Alain Senderens, Paris. Orson

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

15/20

PREGI
DIFETTI

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Recensione ristorante.

Si entra in un posto come questo come in un santuario dell’alta cucina: il vecchio Lucas Carton è ancora saldamente nelle mani di Alain Senderens, chef di rara eleganza che officia da queste parti da quasi 25 anni, dopo aver chiuso l’ormai mitico Archestrate (e lasciati i suoi locali all’Arpège, ma questa è un’altra storia…).

La ristrutturazione, molto riuscita, affidata qualche anno fa a Noé Duchaufour-Lawrance (in coincidenza con la decisione di “restituire” le 3 stelle alla Michelin) ha preservato lo spirito dei luoghi, avvicinandoli però al nostro tempo (per intenderci: mangerete su una tavola senza tovaglia e le boiserie saranno adornate da illuminazioni di sapore asiatico, che rendono quasi impossibile realizzare delle foto decenti).

Senderens ha fatto dell’abbinamento cibo-vino un’arte e non ha senso, quindi, non affidarsi ai già suggeriti pairings fra i piatti proposti nella carta (piuttosto snella, 4-5 alternative per entrée, plat di pesce o carne e dessert), a prezzi che si sono giovati della nuova veste, dimezzandosi.

Avendo deciso di stare sul classico, abbiamo iniziato con un salmone semi-affumicato (da loro) con cetriolo, mela e pesto di wasabi, accompagnato da un Riesling “Kabinett”, R. Von Kesselstatt 2007: materia eccellente, sapori cristallini e delicatezza sono la cifra dell’associazione, appagante senza troppi sussulti.

Il successivo raviolo aperto di astice alla vaniglia, con qualche foglia di spinaci, è di chiara ispirazione orientale (o, a essere più cattivi, di chiara impronta “alla Ledeuil”, per citare uno chef parigino che col suo Ze Kitchen Gallery si muove ormai da anni con successo di critica e pubblico su terreni similari), ma la presenza della vaniglia è un po’ eccessiva e non serve a bilanciarla il Bourgogne Blanc 2007 di Coche-Dury per cui (dice il menu) il piatto è stato “espressamente creato”.

Applausi invece per la millefoglie alla vaniglia di Tahiti: la perfezione assoluta di un dessert non migliorabile (lo potete trovare di pari livello, e per qualche euro in meno, dall’ottimo Au Bascou, storico bistrot dell’alto Marais ripreso dal vice di Senderens, Bertand Guéneron), cui non abbiamo seguito il suggerimento di abbinare il Vin Santo 2005 di Villa Artimino (proposto per la sua “rusticità” –sic- in opposizione alla “croccantezza cristallina” della sfoglia).

E’ probabile che la carta avesse piatti più emozionanti (è stato così in altre occasioni in cui la valutazione era di un punto almeno superiore), ma forse oggi ha più senso sedersi al piano superiore, al bar Le Passage e provare il Senderens del 21° secolo in una formula ancora più “fresca”, a prezzi di gran favore (menu degustazione a 34 euro!)

il pregio : Molto ben riuscita l’operazione di ringiovanimento

il difetto : Emozioni davvero pochine

Alain Senderens
9, Place de la Madeleine
75008 Paris
Tel : +33 (0) 1 42 65 22 90
Fax : +33 (0) 1 42 65 06 23
eMail : restaurant@senderens.fr
chiuso: sempre aperto
numero coperti: 50
alla carta: 95 €
menu:110 € (150 € con vini in abbinamento)

http://www.senderens.fr/

Visitato nel mese di Novembre 2009

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Orson

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17 Comments

  1. roberto ha detto:

    a me le luci thailandesi psichedeliche non sono piaciute per nulla, e poi la tovaglia almeno alla sera….5 euro in piu’ li paghiamo tutti volentieri.

