Valutazione
Pregi
- La passione e la prorompente vitalità del patron.
- Ci si sente a casa.
Difetti
- La viabilità difficile del centro di Pompei.
- Agli interni non guasterebbe una rinfrescata.
Attivo sin dal lontano 1993, il President a Pompei ha incarnato per anni l’emblema del ristorante di provincia, caratterizzato da una solida cucina di territorio, tutta sostanza, poco incline alle mode e chiusa ad ogni forma di creatività.
Fin quando, nel 2006, arriva la svolta, in concomitanza con il passaggio delle redini da Salvatore Gramaglia al figlio Paolo. Paolo è giovane, ha grandi idee ed ha viaggiato molto. In giro per il mondo, nelle cucine di numerosi alberghi a fare la gavetta, ad imparare il mestiere.
Rientrato a casa, Paolo è deciso a coronare il suo sogno: fare del ristorante di famiglia una grande tavola. Tale volontà appare suffragata anche da solide ragioni commerciali. Il President è infatti ubicato in splendida posizione a due passi dal Santuario della Madonna di Pompei e poco distante dagli scavi archeologici. E a Pompei mancava una struttura in grado di trattenere quella parte di turisti interessati alla buona tavola, e costretti puntualmente ad “espatriare” in Penisola Sorrentina alla ricerca di emozioni gastronomiche.
Su queste basi partì la scommessa del nuovo President. Una scommessa vinta: il ristorante dal 2006 ad oggi ha intrapreso un percorso ininterrotto di crescita da tutti i punti di vista. Percorso recentemente coronato da importanti riconoscimenti da parte delle principali guide cartacee.
Gran parte del merito va riconosciuto all’artefice di tutto questo: Paolo Gramaglia.
Estroverso, simpaticissimo, pieno di vitalità, Gramaglia è un vero trascinatore. Difficile non farsi ammaliare dalla straripante passione che manifesta per il suo lavoro.
Patron, cuoco, anima del ristorante si alterna tra cucina e sala e molto spesso è lui in persona a servire i piatti e a illustrarli al tavolo. Innamorato del suo lavoro ci ha ricordato un po’ -forse anche per una vaga somiglianza fisica- l’Aimo dei bei tempi. Sempre pronto a descrivere un ingrediente, a raccontare aneddoti su questo o quel prodotto, questa o quella preparazione.
Più che un semplice cuoco/patron, Gramaglia è la vera anima del President. E non è un caso se questo è anche uno dei pochi ristoranti in cui quelle, assai poche per la verità, volte in cui lo chef è fuori, si viene avvertiti della cosa all’atto della prenotazione. E questo nonostante la cucina non ne risenta minimamente, grazie ad una brigata perfettamente addestrata a svolgere alla perfezione e in piena autonomia il lavoro.
Un uomo solo al comando? No, faremmo un torto alla moglie, la brava e bella Laila Buondonno, esperta sommelier che con grazia ed eleganza dirige la sala coadiuvata, peraltro, da un ottimo personale di sala.
Il ristorante è classicamente elegante, accogliente e l’atmosfera che istantaneamente si crea è quella di una casa. Sì, sembra di essere invitati a casa dello chef. E la cucina rispecchia questa elegante semplicità.
Come accennato, Paolo Gramaglia si è fatto da solo guardando e facendo stage in giro per il mondo. Non ha grandi maestri, è un vero self-made chef. Per questo di fatto non paga alcun tributo in termini di originalità.
Paolo fa la sua cucina, che è profondamente campana ma non priva di suggestioni esotiche. Che è concreta ma allo stesso tempo con una certa eleganza e gusto estetico. Lo chef adora i colori e anche da un punto di vista visivo più di un piatto ci è parso vincente.
Cucina di carne e di pesce, tecnologica il giusto, perché Gramaglia è cuoco che ama spadellare.
E così, ci hanno in particolare favorevolmente impressionati il “Riso in verde”, un risotto eseguito alla perfezione -rilievo questo per nulla scontato nelle tavole del sud Italia- non ruffiano, con una bella spalla acida e una spiccata aromaticità ed il petto d’anatra dove la precisione della cottura e la qualità della materia prima sono esaltate da un fondo fatto a regola d’arte e dalla piccantezza e aromaticità del nasturzio.
Carta dei vini opulenta e alquanto vasta, con qualche ricarico un po’ sopra le righe.
Oggi Pompei ha un’ottima tavola, grandi complimenti a Paolo Gramaglia ed alla sua squadra.
Il pane dell’Antica Pompei.
Burro, alici, anguria: preparazione che non convince appieno, un po’ slegata al palato, non armonica.
Cappellaccio ripieno di totani e patate: rustico.
La sfera che crea un sasso lanciato in mare: carpaccio di ricciola con bottoni di chinotto e zesteTermine francese utilizzato per indicare le scorze degli agrumi. Lo zester è invece lo strumento utilizzato per ricavarle, conosciuto in italiano come rigalimoni. Le zeste vengono utilizzate in cucina per insaporire pietanze a base di verdure, pesce e carne oppure, candite, in pasticceria.... Leggi di agrumi, sale maldon ed emulsione di limone e olio extravergine fruttato, neve di mozzarella di bufala. La componente acida e agrumata seppure presente non riesce a dare un vero sprint al piatto.
L’uovo 62, uovo cotto poché a bassa temperatura, servito su fonduta di caciocavallo Silano, tartufo nero Avellinese e trucioli di pane aglio e olio. Riuscito esempio di comfort food.
Molto buono il Riso in verde: risotto allo champagne, asparagi, fili di provolone del monacoFormaggio grasso, a lunga stagionatura, a pasta semidura e assai piccante. Come da tradizione casearia napoletana e sorrentina, questo formaggio a pasta filata viene prodotto con latte di vacca di varie razze fra le quali l'Agerolese, tipica del territorio. Il Provolone del Monaco si presenta a forma di melone o pera senza testina, con legatura che deve suddividere il formaggio in... Leggi e gamberi.
Lussurioso il Fusillo e la Pescatrice. Fusilli in trafila di bronzo con tocchetto di pescatrice, vongole, olive bianche, scaglie di mandorle e uva passa e lime. E caviale.
Assai ben eseguito il Petto d’anatra cotto a bassa temperatura glassato all’aceto di ciliegie, salsa di arance e nasturzio.
Convincente il pre-dessert: assoluto di aloe con piccolissima percentuale di tè verde, senza aggiunta di zuccheri.
Molto fresco e gradevole il dessert: limone amalfitano in acqua di arance con frutti di bosco, meringa al cavolo viola, cetriolo e ravanello.
Con il caffè un tripudio di dolcetti, colori e sapori.