Povero Diavolo
Valutazione
Pregi
- Una cucina estremamente dinamica, che non stancherebbe nemmeno alla millesima visita.
- Il rapporto qualità prezzo, imbattibile.
- Il vino della casa.
Difetti
- Bisognerebbe vivere a non più di 500 metri dal ristorante, per riuscire a provare tutti i piatti.
Una semplice porta sormontata da un’insegna amichevole e familiare: sono questi i candidi vessilli del “Povero Diavolo”, vestiboli minimalisti di una delle più interessanti, stupefacenti e vibranti cucine contemporanee d’Italia.
E c’è da chiedersi se ancora qualcuno arrivi qua per caso, non spinto da un ardente desiderio di emozioni e ignaro della fama di questo luogo. E’ una tirannica curiosità quella che ti spinge a divorare i chilometri per arrivare al cospetto del folletto di Torriana e a decidere ogni volta di dare in pasto a un genio culinario assoluto i più reconditi e verginali frammenti del proprio animo gourmetÈ detta "gourmet" una persona di palato fine, esperto in vini e vivande. Termine combacia attualmente con un'idea creativa e avanguardista applicata al mondo gastronomico.... Leggi, la cui tenacia critica è messa costantemente alla prova da un ambito sorprendente, in continua evoluzione. La cucina di Pier Giorgio Parini è il prodotto di un talento incomparabile, che di giorno in giorno (o forse di ora in ora), si trasfigura in forme cangianti, in nuovi lineamenti e in espressioni inaspettate, ma che rimane fondamentalmente ancorata alle salde certezze della sua essenza più profonda e immutabile.
Piergiorgio Parini, a dispetto della giovane età, è uno tra i più grandi conoscitori a 360° delle materie, sia che provengano dal mare, dalla terra o soprattutto da… sottoterra. La continua sperimentazione relativa alle nuove tecniche applicate non è da leggere come una implicita adesione alla moda del momento, ma come un’opportunità per ampliare il ventaglio di possibilità delle sue innumerevoli creazioni, mantenendo in questa maniera aggiornato, attuale e realmente avanguardistico, il suo stile. Uno stile che non verrà mai snaturato, rimanendo sempre puro e riconoscibile: a tal proposito calza a pennello l’ultimo, recente grande lavoro, ovvero l’introduzione di numerosi elementi fermentati a beneficio delle relative inflessioni di acidità apportate.
Le critiche mosse negli anni a Piergiorgio Parini sono forse figlie di incomprensioni proprio verso il suo stile e le principali si sono concentrate sul modus operandi dello chef: creando di continuo una moleDensa salsa di accompagnamento tipica della cucina messicana. Ne esistono oltre quaranta varianti, la stessa infatti può contenere fino a trenta diversi ingredienti. Il "mole verde", ad esempio, viene preparato con varie erbe e tomatillo; il "mole negro" con peperoncino, spezie, hoja santa e cioccolato fondente.... Leggi impressionante di piatti, si rimproverava il fatto che non ce ne fosse uno immediatamente riconoscibile. Alcune preparazioni, soprattutto le più essenziali e minimaliste, arrivavano a esser definite “semplici”, quasi incompiute e leggermente monocorde, cavalcando ripetutamente modulazioni di note vegetali.
Se oggi qualcuno ha ancora qualche dubbio che Parini non possa avere il diritto di sedersi accanto ai grandissimi, le scarse motivazioni contrarie a questa tesi si sciolgono come neve al sole.
Tabula rasa, senza troppi panegirici: porro, nocciola, umeboshiIl termine Umeboshi - letteralmente “prugne secche” - si riferisce ad un tipico frutto giapponese sotto sale dal sapore estremamente acido e salato, usato fin dall’antichità e dalle rinomate proprietà medicinali. I frutti utilizzati per l’umeboshi in realtà sono più simili ad un’albicocca che ad una prugna e provengono da una varietà asiatica dell’albicocco Prunus Mume. Le prugne vengono raccolte... Leggi, amarena sott’aceto. Creare un piatto come questo sulla semplice base di un “porro”, è indiscutibilmente dimostrazione di classe cristallina: la struttura del porro, croccante e filamentosa, è ammorbidita da una balsamica e concentratissima salsa di nocciole, mentre i pezzi della stessa impegnano la masticazione. Nel frattempo l’amarena, con la sua lievissima dolcezza mitiga e al contempo fa da ponte verso l’umeboshi, che invece, dal canto suo, rende una sensazione acida altissima. Game over.
Basata sulle stesse note la Zuppa di canocchie, radici di tarassaco, lampascioni sottaceto, fiori di senape selvatica che, accanto alla sapidità marina dei mitili e del brodo (un vero distillato tanto è concentrato), pone la progressione amara dei lampascioni e del tarassaco, mitigate dalla freschezza dei fiori di senape. Altro colpo da KO.
Ultimo allegato alla motivazione di grandezza: spaghetti alla chitarra, rapa rossa, battuto di prezzemolo, yogurt bianco. Piatto sensuale già nell’aspetto, con lo spaghetto terroso e lievemente dolce che fa il paio con il piacevolmente invadente peperoncino che, smorzato dallo yogurt, mantiene soltanto la nota calda e anestetizzante e una lieve piccantezza: il concetto di equilibrio estremizzato a livelli impensabili.
Potremmo continuare a lungo con la commovente qualità del rombo, o del brodo di sandalo profumato e persistente al limite del credibile, o alla maniera in cui è gestita e modulata l’amarezza degli asparagi nel risotto, dei finissimi dessert… ma risulterebbe quasi inutile, perché, come al solito, mentre leggete queste righe tutti questi piatti sono già storia.