    • franco francese ha detto:

      Infatti: 150 euro senza un pezzo di tovaglia è semplicemente offensivo. Sugli abbinamenti cibo vino qui si è fatta storia: erano adecina solo per ogni singolo formaggio e relativo stato di maturazione. Non capisco il riferimento a Ledeuil: Homard a la vanille è un vecchio classico di Senderens e se non ricordo male veniva servito con spinaci. Quanto al rinnovamento è stato un vero colpo al cuore vedere portar via la struttura del mitico Lucas Carton per ridurlo in quello stato che vedete. Che tristezza.

  2. breg ha detto:

    In realtà sul sito di Senderens il raviolo aperto è proposto con Saumur “Brézé” – Domaine Guiberteau ….

  3. orson ha detto:

    @ franco francese
    Il riferimento a Ledeuil sarebbe stato più chiaro se avessi potuto mostrarti la foto (che però era pessima, purtroppo) e farti provare il piatto. “Schiumetta” alla zé kitchen, in cui oltre alla vaniglia c’è una speziatura à la mode…

    A me il lavoro di Duchaufour-Lawrance non è per nulla dispiaciuto (luci a parte), forse la foto non rende. E’ chiaro che toccare questi templi è molto rischioso, ma paradossalmente qui mi sembra che ci sia stato più rispetto dello spirito che altrove (in questo link qualche altra foto per i più curiosi: http://www.elmundo.es/yodonablogs/2007/01/29/decoracion/1170088384.html
    )

  4. emanuele barbaresi ha detto:

    Lucas Carton era il ristorante-simbolo dell’alta cucina parigina, Alain Senderens uno degli chef più importanti del XX secolo. Che tutto sia finito così, con la cancellazione del primo e l’imbarazzante offuscamento del secondo, oltre tutto a causa di una scelta scellerata dello stesso Senderens, è davvero molto triste.

  5. billythekid ha detto:

    Non si può dire che la “ristrutturazione” sia in sé e di per sé brutta, ma – a mio avviso – diventa ignominiosa (giusta perfettamente la definizione “scellerata” di Barbaresi) quando si considera ciò che Lucas Carton rappresentava (la memoria storica di Parigi).
    Quanto alla cucina, Senderens è ormai da tempo solo più la scialba controfigura di sé stesso (i verità sarebbe più corretto dire “la caricatura”) e tutte le sue pseudo innovazioni commerciali mi sembrano nient’altro che una caterva di idiozie.
    In sintesi, un cuoco che non ha mantenute le promesse, ormai finito, sempre più ridicolo con le sue proposte alternative e che sarà ricordato unicamente per aver distrutto uno dei locali simbolo di Parigi.

  6. orson ha detto:

    Forse siete un po’ estremi. Concordo sul fatto che non si tratti più di uno dei ristoranti imprescindibili di Parigi (ma dei grandi “storici”, quali lo sono ancora?).
    E’ ancora un ottimo ristorante, ha una sua identità caratteristica e una sua linea culinaria che ha un senso (il ruolo centrale del vino, un uso sapiente delle spezie). Il Lucas Carton è passato nella sua storia per diverse ristrutturazioni e immagino che ogni volta abbiano sollevato proteste.
    Non é come Chez Maxim (quello sì, la caricatura di ciò che fu) ed è ancora un posto piacevole a prezzi sensati. Non a caso è sempre pieno, e non di turisti beoti.

    • emanuele barbaresi ha detto:

