Valutazione
Pregi
- Risotti da urlo.
- Cucina di grande potenzialità.
- Cantina di notevole profondità.
- Servizio competente, simpatico e professionale.
Difetti
- E' evidente la discrepanza tra l'angolo gourmet e il resto della struttura.
È ormai da parecchi anni che stiamo assistendo ad un importante cambio di paradigma, quando parliamo di alta cucina. Fino a una decina di anni fa era difficile scindere il concetto di gourmet da quello di sfarzo, di grandi relais, di servizi degni di corti reali, di carte altisonanti, nel solco di quella grande tradizione di stampo francese da tanti avversata, ma di fatto spesso volutamente imitata.
Negli ultimi anni però qualcosa è cambiato, forse seguendo una deriva meno formale di stampo nordico, rimanendo affascinati dalla cultura nascente dei gastro pub e piacevolmente sorpresi dalla rivincita in chiave gastronomica dei bistrotBistrot o Bistrò. Piccolo locale tradizionale francese che offre un servizio simile all'osteria italiana. La crescita esponenziale di locali di avanguardia in formato Bistrot (negli anni 2000), prima in Francia come risposta all'alta cucina da Hotellerie e poi in tutta Europa, ha segnato un vero e proprio 'movimento' gastronomico associabile al termine "Bistronomia", da cui deriva l'aggettivo 'Bistronomico' (usato dagli... Leggi francesi. Di conseguenza l’Italia ha voluto riappropriarsi dei propri valori e, riprendendo coscienza di sé, ha ricominciato a manifestarsi mettendo a nudo la sua anima semplice e diretta.
Questo ha sicuramente aiutato una nuova generazione di talenti a intraprendere nuove avventure senza doversi gettare in investimenti faraonici.
Uno di questi esempi è l’hotel Cinzia di Vercelli. Per quanto recentemente restaurato, il suo stile un po’ vintage non sembra avere nulla che lo possa contraddistinguere da simili strutture situate nelle periferie di altre città. Anche l’accesso sembrerebbe precludere qualcosa di diverso dalla sala dove gli ospiti di un ordinario albergo si recano per la colazione, per il pranzo o per la cena. E invece, già entrati nell’elegante ma nel contempo discreta sala, si percepisce di essere al cospetto di qualcosa di più.
Dal 2005 due giovanissimi fratelli si sono installati in questa struttura familiare, proponendo una cucina di alto livello, sempre attenta al territorio ma aperta all’eclettismo, che ben presto ha iniziato a riscuotere consensi da pubblico e critica. Il tutto accompagnato da un servizio elegante, affabile e immediatamente in sintonia con il cliente, che fa presto soprassedere su alcune piccole imperfezioni.
Per molti appassionati i nomi Christian e Manuel Costardi sono da ricollegare a un’unica materia prima: il riso. Ed effettivamente per anni il prodotto principe della terra vercellese è stato il cardine indiscusso della loro cucina. Declinato in una trentina di varianti, ha costituito e costituisce ancora un elemento di attrazione decisivo per i suoi estimatori.
Ma c’è molto altro e, seppure i risotti costituiscano ancora una parte importante della carta (se ne trovano oltre una ventina, scusate se è poco), i fratelli Costardi stanno vieppiù cercando di dimostrare che possono avere qualcosa da dire anche lavorando su altre materie prime. Christian, il maggiore dei due fratelli e il più comunicatore, si intrattiene volentieri svelando aneddoti, idee e progetti futuri.
Il risultato è una cucina elegante, giovanile, essenziale, priva di orpelli ma finalizzata a sensazioni gustative chiare, raramente sconfinanti nel provocatorio ma nella maggior parte dei casi intriganti. Una cucina che sta cercando di aprirsi e guardare oltre, già riuscendoci molto bene. Preparazioni che trovano nell’armonia gustativa il loro equilibrio perfetto, lasciando presagire le potenzialità di due grandi cucinieri ancora in divenire, forse frenati dalla timidezza, ma di certo capaci, quando se la sentiranno, di spingersi oltre i limiti che la ragione impone. Siamo certi che a breve i Costardi Brothers supereranno l’imbarazzo di specchiarsi, riconoscendosi parte integrante e proattiva di un’evoluzione gastronomica italiana innovativa, spregiudicata e sincera.
Le potenzialità ci sono tutte, il tempo per realizzarle pure.
Patata e baccalà. Apertura garbata ed elegante.
Pic Nic a Mazara del Vallo.
La consistenza e la grassezza del gambero crudo (superba materia prima) trovano un ottimo bilanciamento nella croccantezza del pistacchio e nei sentori dati dalla leggera tostatura eseguita con la fiamma al tavolo. La fruizione rigorosamente manuale non è per la verità esente da potenziali problemi.