Tutto semplice? Tutto semplicissimo. Qui non c’è nessun segreto, basta macinare qualche chilometro per rendersene conto.
Oggi, in Italia, chef con tale sensibilità e livello di inventiva se ne possono contare davvero pochi, utilizzando le dita di una mano. E magari ne manteniamo chiuse un paio, sperando di aprirle in futuro…
Pane, grissini, focaccia.
Ceci e rose fermentate.
Tortino di sedano rapa. Non solo del maiale …non si butta via niente, in questo caso anche del sedano rapa, con il quale viene fatta la spuma, la “tagliatella” che avvolge il tutto e i cubetti all’interno. Un biscotto dolce di avena sul fondo rende dolce e croccante l’insieme, per una partenza fresca, divertente e golosa.
Sgombro e cavolo nero.
La marcata affumicatura dello sgombro, unita alla polpa incredibilmente carnosa, amplia la balsamicità del succo di finocchio selvatico e le note verdi del cavolo nero e dell’orecchio di lepre. Leggero e fresco, ma al contempo intenso e complesso.
Zuppa di canocchie, radici di tarassaco, lampascioni sottaceto, fiori di senape selvatica. Primo colpo basso.
Brodo di sandalo, triglia, carciofi.
Un assestato uno-due. La (favolosa) triglia e i carciofi sono solo struttura e texture, il vero protagonista del piatto (non a caso elencato per primo) è il brodo, dalla concentrazione quasi masticabile, dal profumo avvolgente e dalla persistenza infinita, aiutata dalla componente tannica del carciofo. La classe non è acqua. E’ brodo.
Riso al brodo di tiglio, asparago selvatico, pepe fermentato, polvere di tiglio.
L’evoluzione degli ormai famigerati risotti di Piergiorgio. La nota lievemente amaricante dell’asparago, dosata alla perfezione, s’incastra tra la freschezza del tiglio e la lieve speziatura del pepe. Speziato, amaro, vegetale e fresco: la rappresentazione grafica del nuovo passo avanti fatto da Parini.
Cappelletto del Povero Diavolo.
Un cappelletto “tradizionale” (per così dire …) con una fresca e decisa nota citrica e un colloso fondo di Parmigiano Reggiano 40mesi.
Spaghetto alla chitarra, rapa rossa, battuto di prezzemolo, yogurt bianco.
Piatto dall’aspetto davvero sensuale, nel concetto più semplice (anche se sicuramente altrettanto tecnico) dei precedenti ma non per questo meno interessante. La rapa è inserita nell’impasto degli spaghetti, rendendoli di un concentrato rosso porpora, lievemente dolci, terrosi ma ben al dente. Lo yogurt bianco sul fondo sfuma la marcata presenza del peperoncino, mantenendone calore e sapore: l’aglio olio e peperoncino del quarto millennio. Una sola segnalazione, occhio alla camicia.
AnimellaGhiandola corrispondente al timo umano presente in agnelli e vitelli che scompare con l’avanzare degli anni. Rientra tra le frattaglie bianche, si presenta come una massa spugnosa e va consumata fresca, altrimenti fermenta. La parte commestibile, di forma allungata, si definisce noce e, previa cottura, va immersa in acqua, ricambiandola ogni volta che assume un colore rosato, al fine di... Leggi, camomilla, salvia.
La freschezza della salvia e il profumo della camomilla sorreggono la grassezza golosa dell’animella.
Porro, nocciola, umeboshi, amarena sottaceto.
L’uppercut del ko, la chiusura del cerchio, i 19,75/20 fatti piatto. Con un food cost risibile.
Pecora, asparagi, rose.
Una carne non di facile approccio, resa mite dalla cottura ma comunque sublime nel gusto.
Piccione, rosa canina, pastinaca fermentata.
Un piccione da grande table, davvero tra i migliori mai incontrati, cotto alla perfezione, con il plus della componente estremamente acida della pastinaca fermentata.
Gelato alle viole selvatiche, polvere di biscotto, miele rifermentato.
“E’ uscito un po’ di sole, quindi per quattro-cinque giorni ci sono le violette selvatiche, sono andata io a raccoglierle perché Piergiorgio non poteva…” racconta Stefania.
Un grande dessert, per non più di una settimana all’anno. Questo è il Povero Diavolo.
Cicoria, biscotto integrale, massa di cacao, polvere di radice di felce.
La barretta Mars del futuro, ennesimo dessert strepitoso a cui ci ha abituato questa cucina. La degna chiusura di un pranzo travolgente.
Il vino della casa di Fausto…
condivido ed adoro Giorgio!!!! un emozione i suoi piatti
provato di nuovo sabato scorso cena memorabile stefania fausto e Piergiorgio in forma smagliante
Sesta cena al Povero Diavolo in sei anni e quinto 19/20. Una performance mai riscontrata altrove, nella mia esperienza, se non da Adrià e da Aduriz, ma a fronte di un numero di cene inferiore. Dodici piatti provati, nell'occasione, e dodici capolavori. In buona parte proposti per la prima volta quella sera. Il rinnovamento continuo, nel senso letterale del termine, del menu di Parini ha dell'incredibile e, su questi livelli, credo non abbia uguali al mondo. Purtroppo, però, sala mezza vuota il sabato sera. La persistente stellina Michelin continua a far ridere, ma a questo punto inizia anche a far rabbia, perché rischia di danneggiare in modo grave il futuro del ristorante.