore dell’esistenza, in qualche dizionario sconosciuto, della gastrofilia: nei suoi racconti, il tentativo di definirla. Let’s do it!

4 Comments

  1. gianluca ha detto:

    che assoluta bellezza.

  2. nicola ha detto:

    Commentando alla michelin, vale il viaggio 🙂

  3. Kingo ha detto:

    A mio parere qualità del pesce superiore perfino dei grandi in Giappone
    Vongola centenaria pazzesca ……
    Scampo oltre il concetto del pesce
    Noto che però non viene servito più L’agnello in modo tradizionale possibile……sarebbe un peccato…
    Un esperienza da fare

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

18,5/20

PREGI
Una cucina autoriale ma che racconta perfettamente il territorio.
Il luogo in cui si trova.
Un beverage pairing che sa entusiasmare ma anche coccolare l’ospite.
DIFETTI
Difficile arrivare, difficile trovare un tavolo.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menu degustazione da 355€

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