Valutazione
Pregi
- Un pezzo di storia, a portata di forchetta.
- Alcune preparazioni a prova di macchina del tempo.
- L'atmosfera tutt'altro che ingessata.
Difetti
- Sala molto rumorosa.
- Il turbine di camerieri fa sì che non ci sia l'impressione che qualcuno si occupi davvero del vostro tavolo.
- Qualche temperatura di servizio fuori controllo.
I tavoli sono tutti occupati. I camerieri, dai nerovestiti maître e chef de rang, quasi costantemente impegnati fra porzionature e carrelli di formaggi e dolci, ai commis in livrea bianca, sciàmano fra le sale crepitanti di stupore e piccole gioie non quotidiane. C’è un fruscio sottile che accompagna la sensazione di assistere, nello stesso istante, alla routine di una sala attiva quattordici servizi la settimana e al manifestarsi di un’inesauribile varietà di sfumature umane: dalla ragazza che festeggia il compleanno con i genitori e piange al momento in cui, accompagnato dalle note di un Organo di Barberia e dall’applauso generale, giunge un petit gateau di compleanno, alla coppia di vecchi clienti per l’ennesimo anniversario nel solito locale, al gruppo di turisti d’oltreoceano con un assortimento di camicie decisamente poco trois étoiles.
Ad una sala in cui perfino un’insalata diventa un pretesto per dare un giro di ruote al guéridonPer guéridon si intende un tavolino atto al servizio a tavola, in genere di forma rettangolare e munito di ruote, con un fornello portatile per la preparazione di vivande alla fiamma.... Leggi qualche inezia talvolta scappa, ma non è possibile non provare sincera ammirazione per una brigata totalmente dedita ad una missione: far vivere ai molti convitati un’esperienza memorabile, anche nella sua fallibilità. Perché quello di Paul Bocuse non è solo un ristorante: è un parco giochi gastronomico dove la gioia viene assai prima dell’immota perfezione, una giostra in cui la girandola finale di dolci diventa inno alla vita, oltre che una sfida alla propria capacità produttiva di insulina.
Nel quadro d’insieme qualche dettaglio, certo, farà storcere il naso, dall’ineludibile iconografia del mitologico chef disseminata lungo le pareti alla presenza di un unico impiegato di colore, quello addetto al parcheggio e agli ingressi del sopracitato organetto, circostanza somatica che non noteremmo se non fosse per la bizzarra livrea che il poveretto deve indossare e per la sensazione di déjà-vu avuta in un tristellato italiano che, per molti aspetti, ricorda da vicino il lunapark gastronomico di Collonges.
Ci sono poi i piatti, e qui la storia prende la maiuscola e, talvolta, anche il volo: ad esempio con una salsa, che accompagna dei succulenti filetti di triglia in cui le scaglie sono state ricostruite con fettine di patata, che da sola vale il viaggio per intensità e misura di acidità e grassezza. Con un fegato grasso di qualità superba accompagnato da una più che pertinente salsa al frutto della passione, con dolci classicissimi mai sotto la soglia del molto buono. E’ certamente vero che il più recente di questi piatti, pur fatti oggetto di un minimo restyling che ha fatto entrare qualche schiuma all’Auberge du Pont, ha visto più primavere di una buona parte degli chef che attualmente li cucina, ma è per questo che ogni prospettiva critica qui decàde. Perché piatti che oggi ci sembrano persino troppo opulenti ed indulgenti verso le materie grasse sono gli stessi che meno di mezzo secolo fa hanno contribuito, pur in maniera assai inferiore a quelli di altri allievi di Point come Michel Guérard, all’alleggerimento delle preparazioni, ad una diversa sensibilità per le cotture, per le stagioni, per l’utilizzo della tecnologia in cucina e per un atteggiamento rispettoso per il passato ma non affondato dal peso della tradizione. E un pranzo o una cena a Collonges è un corso accelerato di storia della ristorazione che vale cinquanta libri letti, un’esperienza che non dovrebbe mancare ad alcun appassionato gourmet.
Piccola entrata stagionale: vellutata vegetale al tartufo nero.
Casseruola di astice all’Armoricana. Ad una temperatura da pomodorino fantozziano.
Fegato grasso in salsa al frutto della passione. Porzione alla carta: tre scaloppe. Follia!!!
Il filetto alla RossiniPreparazione classica, derivata, secondo reperti storici, da un'idea di Gioacchino Antonio Rossini (1792-1868): compositore noto per opere come Il Barbiere di Siviglia e La Gazza Ladra, che era anche un grande appassionato di cucina. Durante il suo trasferimento a Parigi, nel 1823, Rossini conosce i grandi interpreti della cucina francese, tra cui Anthelme Brillat-Savarin, Alexandre Dumas (il famoso scrittore e... Leggi in salsa Périgueux. Un piatto che va abbondantemente oltre la nostra abitudine a sezionare i sapori.
Splendidi i filetti di triglia in scaglie di patate. Come già detto, salsa da applausi a scena aperta.
Gli accompagnamenti alla portata principale ordinata alla carta. A tal proposito: avendo provato entrambe le esperienze consigliamo caldamente di scegliere questo tipo di comanda rispetto ad uno dei tre menu disponibili; conterrete i danni al portafogli e nel contempo apprezzerete meglio piatti che non sono fatti per l’assaggio di più preparazioni ma danno il meglio di sé in porzione generosa.
Ferve l’attività in sala: anche per un’insalata (e nel frattempo, purtroppo, non siamo riusciti a fotografare il carrello dei formaggi griffati Mère Richard)
Predessert: ganacheDetta anche 'parigina', la ganache si ottiene mescolando panna fresca e cioccolato insieme a una piccola parte di burro. Si prepara versando la panna bollente sul cioccolato e mescolando con piccole oscillazioni al centro del recipiente.... Leggi al cioccolato (splendida) con amarena.
La scelta dal carrello dei dolci: tarte au citron, sorbetto ai lamponi…
…una crème brulée da antologia…
…babà generosamente innaffiato…
…e un Paris-Brest “solo” buono.
Piccola pasticceria. Davvero un di più a questo livello glicemico.
La brandizzazione dilaga.
L’orgue de Barbarie.
Ma perchè SV? Questo si da quando c'è in un ristorante un cambio forte, tipo nuova sede o nuovo chef. Ma qui?
Non si può evitare il voto, è un pezzo di storia della cucina mondiale. democristiano.
Dubbio amletico. Me se: per la sensazione di déjà-vu avuta in un tristellato italiano che, per molti aspetti, ricorda da vicino il lunapark gastronomico di Collonges, il SV l'avete messo perché non avete avuto il coraggio di dare 16 a Bocuse?
Proprio perchè è un pezzo di storia della cucina mettere meno di 16 non avrebbe senso. E se si leggesse la scheda si comprenderebbero i motivi di questa scelta, così come l'omaggio che verrà pubblicato domani.
Una delle più belle esperienze culinarie della mia vita.- Arredo, atmosfera, cucina emozionale da 18 minimo Wiva la grande tradizione. Non tutte ma molte ....cosiddette novità hanno peggiorato, a mio parere la ristorazione. Omaggio al mitico Bocuse.-