Passione Gourmet Tomo, un pezzo di Tokyo nella ville lumière - Passione Gourmet

Tomo

di Roberto Bellomo

Un pezzo di Tokyo nella ville lumière!

Nella generale mania per il Giappone che da qualche anno pare aver colpito la scena gastronomica delle città occidentali sembra essere stata dimenticata una delle sue espressioni più autentiche e affascinanti: i wagashi, ovvero i dolci tradizionali.

Si contano infatti sulle dita di una mano i posti dove poterne trovare nelle capitali europee, che abbondano, invece, di riletture à la japonaise di dolci della nostra tradizione, dal tiramisù al mont-blanc, spesso abbinati senza grande fantasia a creme e gelati al tè matcha di dubbia qualità. È davvero un peccato perché si tratta di vere e proprie meraviglie che a un delizioso gusto estetico abbinano una grande profondità di sapore e consistenze a noi poco familiari e, anche per questo,  interessanti.

Una sala da tè con pasticceria, in bilico tra Oriente e Occidente

A Parigi, per fortuna, accanto allo storico, eccellente Toraya ha aperto, a due passi dalla Rue Saint Anne, questo Tomo in cui si cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: da un lato, infatti, sono presenti dolci d’impostazione europea a cui si aggiungono tocchi giapponesi in forma di dorayaki; dall’altra, si producono giornalmente un  numero limitato di wagashi, totalmente rispettosi della tradizione della terra d’origine.

Questa sintesi è il frutto dell’incontro delle due anime del locale: Romain Gaia, francese, vive metà dell’anno in Giappone dove ha imparato i segreti della pasticceria nipponica con Takanori Murata, cresciuto in una famiglia di pasticcieri, è stato per anni la parte dolce dello stellato Aida e del suo salone da tè, lo splendido e compianto Walaku.

Sedendosi a uno dei tavoli della sala, un po’ anonima, si sceglie il proprio tè dalla bella selezione di sencha o di gyokuro proposti, descritti con dovizia di dettagli su produttore, regione e note organolettiche; al tè si può abbinare a quel punto un dorayaki o, per i più curiosi, un wagashi.

Sono certamente “dolci” d’impostazione molto diversa dai nostri: meno dolci, apparentemente molto simili tra loro per la frequente presenza dell’anko, la confettura di fagioli azuki che spesso ne costituisce l’ingrediente principale. Ma le variazioni sono infinite, così come le forme e le consistenze, che variano con le stagioni: non le nostre 4 ma ben 72 sono le stagioni in cui il giapponese suddivide l’anno: doveroso approfondirne le tipologie per familiarizzare con la raffinatezza del  pensiero di questo grandissimo popolo.

Noi abbiamo gustato un dorayaki classico appena fatto, dalla texture setosa come è possibile trovarne solo in Giappone e uno yaki guri in cui la crema di castagne e l’anko di Murata-san si sposavano a meraviglia.

Una sosta davvero consigliata in una zona centralissima ma non così frequentata, e vivaddio, dal turismo di massa.

La galleria fotografica:

Lascia un commento

La tua email non sarà pubblicata. I campi obbligatori sono contrassegnati *