La cucina di Gipponi si fa “Antologia” tra avanguardia e classicismo
Alberto Gipponi è certamente uno dei cuochi italiani più creativi ed originali degli ultimi anni. Sperimentatore, capace allo stesso tempo di regalare grande concretezza gustativa ai suoi piatti.
Il suo ristorante Dina ha sempre regalato grandi emozioni e spunti di interesse non solo squisitamente palatali, ma anche cerebrali e culturali. Preparazioni che stimolano il gusto e suscitano un pensiero nello stesso momento. Menù come Bianco su Bianco o I-M-PASTA sono stati in Italia, tra i più avanguardisti degli ultimi tempi senza dubbio alcuno.
E dopo aver spinto sull’acceleratore della creatività e della pura avanguardia con una serie di menu sempre diversi e stimolanti, sembra arrivato per Gipponi il momento della riflessione, che non può non passare dal fare il punto su quanto seminato fino ad oggi. Una sorta di pausa contemplativa per poi, riteniamo, guardarsi indietro e ripartire con sempre maggiore consapevolezza.
Una delle proposte gastronomiche che abbiamo trovato nel corso della nostra ultima visita, è articolata su due menù degustazione, uno di 4 ed uno di 7 portate, dal significativo titolo di Antologia che racchiudono i classici della cucina dello Chef degli ultimi anni depurati in gran parte (ma non completamente) dalle preparazioni più spinte dal punto di vista creativo e concettuale.
E’ il momento giusto, dunque, per chi non avesse ancora avuto la fortuna di farlo, di assaggiare piatti solo apparentemente “minimalisti” come Cannellone e tartufo bianco, in cui l’assenza si fa presenza. Il cannellone è vuoto, la pasta è resa “assoluta” e trasfigurata (sono fettuccine, sembra un cannellone), il “morso” è clamoroso, così come la crema al gelato di tartufo bianco che alla fine lava via l’uovo dal palato e sgrassa perfettamente la bocca. Piatto astratto, eppure molto concreto.
Ancora, gli Echi ancestrali dell’Acqua di pomodoro arricchita dallo “strattu” (tradizionale modalità siciliana di essiccazione al sole della passata di pomodoro) sul fondo e dal sentore di pepe regalato dalle foglie di Santoreggia in superficie: Umami pazzesco!
Un cuoco fuori dagli schemi per una cucina “autoriale” che non annoia mai grazie ad un incredibile lavoro su acidità e contrasti e profonda conoscenza di tecniche e materia
E poi, l’irriverenza, il gioco, lo Spaghettino e polpetta, reinterpretazione di quello che è il piatto italiano forse più diffuso nel mondo ma che, come ben sappiamo, piatto italiano non è.
Si continua tra sensazioni e contrasti con i geniali Agretti e Kala Namak in cui il sale nero dell’Hymalaia dallo spiccato sentore di uovo, da insaporitore diventa ingrediente vero e proprio, il tutto arricchito da una perfetta salsa al fieno greco e lime.
E ancora, Faraona, genziana e limone, piatto di grande classicità, un omaggio al pollo del grande Georges Blanc: petto arrostito e laccato con il suo fondo, salsa fatta con le cosce, l’abbinamento con la genziana stupisce e dona una nota amaricante che si combina alla perfezione con la rotonda succulenza della carne. Nel piatto, al lato, limone salato e fogliolina di salvia per regalare la giusta sapidità all’insieme e chiudere perfettamente il cerchio.
Questi solo alcuni piatti dell’Antologia del ristorante Dina, per fare il punto dopo più di un lustro di creazioni e aiutarci a comprendere dov’è oggi la cucina d’Autore italiana.
IL PIATTO MIGLIORE: Agretti e Kala Namak, salsa al fieno greco e lime.
La Galleria Fotografica:











Di seguito la rassegna fotografica di alcuni piatti del nuovo menù Antologia:








