Valutazione
Pregi
- Uso ingredienti inusuali.
- La spinta su note acide e sapide.
Difetti
- L’obbligo di scelta della degustazione in ordine crescente.
Nel laboratorio artistico di Giuliano Baldessari
Lo si vede dietro ai fornelli, Giuliano Baldessari. Lo si vede abbigliato con una tuta in pelle nera, maschera inclusa, dai richiami fetish, tra il serio (poco) e il faceto (molto). Il dettaglio potrebbe trarre in inganno ma è in realtà elemento fondamentale per comprendere questo cuoco e la sua cucina. Quella dell’Aqua Crua è una realtà solida, temeraria e compatta, che impone un accesso ai menù degustazione rigorosamente in ordine crescente, partendo da “Introduzione”, per poi ritornare minimo due volte per proseguire con “Iniziazione” e “Follia” (scelta ideologica, va detto, che limita la libertà del cliente meno fortunato che non può presentarsi tre volte al ristorante, dovendo accettare “un’esperienza mutilata“, sebbene alla carta siano comunque presenti le scelte più “classiche”.
In questo il suo artefice, il Baldessari in versione latex, giostra le preparazioni in prima persona, mettendosi dietro ai fornelli senza paura, privilegiando il ruolo di esecutore. Dunque la maschera in pelle potrebbe trarre in inganno, potrebbe cioè far pensare che ci si trovi di fronte solamente a uno show circense o a uno slancio di marketing più che a un’esperienza gastronomica, ma sarebbe limitante perché, concentrandosi sui dettagli inerenti la cucina in sé e per sé, traspare la profondità di pensiero e di gusto del suo patron. Si parte dai gesti eleganti e calibrati al millimetro, ammirabili dalla splendida cucina a vista, per passare all’assaggio vero e proprio, nel quale l’esplosione di ricerca su note acide, sapide ed ematiche è impressionante e appagante, fotografia quanto più nitida dell’emancipazione dai maestri Marc Veyrat e Massimiliamo Alajmo. Perché tutto si può dire di Giuliano Baldessari, lo stordimento della sua presenza può essere tanto incuriosente quanto disturbante, ma non che non sia un professionista (e un uomo) con una visione chiara di cosa debba essere la sua cucina. Basta scambiare due parole con lo Chef per intuire la competenza di questo artigiano della tavola, che chiede solo di addentrarsi nel suo mondo, che sposiamo con “Introduzione”: parte prima di un trittico che, pur non compiuto nelle sue intenzioni, restituisce un disegno preciso della sensibilità del suo ideatore.
Nitore e precisione
Molti i passaggi riusciti, su tutti Risotto di folaga, acqua di cozze e peperoncino: un piatto-manifesto, nel quale ritrovare una rotondità della mantecatura dalle nuances avvolgenti, con lunghezze temerarie del peperoncino e della nota iodata dell’acqua di cozze, alle quali si sono unite le carni, di una morbidezza irresistibile, eponime di un rapporto terra-mare assai goloso. Stesso discorso, sebbene su versanti diversi, per Battuta di camoscio Yearling, colatura di aliciÈ una salsa di alici fermentate prodotta a Cetara, sulla Costa Amalfitana. Si pensa che la ricetta derivi dal Garum, condimento con intestini di pesce usato dagli antichi Romani. La preparazione: le alici pescate in primavera e in estate sono disposte a strati all'interno in botti di castagno o rovere alternate a strati di sale marino. La botti vengono quindi... Leggi e caoliniteLa caolinite è un minerale argilloso. Tradizionalmente viene utilizzata in cucina in alcuni paesi dell'Africa, sotto forma di polvere, poichè si ritiene che essa apporti numerosi benefici, in primis un'azione disintossicante per l'organismo.... Leggi: una portata superlativa, con la selvaggina macellata prima dei tre anni, così da evitare il rischio della presenza di elementi olfattivi sgradevoli, capace di manifestare note ematiche di rara e rustica eleganza rilanciate dalla parte ittica, compensativa dell’intensità olfattiva e viatico per una mineralità on top della caolinite, grattugiata al momento, da stordimento palatale. Un piatto con la P maiuscola. Sul versante dolci segnaliamo Crema con carbone vegetale, caffè, lime e polipodio selvatico, nel quale l’acidità agrumata ha pulito il palato a ogni assaggio, in accordo con le note balsamiche del polipodio, capace di regalare al commensale una riflessione dalle eco di liquirizia sul finale.
In sintesi, s’è trattato di un’esperienza temeraria e originale, sicuramente non immediata di primo acchito ai palati meno analitici (sebbene, lo ricordiamo, la carta permetta di scegliere portate meno sperimentali) ma non per questo meno incisivo e, per quanto suoni banale, buono. Complimenti!
IL PIATTO MIGLIORE: Risotto di folaga, acqua di cozze e peperoncino.