Cavallino

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

16/20

PREGI
La bellezza e la cura del del luogo dagli arredi alla strumentazione di mise en place.
DIFETTI
L’acustica a locale pieno, sfidante.
L’assenza di un parcheggio dedicato per i clienti del ristorante.

Rosso scattante

In mineralogia, l’inclusione è una sostanza intrappolata all’interno di un cristallo, spesso invisibile all’occhio nudo, ma determinante per l’effetto finale: quell’iridescenza che rende unica ogni gemma. È un principio che parla di compenetrazione e dettaglio, di piccoli elementi che influenzano la visione d’insieme. Al ristorante Cavallino di Maranello – la casa rossa della memoria, oggi affidata alle solide mani solida di Riccardo Forapani e Virginia Cattaneo della Francescana Family– l’inclusione è il racconto stratificato della meccanica, non solo nei piatti, ma nel design delle sedute, nella precisione dei gesti. Qui tutto è sistemico, come nel cofano di una Ferrari: la leggibilità nasce dal controllo, il dettaglio fa la differenza. Il percorso degustazione concepito dal trio Bottura-Forapani-Cattaneo attraversa un susseguirsi di registri differenti ma ben accordati, come i giri di un motore in pieno allungo in test su pista: picchi di inventiva sensoriale, dove un paio di curve fanno tentennare lo sterzo ma che la brigata di cucina e di sala governano agilmente. Nella sequenza completa scegliamo di soffermarci su alcuni piatti.

Il ristorante Cavallino e la sua degustazione da Gran Prix

Il primo sono i Risoni alla Pilota. Qui il piatto si fa corpo, calore, corsa: un piccolo gioiello di ingegneria applicato al mondo della pasta. La dimensione maggiore del risone, rispetto al consuetudinario chicco di riso amplifica la superficie di contatto, favorendo quella testura masticabile che richiama la grana della salsiccia di Mora Romagnola appena investita dal calore. Il brodo non è solo veicolo: è camera di compressione. Il limone in mostarda, agisce come sistema frenante: taglia e dà ritmo, contrastando il rischio di inerzia palatale su un piatto la cui parte grassa potrebbe far da padrona. Il rosmarino funge da raccordo tra componente aromatica e materia grassa. Vi è poi la Royale di asparagi. Cottura dolce e consistenza cedevole per il chawanmushi di Forapani-Cattaneo, componimento calibrato sulla presenza vegetale primaverile. L’asparago si fa velluto, mentre la spugnola introduce, cristallina, nuova verve terragna al piatto, quasi ragù. La consistenza è liquida ma presente, grazie ad una temperatura sapientemente modulata. Le aromatiche qui non sono finiture, ma vero e proprio supporto retro-olfattivo su cui il chawanmushi si poggia. Comfort orientale in salsa emiliana grazie a questo alleggerimento calibrato tra sapido e untuoso. Infine, l’acme della proposta è con il Cervo alla mediterranea. Proteina animale e mondo vegetale. La carne, marinata al mirto e affumicata, mantiene una succosità sorprendente. Il morso, sugoso ha un cuore vivo e minerale, schivando agilmente l’effetto pastrami dietro la curva, spesso causato da un’eccessiva affumicatura. L’intuizione felice è la colatura di alici: acidità salmastra che si insinua tra le fibre, quasi a volerle ricodificare. L’oliva verde e l’origano sono flash aromatici, netti come un’iniezione diretta: pungenti, profumati, persistenti. Il ginepro chiude, quasi fosse un filtro di carburazione, purificando la grassezza e tenendo il piatto fisso sul circuito. Piatto, nerboruto spigoloso, ma dannatamente buono. Da segnalare invece quello che ci ha lasciato con qualche perplessità è l’Anguilla in carpione, dove una caleidoscopica varietà di tecniche di lavorazione del pesce (trascendendo ovviamente l’idea di carpione) fa perdere il focus sulla centralità dell’ingrediente che domina il piatto. Un piatto con troppo movimento e poco grip. Pit stop e si riparte con il Soufflé al caramello Salato. La salinità del caramello contrasta la dolcezza senza smorzarla, anzi, la amplifica. Il gelato all’arachide è goloso mentre il concentrato di mandarino chiude come un colpo di acceleratore in staccata: fresco e deciso.

Per la sala, che regge numeri e ritmi davvero importanti, il passaggio di testimone da Luis Diaz a Andrea Saccogna è avvenuto preciso coadiuvato da un team di sala premuroso e capace di leggere una clientela tanto locale quanto internazionale. Una squadra ben rodata, che riesce a dare leggibilità al menù anche nei passaggi più complessi con una regia visibile ma non autoritaria. Il Cavallino di oggi è un ristorante che corre su una pista ben disegnata con chicane e rettilinei gustativi ben orchestrati. Il talento di Forapani e Cattaneo si esprime nella gestione delle componenti grasse e nella ricerca di umami vegetale. Quando la meccanica si fa trasparente, la corsa diventa fluida. È un’altra gemma che brilla (e romba) qui da Maranello.

IL PIATTO MIGLIORE: Cervo alla mediterranea.

LA Galleria Fotografica:

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Giacomo Bullo

Prima come cuoco, annoverando esperienze nel campo gastronomico fino al foraging nostrano, oggi come narratore amante del buon cibo in tutte le sue forme ed espressioni. E’ convinto sostenitore dell’esistenza, in qualche dizionario sconosciuto, della gastrofilia: nei suoi racconti, il tentativo di definirla. Let’s do it!

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

16/20

PREGI
La bellezza e la cura del del luogo dagli arredi alla strumentazione di mise en place.
DIFETTI
L’acustica a locale pieno, sfidante.
L’assenza di un parcheggio dedicato per i clienti del ristorante.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione a 65€ e 95€. Alla carta sui 70€.

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