Passione Gourmet Andreina, Errico Recanati, Loreto (AN), Carlo Cappelletti.

Andreina

Ristorante
Via Buffolareccia 14, Loreto (AN)
Chef Errico Recanati
Recensito da Presidente

Valutazione

14/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • Lo spiedo
  • Qualche perla in cantina

Difetti

  • Servizio un po' lento
Visitato il 11-2011

Chi conosce bene le Marche sa quanto Andreina, aperto da oltre 50 anni ed ora in mano alla terza generazione, guidata da Errico Recanati, sia un pezzo di storia di questa regione.
Errico è un bravo chef, poco più che trentenne, con importanti esperienze presso Martin Dalsass e soprattutto, a giudicare dai rimandi che abbiamo riscontrato, da Gianfranco Vissani e Pietro Leemann. Dal primo ci sembra aver tratto la tendenza alla contaminazione fra molti ed eterogenei elementi, mentre dal secondo l’amore per le componenti schiettamente vegetali ma anche, sembra un dettaglio ma non lo è, l’abitudine all’abuso del lampone, presente in un numero troppo elevato di piatti tanto del maestro quanto del discepolo.
Recanati, pur con un’idea di cucina decisamente modernista, non rinnega affatto il passato del ristorante che si trova a condurre, e d’altronde sarebbe poco intelligente, oltre che di questi tempi economicamente autolesionistico, rischiare di dover rinunciare all’affezionata clientela che frequenta con assiduità il locale. Oltretutto, senza nulla togliere alle ultime creazioni di Recanati, i piatti un cui abbiamo avvertito maggiormente “l’anima” sono stati, con l’eccezione di un ottimo risotto con beccaccia, scampi e burrata, quelli più in linea con la cifra storica del locale. Lo chef infatti nello sforzo creativo ci pare talvolta concentrarsi più sul packaging e sull’effetto sensazione che sul risultato gustativo. Porto ad esempio il caviale d’olio che è ottenuto mediante tecnica, sì, materia prima, pure, ma senza che il prodotto giustifichi l’artificiosità di tale orpello che abbiam trovato decisamente pleonastico.
Bell’idea quella di riprodurre maionese e ketchup in versione nobile con l’hamburger di cinghiale con burrata e salsa ai lamponi (eviterò di sottolineare con una ola ogni volta che menzionerò tale ingrediente). La scatola di frittini è un gioco intorno all’abitudine marchigiana di accompagnare le classiche olive all’ascolana con fritture dolci. Nel nostro caso troviamo molto gradevoli il pavesino e l’amaretto, anche se segnaliamo che altre declinazioni (ci riferiscono di una versione con nutella) siano assai meno apprezzabili, oltre che filologicamente discutibili. Molto buono il carciofo fritto nel Verdicchio con mela e flan di pecorino, gioco in cui il senso della manipolazione è del tutto giustificato. C’è un intenso sapore, oltre che grande tecnica, nei fantastici raviolini di fagianella nel brodo di cipolle cotte sotto la cenere, con un’ottima consistenza della pasta e un brodo in cui concentrazione e piacevolezza camminano a braccetto. Sono buoni anche l’uovo impanato e fritto, il tortino di carciofi e patate ed è discreto il crostino con galantina di pollo e sottaceti. Il girello con patata alla brace è goloso e, al netto dell’inutile caviale d’olio, perfetto nella sua essenzialità. La brace e lo spiedo si confermano il punto di forza del locale. Dalla materia prima, alla cottura millimetrica delle carni, tutto è ai massimi livelli. Sono eccellenti i tordi, la porchetta e i fagottelli di maiale, lo splendido pollo.
Certo che il fatto che il lampone non manchi neppure in un dessert di per sé iperacido come il buon 100% frutto della passione….
Il servizio, gestito dalla signora Ave, cuoca di seconda generazione, mamma dello chef e figlia della storica Andreina, è molto cortese e caloroso. L’interazione con la cucina però, dev’essere affinata. Non è infatti ammissibile che nella piccola degustazione di antipasti a sorpresa (un estratto, quindi, di quella più ampia) giunga la scatola dei frittini contenente gli stessi pezzi che lo stesso commensale ritroverà nel fritto misto scelto alla carta (ed in entrambi trova il suo cantuccio la maionese al lampone 😉 )
Notevolissima la cantina, non eccezionale per ampiezza ma in toto molto significativa, con ricarichi davvero degni di lode (ricordo per esempio l’Es di Gianfranco Fino 2008 in carta a 40 euro).

I piatti di seguito sono riferiti a diversi pranzi, di chi scrive e di Leonardo Casaleno.
Pane e grissini all’olio

Caviale d’olio, semolino e pomodoro

Hamburger di cinghiale con burrata e salsa al lampone.

Girello con patata alla brace e caviale d’olio.

Bruschetta sottaceti, pistacchi e galatina

La scatola dei frittini

Uovo impanato con patate viola

Carciofo fritto nel Verdicchio, flan di pecorino e mela.

Creme brulè di baccal�

Raviolini di faggianella con brodo di cipolle cotte sotto la cenere


Il fantastico spiedo

Fegatelli di maiale in rete e alloro;

Fritto misto alla marchigiana con maionese al lampone.

Porchetta alla brace;

Pollo allo spiedo.

Tordi allo spiedo;

Piccola pasticceria.

Ingresso del locale

1 Commento.

  • divadivina14 Febbraio 2012

    Credo che Andreina sia un ottimo ristorante .. coerente e sempre con qualche buona sorpresa . Cucina classica ma ben fatta, non eccede in inutili virtuosiosimi ma rispetto al passato si è molto perfezionato, lontano dalla cucina di Parini e purtroppo anche da quella dei suoi colleghi Senigalliesi è pero sempre buona e coerente. Sono pienamente daccorto anche con il voto.

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