Miramonti l’Altro

VALUTAZIONE

Cucina Classica

17/20

PREGI
Una cucina di grande classe ed eleganza.
I prezzi delle degustazioni.
L’intesa e l’armonia tra la cucina e la sala.
DIFETTI
Con la sala piena si perde un po’ di intimità.

La riconferma di una tavola che riesce sempre a stupire

Il Miramonti l’Altro è, da anni, un avamposto saldo e rinomato per tutti i gourmet itineranti.

La classicità proposta all’ennesima potenza è un marchio di fabbrica che Philippe Léveillé, coadiuvato dall’imprescindibile apporto della sous-chef Arianna Gatti, non smette di perseguire con un’eleganza e una perizia tecnica semplicemente squisite. Dati i presupposti, poteva quindi sorgere una domanda: cosa aspettarsi ancora (e di più) da una cucina con un’impronta così ben delineata?

La riconferma, avremmo potuto pensare di prim’acchito, e in parte avremmo avuto ragione. Ma non totalmente perché fermandoci a questo assunto ci saremmo incamminati lungo il sentiero dell’ovvietà, mentre il Miramonti è riuscito a stupire sfornando un coup de théâtre che solo uno chef dal palato fine e intelligente come quello del bretone Philippe poteva garantire. Sì, perché nella nostra visita abbiamo (ri)provato il piacere della riconferma filtrato attraverso il registro della rivisitazione.

Nella prima parte del percorso siamo infatti rimasti sorpresi e compiaciuti nel saggiare una cucina fondata su portate aventi una freschezza e una pulizia semplicemente irresistibili. E a ciò si è unita una predisposizione a un aspetto ludico delle preparazioni, un camouflage estetico, che ha svelato una natura della proposta lieve e scherzosa, atta a coinvolgere attivamente la vista. Non a caso il menù si chiama “Sapori e colori”.

 Un menù diviso tra freschezza e robustezza, in perfetto equilibrio

In tema di “freschezza ludica” abbiamo cominciato con un ottimo Volevo essere un pomodoro, dalla matrice estetica di vesuviana memoria, con all’interno una squisita rotondità di tartare di gambero rosso ed emulsione di burrata, smorzata in chiusura da un gazpacho in guarnizione e un sorbetto al basilico d’accompagnamento.

Secondo step con le alici nel giardino delle meraviglie, rivisitazione culinaria del classico di Lewis Carroll, splendido quadro composto da verdure marinate e farcite con maionese ai funghi e alle acciughe e salsa verde. A chiudere e donare lunghezza, un nuovo sorbetto, stavolta di Bloody Mary.

Cetriolo, ostrica e lime si è rivelato un altro piatto completo sotto tutti i punti di vista grazie al contrasto di consistenza tra il vegetale e il mollusco, a cui poi si è aggiunto un ottovolante di rimbalzi tra lo iodato dell’ostrica, l’acidità della marinatura in miele e aceto del cetriolo e la spuma di acqua di ostriche e lime, a garantire struttura all’insieme. La nota alcolica del mini Moscow Mule ha completato il quadro.

Se la prima parte del menù ha stupito per pulizia e inventiva, nella seconda il registro ha dato vita a una proposta caratterizzata da struttura e rotondità.

Intorno al coniglio ne è stato un esordio fulminante: un wafer croccante ha accolto la pancia e le interiora fredde del leporide con puntarelle e fiori eduli a chiudere il cerchio. Morbidezza delle carni, persistenza delle frattaglie, amaricante della parte vegetale e croccantezza del wafer hanno costruito una portata di un equilibrio disarmante.

Ma era solo il preludio di quello che è stato il miglior piatto del servizio: animella come un capretto al coccio. Portata semplicemente magnifica, emblema delle competenze tecnico-concettuali del suo ideatore e dello staff che lo aiuta. La ghiandola, scottata e lasciata riposare una notte nel latte, è stata terminata in padella con burro e fondo di capretto: il risultato? Uno splendido gioco di consistenze delle carni tra croccantezza esterna e morbidezza interna, a cui ha fatto seguito una lunghezza dai toni affumicati semplicemente micidiale. Piatto elegante, preciso e indimenticabile.

Un plauso, quindi, a quest’ottima tavola, al suo chef e al giovane staff, perfettamente sincronizzati nel regalare al commensale un’esperienza davvero emozionante. Chapeau!

La Galleria Fotografica:

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Picture of Gianpietro Miolato

Gianpietro Miolato

Di formazione letteraria, è affamato di buon cinema e buona cucina. L’avanguardia come obiettivo primario, ma con occhio vigile sulla tradizione. Tempo libero e chilometri sono investiti nella ricerca della tavola che sappia sedurlo più della precedente.

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

17/20

PREGI
Una cucina di grande classe ed eleganza.
I prezzi delle degustazioni.
L’intesa e l’armonia tra la cucina e la sala.
DIFETTI
Con la sala piena si perde un po’ di intimità.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione: 5 portate 90,00 €; 7 portate 120,00 €.

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