Scampo in saorParticolare metodo di cottura e di conservazione di materie prime ittiche. Il pesce viene prima infarinato, poi fritto e infine disposto a strati con cipolle cotte in agrodolce, pinoli e uvetta passa. Celebri per questa preparazione sono le sarde in saor venete.... Leggi.
Ideale pendant del piatto precedente. La sapidità data dalla cottura unitamente alle note acidule tipiche di questa preparazione portano un gradevole pulizia in bocca.
Capasanta.
Scoprendo la conchiglia l’impatto visivo è quello di un paesaggio nordico, l’apparente severità risulta tuttavia più estetica che gustativa. La crema di latte, con un’appena percepibile nota acidula, evita il contrasto aperto mantenendo però il palato sveglio, e sostenendo alla perfezione il gioco di consistenze e sensazioni gustative tra la sapida carnosità della capasanta e lo iodio dello sfuggente caviale. Cristallino.
Triglia.
Piatto di un’estetica molto evocativa. La panatura sembra quasi un ritorno ciclico del Pic Nic, seppur privo della sua nota amarognola ma interessante per l’apporto di aromaticità e croccantezza. All’arancia e alla “sabbia” alla base il compito di apportare una misurata acidità, rispettivamente sapidità e un’inaspettata coda aromatica (paprika…).
Carota viola.
Al gusto si fa notare il sapiente apporto della barbabietola, che evita una prematura assuefazione del palato e porta la necessaria succulenza a un piatto relativamente asciutto.
Risibisi e seppia.
La materia principe della zona, malgrado la volontà di emancipazione in atto, non è certo stata rinnegata, ed eccoci al primo risotto.
Niente mantecatura con burro o con olio, l’elemento legante è appannaggio esclusivo del pisello, il quale con la sua tipica mineralità ben si sposa con la materia ittica. Un abbinamento classico sapientemente applicato a un prodotto del territorio.
Taglio sartoriale.
Più da golosi la seconda proposta del risotto, servita nell’ormai famosa “lattina” creata qualche anno fa in collaborazione con il sempre vulcanico Bob Noto. Un sontuoso risotto alla riduzione di birra Moretti Grand Cru, crema di Grana Padano 27 mesi. Viene in aiuto la millimetrica spruzzata di polvere di caffè arabica, perfetta a sostenere il piatto fino all’ultima forchettata.
AnimellaGhiandola corrispondente al timo umano presente in agnelli e vitelli che scompare con l’avanzare degli anni. Rientra tra le frattaglie bianche, si presenta come una massa spugnosa e va consumata fresca, altrimenti fermenta. La parte commestibile, di forma allungata, si definisce noce e, previa cottura, va immersa in acqua, ricambiandola ogni volta che assume un colore rosato, al fine di... Leggi, mandorla e pak choi.
Un piatto che ci ha decisamente divertiti. La consistenza volutamente molto croccante su un lato, la salsa al Marsala, la mandorla: in bocca le sensazioni ricordavano quelle di un maialino al forno! Il pak choi ad apportare il necessario, ma sempre garbato, contrappunto amarognolo ad evitare un eccessivo sbilanciamento del piatto verso le note dolciastre.
Coturnice nell’orto.
La coscia, elemento di sapidità più pronunciata cui tradizionalmente viene assegnata funzione di chiusura, costituiva stavolta a sospresa l’elemento di apertura. Il petto, a parte l’evidente apporto estetico al piatto, assumeva invece quasi il ruolo di companatico al senz’altro riuscito gioco di consistenze, temperature e sensazioni gustative tra la salsa (sapida, naturalmente calda) e l’”orto” alla base del piatto (aromaticità, mineralità,contrasto di temperature). A questo punto la coscia nella forma proposta, ne abbiamo convenuto, fosse seguita avrebbe costituito un anticlimax.
Panna cotta morbida con mosto d’uva.
Elemento di inconsuetudine è la consistenza morbida e avvolgente. Gustativamente, siamo su binari abbastanza classici, ma il livello di realizzazione è ammirevole.
Ivoire mela finocchio e sedano.
Il cioccolato bianco proposto risulta perfettamente bilanciato dall’acidità della mela e dalla mineralità di sedano e finocchio. Un piatto fresco che evidenzia un equilibrio e un’eleganza non da tutti.
Indivia.
Chiusura che concede qualcosina in più al concetto tradizionale di dolce, ma non troppo. La mineralità amarognola dell’indivia, unita alla polvere di capperi, si trova a bilanciare le lievi parti dolci del piatto, conferendogli una freschezza che ne ha resa rapidissima la sparizione.
I petit fours.
Il vino che ci ha accompagnato a tutto pasto.
bravi Costardi bisogna solo riuscire a trovarli in cucina, con tutti gli eventi a cui partecipano non è raro che il ristorante sia chiuso