Il ristorante Condividere si fa libro
Quando si vive un’esperienza gastronomica, quel che rimane non è tanto il piatto, che si consuma, o l’ingrediente, che si trasforma. Ciò che lascia davvero il segno è la narrazione: ovvero quello che di un ristorante si porta fuori, nella testa e nel cuore, quando ci si alza dal tavolo. Ed è proprio questo il terreno su cui oggi si muove Condividere, il ristorante torinese che diventa anche oggetto editoriale.
Pubblicato da TOPIC, casa editrice indipendente attenta ai linguaggi culturali emergenti, il libro Condividere, presentato in concomitanza con l’evento della World’s 50 Best Restaurants 2025 a Torino, è un progetto corale che racconta il ristorante fondato dal Gruppo Lavazza come laboratorio di idee, relazioni, identità gastronomica. Non un catalogo, né un semplice ricettario: è un libro che tenta di restituire la complessità di un luogo che ha fatto della condivisione la sua grammatica fondamentale.

Il progetto editoriale
Nato dentro la Nuvola Lavazza, sede del gruppo torinese, il ristorante ha da subito superato i confini della ristorazione classica. È qui che si incontrano la mente radicale di Ferran Adrià, che ha contribuito a delineare l’identità concettuale del locale, e l’estro visivo di Dante Ferretti, scenografo premio Oscar, autore degli spazi. In cucina, la regia è affidata a Federico Zanasi, lo Chef che ha saputo tenere insieme estetica e ironia, gusto e accessibilità, alta tecnica e spirito mediterraneo.
Il progetto editoriale racconta tutto questo con un ritmo costruito per immagini, parole e suggestioni. Oltre 45 ricette e un racconto per frammenti di una giornata tipo al ristorante, tra servizio, backstage e passione quotidiana. Ma il cuore del progetto resta la relazione tra le persone, i dialoghi, le convergenze intellettuali che hanno reso possibile la nascita del libro Condividere.
A rendere possibile questo passaggio dalla tavola alla carta è stata una visione precisa: quella di Marco Bolasco, che con TOPIC ha scelto di realizzare un oggetto narrativo e visivo che fosse coerente con il ristorante di cui porta il nome.
Non è un esercizio di autocelebrazione, ma la volontà di fermare nel tempo un percorso che ha messo al centro l’idea di ospitalità come gesto culturale. E che oggi rilancia, in forma scritta, la sfida più urgente della ristorazione contemporanea: saper costruire senso, oltre la forma.







Fotografie: Laura La Monaca e Stefano Videtta.