      Lucas Carton era un mito, non semplicememte un ottimo ristorante, come a Parigi ce ne sono decine. Era il simbolo, ripeto, dell’alta cucina parigina. Nei primi anni 90 la lista di attesa per la cena da Senderens, uno chef ancora all’epoca molto innovativo, era di quattro mesi, più che oggi all’Astrance (e, se vogliamo aggiungere un tocco provinciale e grottesco, visto che purtroppo siamo in Italia, quasi come al… D’O). Senderens, con la sua scelta a mio parere scellerata, e ancor più deprecabile in quanto ha coinvolto l’insegna e il cadre, ha semplicemente distrutto tutto, ha cancellato un’idea prima ancora che un ristorante e – peggio ancora – ha azzerato la memoria. Nella migliore delle ipotesi ha rinnegato la sua storia, anche la sua oltre che quella del locale, spiegandoci che forse non era poi così importante come pensavamo.
      Non so se oggi alla Tour d’Argent, al Grand Vefour, da Ledoyen, da Lasserre e da Laurent, tanto per fare qualche nome, si mangi meglio o peggio che da Senderens. Probabilmente si mangia in modo ugualmente poco significativo. Ma almeno queste grandes tables non hanno rinnegato la loro storia.

  7. billythekid ha detto:

    Lo so che io vado un po’ giù con l’accetta, ma al di là dello scempio storico (che poi, ovviamente, ognuno giudica come meglio crede: a me rincresce semplicemente che un luogo ricco di memorie, da tempo pure immortalato nella letteratura, facente parte di quella Parigi “d’antan” che perde pian piano i suoi pezzi, non esista più e che sia rimasto solo il suo surrogato), credo fermamente che Senderens o per involuzione sua personale o per discutibili scelte commerciali abbia sprecato tutto quanto di buono fece all’Archestrate (locale dove io non sono mai stato ma di cui, nel mio piccolo, grazie ai miei genitori e a due mie zie, conosco abbastanza bene le premesse ed i successi).
    In due parole: da lui , quando l’ho provato, mi aspettavo molto ma molto di più. Con questo, non dico certo che faccia schifo. Però non emoziona.

  8. billythekid ha detto:

    @emanuele barbaresi

    Secondo una mia amica, grande esperta non di chefs ma di uomini, al D’O (un locale da me sfortunatamente provato e semplicemente penoso, come è penosa la sua cucina) fanno la coda non per mangiare ma per vedere il cuoco, a suo parere il più bello d’Italia …

    Quanto all’opera di distruzione messa in atto da Senderens, culturalmente è vergognosa.

    • Pat Garrett ha detto:

      Billy, ma allora dopo l’attrito inziale siamo proprio entrati in sintonia 🙂
      Anch’io del D’O ho la stessa opinione e NON me ne puo’ fregar di meno se Oldani è un’adone…supponenza a non finire in un locale iper-sopravvalutato, d’altronde oltre che bello è bravo nelle pr ;-), preferisco pero’di gran lunga i cuochi che sono in cucina a spadellare a testa bassa..

    • Pat Garrett ha detto:

      Scusate sono un po’ OT, ma non ho resistito all’assist di Billy..

  9. billythekid ha detto:

    @patgarrett

    Concordo in pieno: i veri cuochi lavorano in cucina, e no fanno marketing. Oldani mi sembra un fenomeno (da baraccone) mediatico, sicuramente molto bravo ed avveduto nelle pubbliche relazioni (d’altronde deve guadagnarsi la pagnotta pure lui) che va a nozze coi milanesi scervellati e pretenziosi, del genere “vorrei ma non posso” e bramosi di darsi un tono.

  10. alberto cauzzi ha detto:

    BBooni che tra 3 giorni 3 il sottoscritto e Rob78 varcheranno la soglia dell’Ambroisie, speriamo che almeno questo sia rimasto il mito che tutti decantano 😉
    Dalla difficoltà ad ottenere un tavolo direi di si …

    • franco francese ha detto:

      Già che siete in zona, buttate dentro un’occhio al Grand Vefour non che si siano venduti gli specchi del 700 e i divanetti rossi. E se vi fate due passi al Bois de Boulogne verificate anche se Le Prè Catelan non sia stato convertito in discoteca 🙂

  11. orson ha detto:

    Beh qualche lavoro recente (molto rispettoso) al Pré Catelan l’hanno fatto.
    E il menu déjeuner a 85 eurini invoglierebbe pure (non foss’altro perché di Anton si parla pochissimo)

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