Villa Feltrinelli

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

19/20

PREGI
Cucina di grande personalità e originalità.
Uno dei ristoranti più belli d’Italia.
DIFETTI
Il ristorante è aperto solo a cena.
Al prezzo richiesto per il menù degustazione va aggiunta una maggiorazione obbligatoria del 10% per il servizio.
La carta dei vini non al livello della cucina.

L’apparenza inganna

Villa Feltrinelli è un luogo di sfarzo sublime. C’è un’imponenza architettonica che si confonde in dissolvenza con l’eleganza discreta del paesaggio lacustre, dominato da limonaie e oleandri, incastonato tra le Prealpi Gardesane.

Luogo il cui livello di “romanticismo” si alza vertiginosamente con la bella stagione, quando i tavoli disposti a schiera a bordo lago, tra riflessi d’acqua, dettagli curati e colori accesi, evocano la quiete luminosa di quei paesaggi al tempo tanto agognati dai pittori impressionisti en plein air. In questo scenario privilegiato, la proposta gastronomica, di base, si rivolge a una clientela internazionale decisamente – e spudoratamente (!) – facoltosa, ospite delle esclusive e lussuose suite di questa storica dimora di Gargnano.

C’è un fascino sottile anche dietro le quinte di questa opulenza: nei ritmi ovattati della cucina, dove si sprigiona un’energia luminosa, quasi cosmica, una forza vitale portata da Stefano Baiocco, chef di evidente sensibilità che, lontano dal frastuono patinato della gastronomia-spettacolo, si diletta a strutturare un menu completamente avulso dal contesto, audace e sfidante allo stesso tempo.

Dissonanza raffinata

Ci piace definirla così la cucina di Stefano Baiocco, quasi un ossimoro tra contesto e contenuto: da un lato la piacevolezza di un luogo fiabesco, dall’altro un linguaggio gastronomico sperimentale che è il risultato di precisione tecnica e libertà espressiva. Il cuoco marchigiano ha una visione gastronomica ben definita, che è al contempo di dettaglio e d’insieme, in cui ogni assaggio cela un’improvvisa deviazione, un contrasto inaspettato – che è un’intuizione folgorante – sotto apparenze rassicuranti. E’ come se nell’atmosfera composta di un concerto di musica classica qualcuno attaccasse il jack e alzasse il distorsore per rendere la sinfonia vibrante, volutamente fuori spartito.

Tra estetica curatissima e rispetto assoluto degli ingredienti (superfluo precisarlo ma tant’è), il vero centro di questa cucina risiede nel pensiero che stimola e nel dubbio che insinua. Accarezza e destabilizza, muovendosi su coordinate mutevoli e spiazzanti. Richiama quella sottile disorientante meraviglia che si provava alla tavola di Paolo Lopriore, alla Certosa di Maggiano: ci si attendeva una cucina di territorio reinterpretata con estro, e invece ci si imbatteva in un’insalata di foglie e alghe, intrisa di toni balsamici, piccanti e amari — e bastava un assaggio per intuire che il cuoco apparteneva a un livello superiore.

Il Raviolo di avocado arrostito in ceviche al baccello di piselli è un piatto poliedrico perchè dannatamente buono ma al contempo insolito, sostenibile e dall’equilibrio e raffinatezza sottili, un po’ l’opposto del coraggiosissimo Spaghetto al caffè e limoni di mare dove la componente fenica è portata all’estremo del gusto, quasi disturbante, ma trova incredibilmente – ai primi assaggi non lo direste mai! – un equilibrio con il fondo di vitello in mantecatura: una summa di aromaticità dove il tostato accentua le componenti ferrose del frutto di mare, amplificandone l’intensità marina fino a evocare un sapore quasi ematico. E poi piatti con equilibri disarmanti come il Salmerino al barbecue e salsa diavola accompagnato da un Riso nikomaru con uova di salmerino che ti porta nel gusto del Giappone profondo, o il Piccione arrostito, passatelli, consommé di verbena, liquirizia (classico o non classico?) dove vincono l’aromaticità e il profumo della verbena che ripulisce a mano a mano dopo ogni boccone. Capitolo dessert al medesimo livello del salato, con un notevolissimo Budino di mandorla, crema di pompelmo grigliato, granita di verdure e una brillante piccola pasticceria predominata da agrumi, ortaggi e funghi.

Stefano Baiocco firma così una delle espressioni più singolari e intense della cucina creativa contemporanea del nostro Paese – in un contesto di grande albergo internazionale dove il cliché del Bel Paese resta uno stereotipo incrollabile – regalando un’esperienza che va ben oltre il gusto, sfiorando la dimensione intellettuale ed emotiva dell’alta cucina.

Una tavola dal tale spessore da diventare una destinazione, capace di giustificare ogni singolo chilometro percorso.

IL PIATTO MIGLIORE: Raviolo di avocado arrostito, ceviche al baccello di piselli.

La Galleria Fotografica:

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Leonardo Casaleno

Avvocato di professione e appassionato cinefilo, il suo cammino è stato segnato fin dalla giovane età da un sorprendente incontro con una passatina di ceci sulla via di San Vincenzo: un momento che ha acceso in lui un profondo culto per il cibo. Oggi sfugge con entusiasmo alla monotonia quotidiana per andare alla ricerca di tavole tradizionali o innovative che siano, purchè autentiche e capaci di sfamare la sua curiosità gastronomica. Nutre un altro grande amore per i viaggi che si manifesta in modo spontaneo: prenota un ristorante, quindi pianifica l’itinerario.

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

19/20

PREGI
Cucina di grande personalità e originalità.
Uno dei ristoranti più belli d’Italia.
DIFETTI
Il ristorante è aperto solo a cena.
Al prezzo richiesto per il menù degustazione va aggiunta una maggiorazione obbligatoria del 10% per il servizio.
La carta dei vini non al livello della cucina.

INFORMAZIONI

PREZZI

Unico menù degustazione “Centopercentobaiocco” a 280€ + 10% maggiorazione obbligatoria per il servizio.

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