La Capanna di Eraclio

VALUTAZIONE

Cucina Classica

15/20

PREGI
La capacità di raccontare il territorio.
La conoscenza della materia prima.
L’unicità dei piatti, assai difficili da gustare altrove.
DIFETTI
La lontananza dalle abituali rotte.
Alcuni dettagli del locale sono un po’ datati.

Sospesi, tra terra e acqua

Teniamocele ben strette le vere trattorie ‘del tempo che fu’: scrigni di storie familiari, di ricette tramandate di generazione in generazione, di ineguagliate conoscenze del territorio e dei suoi prodotti, di piatti davvero unici nella loro genuina fattura casalinga, di sincero calore umano e di profonda passione per il proprio lavoro. Sicché teniamocele ben strette, e sosteniamole, perché queste trattorie sono espressione tangibile e reale di una identità culturale condivisa che si rischia, ogni giorno di più, di imbastardire e di perdere. Non sono più tante queste insegne e – par quasi assurdo – è più facile oramai imbattersi in un buon ristorante di cucina contemporanea che in una tavola che racconta, senza infingimenti, la verace tradizione. Fra queste preziose insegne c’è ne è una che svetta: è La Capanna di Eraclio, della famiglia Soncini.

Un bianco casale, appena sotto l’argine di un canale, circondato da un pergolato. È lì – in quest’angolo sperduto della Bassa ferrarese – da tanti e tanti decenni: da quando ancora non c’era il telefono, né giungeva la corrente elettrica, né la strada era più di una semplice carrettiera. Eppure, in questo luogo appartato, quasi dimesso, si può gustare la miglior cucina di tradizione ‘di valle’ del nostro Paese. Già arrivare qui è una emozione: si attraversa un paesaggio magico dove acqua e terra sono perennemente in lotta fra loro. I piatti campi sono intervallati da macchie d’alberi, e continuamente intersecati da canali che riflettendo la luce rendono diafani i colori. Pare quasi che una atmosfera di sospensione assoluta regni su queste lande: e non è un caso – infatti – che Gabriele D’Annunzio abbia definito Ferrara «città del silenzio», che Giorgio de Chirico sia rimasto talmente affascinato da questi luoghi da dipingere qui alcuni dei suoi capolavori e che, proprio a una manciata di chilometri, dalla Capanna sorga Tresigallo, la ‘città metafisica’ e razionalista costruita negli anni Trenta dall’illuminato ministro Edmondo Rossoni.

La Capanna pare immersa in questo stato di ‘sospensione’: la sua cucina segue un tempo tutto suo, dettato dalle stagioni, dai cicli lunari, dalle maree, senza quasi tener conto del tempo che fugge, e tutto divora. Lo sa bene Maria Grazia Soncini che, con suo fratello Pierluigi, porta avanti questo luogo di famiglia, scrigno di ricordi e di sensazioni. La sua è una cucina fatta di materia: non ci sono trucchi né inganni. Il pesce è quello di giornata. I molluschi sono quelli che arrivano dalle ‘sacche’. I crostacei quelli che si pescano al largo. E la caccia si gusta in stagione. Secondo un ovvio principio: «si mangia quello che c’è oggi». È la mano, poi, a fare il resto. Ed è una mano ben allenata quella dei fratelli Soncini: tanto nello scegliere la materia quanto nel trattarla, senza ‘bis’-trattarla.

La felicità dei piatti

E così si legga pure la carta. Ma si ascolti bene ciò che Pier Luigi propone come pietanze del giorno. Così può capitare una profumatissima Vaporata di crostacei e molluschi, accompagnati da maionese maison. O – se si è fortunati – un assaggio delle rare Canocchie molecate (ovvero pescate nel momento della muta del carapace: si mangiano intere, fritte, come le più ‘comuni’, ma pur sempre preziose, moleche). O ancora – in autunno – un’Alzavola o un Germano. La cucina di Maria Grazia non mente. Nel piatto parlano i grandi prodotti della laguna: le Schie (gamberetti di laguna) e le moleche fritte sono soavi: un concentrato di gusto e di croccantezza (alla Capanna il fritto lo sanno fare per davvero!). Mentre alle cozze – le migliori, perché provengono dalla Sacca degli Scardovari – è ‘delegato’ il compito di impreziosire dei fini Spaghettini con pomodorino giallo (che dona una leggerissima spinta acida) e mollica croccante aromatizzata alle erbe selvatiche (che fornisce il tocco cruncky). Infine, fra i secondi, sia che si scelga una Pernice ripiena di foie gras, sontuosa e ricca, sia che si decida per l’incisiva Anguilla arost in umad (arrosto in umido), grassa e morbida, a colpire è la nettezza dei profumi, e la precisione dei gusti, quasi cesellati.

Un piacere, insomma. Una felicità. E pure tutto il resto – la semplice ma valida carta dei vini (ricca di bollicine, anche francesi), la simpatica cortesia del servizio, l’arredo d’antan… – contribuisce a creare questa felicità dell’‘esserci’. Proprio qui, in questo luogo, alla Capanna. Sospesi. Un po’ fuori del tempo…

IL PIATTO MIGLIORE: Anguilla arost in umad.

La Galleria Fotografica:

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Picture of Gianluca Montinaro

Gianluca Montinaro

Gianluca Montinaro, storico delle idee e professore universitario, è autore di numerosi volumi, fra cui i recenti: Aldo Manuzio e la nascita dell’editoria (2019); Martin Lutero (2019); De Bibliotheca (2020); Peste e coronavirus 1576-2020 (2021). Dirige la collana “Piccola Biblioteca Umanistica” per l’editore Olschki e il mensile di bibliofilia e storia delle idee «la Biblioteca di via Senato». Sommelier professionista, ha collaborato con il Gambero Rosso, e dal 2010, in veste di membro del Comitato di Direzione, con le Guide de L’Espresso I Ristoranti e i Vini d’Italia.

1 Comments

  1. Davide ha detto:

    Esperienza di assoluta tristezza in tutti i suoi aspetti, location penosa e mal tenuta, pietanze mediocri, servizio inesistente prezzo folle per queste variabili, vergognoso

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

15/20

PREGI
La capacità di raccontare il territorio.
La conoscenza della materia prima.
L’unicità dei piatti, assai difficili da gustare altrove.
DIFETTI
La lontananza dalle abituali rotte.
Alcuni dettagli del locale sono un po’ datati.

INFORMAZIONI

PREZZI

Prezzo medio alla carta 80€

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