Valutazione
Pregi
- Buon rapporto qualità/prezzo.
- L'accoglienza davvero "come a casa".
Difetti
- Qualche piatto non convince completamente.
- Tempi di servizio troppo lunghi.
- Pane e grissini rivedibili.
Cucina campana moderna e garbatamente creativa che narra la Piana del Sele
Il Papavero è un ristorante a suo modo storico. Fu il primo ristorante, poco più di una una decina di anni fa, a proporre una cucina d’autore in quel tratto di Campania che da Salerno va verso sud.
Siamo a Eboli, nella Piana del Sele, zona elettiva della mozzarella di bufala e terra ricca di ottimi prodotti agricoli. Qui il patron Maurizio Somma, di professione biologo, ben coadiuvato prima da Domenico Vicinanza e poi da Teresa Di Napoli, allieva di Gennarino Esposito, decise di intraprendere la sfida non facile di proporre una cucina leggera, moderna, moderatamente creativa e radicalmente diversa da tutto quello che esisteva allora in zona.
Le soddisfazioni non tardarono ad arrivare. Un buon successo di pubblico, l’attenzione delle principali guide culminata nel 2011 con l’attribuzione della stella Michelin.
Insieme alle prime soddisfazioni arrivarono anche cambiamenti importanti. L’addio della chef sostituita da Fabio Pesticcio, il suo secondo, e il cambio di sede con il trasferimento al primo piano dello stesso stabile.
Oggi entrare al Papavero è come entrare in un appartamento. Con più stanze di diversa grandezza, tutte arredate in modo diverso ed originale. Ambiente caldo, familiare all’interno e un bel giardino esterno per i periodi più caldi.
Cucina fedele nel tempo, ma con qualche inciampo di troppo…
Fabio Pesticcio continua sulla linea che già fu di Teresa Di Napoli. Quella di una cucina campana moderna, ma tendenzialmente semplice. Che fa grande uso di prodotti del territorio e si ispira alle ricette della tradizione per piatti rinnovati in veste contemporanea.
In qualche passaggio la mano dello chef convince. Come nella Triglia di scoglio con salsa di rucola, agrumi canditi e olio di patate arrosto con un dosaggio perfetto della nota agrumata che dà una bella spinta al piatto. Convincenti anche i Maccheroncini all’uovo tiepidi con sesamo nero, gamberi rossi e limone caviale: preparazione forse non bellissima a vedersi ma dal punto di vista gustativo assolutamente riuscita, elegante ed equilibrata, con una nota acida molto gradevole.
Qualcosa convince meno. Nel Risotto con fichi, pistacchi e provola (un classico del Papavero) troviamo da sempre un eccesso di tonalità monocorde, tutto giocato su un allungo affumicato decisamente preponderante. Nel Millefoglie di cernia, la delicatezza del pesce viene sovrastata da un olio extravergine troppo intenso, come quello cilentano: comunque ottimo, ma non adatto all’ingrediente principale. Gradevole la presentazione della Pasta mista col polpo, ma la spuma di patate (e panna) che la ricopre, sottrae leggerezza ed eleganza del piatto.
In cucina alti e bassi dunque, ma quello che più spiace è trovare, a certi livelli, grissini non proprio freschissimi e, soprattutto, pane (evidentemente rigenerato) che arriva caldo in tavola ma che a metà pasto perde del tutto fragranza e struttura.
L’impressione finale è quella di un posto in cui si sta bene, con un ottimo rapporto qualità prezzo, ma condizionato da qualche inciampo eccessivo: non tanto figlio di qualche particolare incapacità, quanto di una certa “rilassatezza” non giustificabile in un indirizzo del genere.