Passione Gourmet Serica, Chang Liu e la Via della Seta a Milano - Passione Gourmet

Serica

Ristorante
viale Bligny 19/A, Milano
Chef Chang Liu
Recensito da Alberto Cauzzi

Valutazione

14/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Una interessante contaminazione di stile cino-italiano.
  • Un prezzo molto competitivo per l'offerta proposta.

Difetti

  • Servizio ancora da mettere a punto.
  • La carta dei vini da implementare con referenze più interessanti.
Visitato il 01-2019

La Via della Seta, a Milano

“Serica che bella sorpresa” apostrofava Carlo Passera nel suo articolo di qualche tempo fa. E dobbiamo dire un sincero grazie a Carlo per aver scoperto questa graziosa bomboniera in viale Bligny, a due passi dalla Bocconi.

Mauro ed Elisa Yap sono figli d’arte: seconda generazione di una famiglia di ristoratori cinesi che ha dato lustro a molti locali milanesi, decidono di aprire un locale tutto loro, svincolati dai genitori. Incontrano nel loro percorso Chang Liu, cuoco con tante esperienze alle spalle tra cui la partecipazione a un’edizione di Hells Kitchen Italia ma, sopratutto, al di là di pur importanti stage all’estero, il passaggio per qualche anno nelle cucine di Yoji Tokuyoshi.

È quest’ultima esperienza, a nostro avviso, a segnare il suo giovane talento. Nella cucina scintillante e sorprendente di Chang Liu si scorge tutta la filosofia della contaminazione che Tokuyoshi ha appreso e assimilato alla corte di Massimo Bottura. Un’idea che nulla, badate bene, ha a che fare col concetto di fusion, dove il pane si trasfigura in Bao e il piatto articola concetti paradigmatici come lo Youtiao e la caponata, ovvero un impasto fritto oblungo tipico della colazione cinese qui combinato con una sicilianissima caponata. Ma c’è anche il Bao con la trippa e l’istrionico, cangiante piatto di spaghetti, granchio e zenzero candito. Ultimo ma non ultimo, il Gelato alla patata arrosto, crema al latte, tempura, nocciole caramellate, polvere di salvia, rosmarino e tartufo bianco in cui viene scimmiottato il gelato fritto, piatto fake della cucina cinese, qui nobilitato da un contorno intrigante in termini di sapori e idee.

Il tutto, orchestrato da un servizio di livello, benché migliorabile, e un conto da encomio a chiudere il cerchio perfetto di un’esperienza che, si diceva, ci ha piacevolmente stupito. Quanto questa originalità saprà andare oltre e costituirsi come creatività solida lo dirà solo il tempo. Che abbia già sparato tutte le sue cartucce o sia solo all’inizio di un fulgido, scintillante percorso, è troppo presto per dirlo.

Noi ci auguriamo di trovarci, ça va sans dire, di fronte alla seconda ipotesi.

La galleria fotografica:

Lascia un commento

La tua email non sarà pubblicata. I campi obbligatori sono contrassegnati *