Passione Gourmet Glam - Passione Gourmet

Glam

Ristorante
Calle Tron 1961, Santa Croce, Venezia
Chef Donato Ascani
Recensito da Roberto Bentivegna

Valutazione

17/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Lo splendido giardino in cui prendere il caffè a fine pasto.
  • Equipe di sala molto affiatata e preparata.

Difetti

  • La serie di appetizer può essere un'arma a doppio taglio, va ragionata con attenzione.
Visitato il 06-2019

Venezia è sempre una buona idea

Che i grandi alberghi veneziani stessero rapidamente diventando una importante meta gastronomica, oltre che di ospitalità, era un segnale che avevamo accolto con grande piacere e curiosità già da qualche anno. Lo ripetiamo ancora, era impensabile mangiare a questi livelli a Venezia anche solo 10 anni fa.

L’esperienza che si può però provare oggi al Glam di Palazzo Venart è qualcosa che va oltre le più generaliste riflessioni sulla stato di salute della ristorazione lagunare: qui, semplicemente, officia uno dei giovani talenti più cristallini della cucina italiana. E quando il tutto si svolge sotto la supervisione di Enrico Bartolini (un Maestro, anche in termini di misura e senso del gusto), in un contesto evidentemente di gran lusso che può permettersi un servizio di sala altrettanto spumeggiante, la riflessione varca i confini veneziani. Donato Ascani, classe 1987, si muove con una padronanza di mezzi che non ci ha lasciato indifferente. Senza aver guardato preventivamente il suo curriculum, alcune delle sfumature dei suoi piatti ci avevano riportato al Lopriore della Certosa: la ricerca dello “spigolo” è ovviamente meno esasperata, ma gestita con grande intelligenza. E in effetti il passaggio ai Tre Cristi di Milano come sous chef del cuoco comasco ha lasciato un segno indelebile. Così com’è evidente, pure, il passaggio al Piazza Duomo nella scelta della lunga sequela di appetizer che, come succede ad Alba, sono in realtà piccoli piatti in miniatura.

La cucina dei mercati veneziani

Ascani non è però schiavo della sua formazione, sa coglierne gli aspetti più intriganti riproponendo una propria chiave di lettura. In particolare, ci è piaciuto molto il senso del viaggio che alberga dentro questa cucina, come è giusto che si sia in una città come Venezia, storicamente aperta agli influssi del mondo. Così come ci è piaciuta la scelta degli ingredienti, una vera cucina “dei mercati veneziani”, parola che rischia di svuotarsi di significato nella ristorazione odierna ma che in realtà è un valore aggiunto della cucina italiana quando si realizza nella sostanza e non solo nella forma o nelle idee.
I mercati quotidiani di Venezia sono infatti parte integrante della proposta del Glam, negli ingredienti e nelle idee. In questo contesto, due degli appetizer iniziali, è il caso di dirlo, ci hanno letteralmente stregato: Friselle fatte con l’albume, puntarelle e acciughe: la regione di provenienza dello chef – il Lazio – declinata in chiave alta cucina, per un boccone che concentra storia, concetto e gusto. Cozza, alga, sorbetto di limone, pepe, salicornia e wasabi: qui sì c’è tanto Lopriore ovviamente, ma il gusto va oltre il ricordo portandoci in un lampo al bancone di Kiyota Sushi a Tokyo, ai gusti più veri del Giappone rivisti dal pensiero italiano che sa unire studio di temperature e consistenze. Un vero capolavoro che annoveriamo, senza dubbio, tra i migliori assaggi dell’anno.

Ma tanti sono i dettagli da ricordare: dal cavolfiore cotto al cartoccio al vino bianco, frutto di un giro al mercato e di ricordi della cucina materna dello Chef, alla incredibile salsa allo zafferano, passando per un piatto iconico come le acquadelle fritte.

Una grande personalità

In questo contesto, i limiti vengono da un percorso di degustazione non perfettamente costruito, perché gli stimoli sono tanti e continui e si rischia di perdere il filo: la lunga serie di appetizer, qualche piatto eccessivamente dolce (il cremoso di patate e nocciole) o eccessivamente grasso (le mezzemaniche con ricci e pecorino), rendono il menù degustazione intrigante ma faticoso, con poche pause defaticanti; piatti che, singolarmente, dimostrano di avere senso e personalità, ma che all’interno di un lungo percorso possono portare facilmente a saturazione.

Ed è evidente anche la necessità di una maggiore maturità nello stile, ma questa, per un trentaduenne, è cosa assolutamente normale.

Infine, il dessert finale merita qualche riga: Meringa al balsamico di Modena, limone sotto sale, gelato al fiordilatte e noce moscata. Semplicemente perfetto in chiusura di percorso: fresco, aromatico, acido e con gli zuccheri in perfetto bilanciamento. Un dessert da grandissima scuola.

Così come merita un’altra breve riflessione la sala del Glam, perché a Venezia spesso ci erano capitate esperienze al limite del tragicomico anche in ambienti di prestigio: da Giorgio Munafò, il direttore di sala, fino al sommelier Luciano Palmieri, il personale di servizio è in grado di far passare una bella serata, divertente e in un contesto rilassato. Grande professionalità e abilità nella “lettura” dei tavoli.

E tutto questo, attorniati dalla bellezza di Palazzo Venart e dal fascino unico che solo Venezia sa emanare. E scusate se è poco.

La Galleria Fotografica:

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