Passione Gourmet Inkiostro - Passione Gourmet

Inkiostro

Ristorante
Via S Leonardo, 124, Parma
Chef Terry Giacomello
Recensito da Leila Salimbeni

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Il sapore del nuovo.
  • Dopo ben 21 portate, una misteriosa sensazione di leggerezza.

Difetti

  • Il pane che, ancorché impeccabile, è l’elemento meno coerente del menu degustazione.
Visitato il 06-2019

Chi vuol esser Terry Giacomello 

La più eccezionale, genuina e profonda assenza di piaggeria caratterizza, da tutte le angolazioni la si guardi, la cucina dell’allievo di Ferran Adrià Terry Giacomello. Lui che, mai come in questo momento storico, sembra star interpretando Terry Giacomello in “Terry Giacomello”, un film di Terry Giacomello sulla vita di Terry Giacomello… un quadro espressivo di grande coerenza, quello in cui opera e in cui si esprime, di cui solo il set costituisce, a un occhio attento, l’elemento difforme.

Un’individualità espressiva tale, la sua, da farlo diventare meta di pellegrinaggio dei più importanti chef della nazione attirati forse da una cucina che, unanimemente, s’è guadagnata il titolo di avanguardia e come l’avanguardia è libera dall’imperativo di piacere e, men che meno, dal tacito assunto che vorrebbe la cucina dover essere sempre buona o, comunque, almeno appetitosa, se non al palato di certo alla vista. Nossignori, lui se ne infischia e, quando non si fa applaudire, riesce a far sospendere il giudizio nei suoi confronti portando l’ospite a pensare che solo un ottuso potrebbe criticarlo perché una persona assennata e, soprattutto, una persona sensibile non apprezzando uno dei suoi piatti concluderebbe semmai di doverci riflettere sopra… 

Il nuovo menu 19 Vibrazioni colpisce per la quasi totale assenza di colore, spesso utilizzato, da altri, in maniera iperbolica, strumentale o, peggio, ruffiana. La sua tavolozza è quasi sempre neutra come se lui, del colore, non ne avesse alcun bisogno. E ciò è propedeutico a un’altra grande assenza, forse la più grande, l’assenza più presente di tutte: quella delle stagioni, ovvero del tempo, e del territorio, ovvero lo spazio. È una cucina che toglie tutti i riferimenti e che, nella successione di 21 portate – abitate peraltro da ingredienti e combinazioni più che fantastiche, fantascientifiche – pur articolando un livello di complessità altissimo è percepita dall’organismo come leggerissima. Ci si alza dal tavolo affatto appesantiti e né confusi, ma vivaci, tanto nel corpo quanto nello spirito.

Una sintassi senza gerarchia

Ciò detto, lo chef dimostra di sottostare almeno a una regola: benché nella pressoché totale assenza di piatti canonicamente inquadrabili nella categoria di antipasto, primo e secondo (quelli che vedete in galleria – risotto e torta di mele, per dirne due – non erano parte del menu degustazione ma sono stati aggiunti dalla carta), c’è una gerarchia, una sintassi tra le portate che, appunto, ne disegna la cornice interpretativa tratteggiando il significato dell’esperienza con un’efficacia infallibile. 

L’incipit è sulle corde del croccantisismo con l’esofago e le zampette di gallina; del soffice e del deflagrante – in una nuvola di voluttà, per essere precisi – col krapfen di patata soffiata, la sua spuma affumicata e il cotone di faraona. Interlocutorio il Kombu-Parma che, secondo noi, pure troppo concede alle tentazioni del rancido, soprattutto se associato a un supporto gelatinoso come quello del grasso culatello, mentre ritorna sulla traccia dell’irresistibile col Canapè di coniglio, cervelletto fritto e paté di fegatini. Intermezzo vegetale con l’Insalata Folle, un crescendo di amaro, acquoso, balsamico e tonico giustapposti cui seguono degli eccellenti – ed eruditissimi – Ravioli di bottarga, miele di olmo, crema di topinambur, olio di levistico e lulo. 

Medesime tentazioni del Kombu-Parma in altre due portate ma molto più definite e più fragranti: la Patata millenaria, una patata cotta a 70°C per 12 ore che occhieggia all’idea stessa della putrefazione, esasperata nell’eccezionale Limone dimenticato, ammuffito con l’ausilio del penicillium roqueforti e farcito di una meringa all’italiana con infusione di scorza di limone bruciato. Esilarante, infine, il Terryedibile, un momento di sincera ironia, e auto-ironia, come ci si aspetta dalla migliore avanguardia artistica. 

A un passo dalla cima

Per il livello di consapevolezza, la tecnica e la ricerca condotta sulla materia, Terry Giacomello si colloca  a un passo dal lambire la cima di una vetta che lui stesso ha creato. Come spesso accade in questi casi, però, il sabotaggio è dietro l’angolo, ed è quasi sempre autoinflitto: con la speranza che questo gigante della cucina italiana contemporanea trovi presto una sua pacificazione, interiore oltre che abitativa, il consiglio al lettore è quello di precipitarsi da Inkiostro e accogliere con fiducia l’eversività della sua inimitabile cucina.  

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