Passione Gourmet Maison Rostang - Passione Gourmet

Maison Rostang

Ristorante
rue Rennequin 20, 75017, Paris
Chef Nicolas Beaumann
Recensito da Andrea Chénier

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • L'anatra al torchio vanta, tra le altre cose, un prezzo più che adeguato.
  • L'ambiente, molto parigino.

Difetti

  • Piatti nuovi poco incisivi.
  • I servizi al piano inferiore.
Visitato il 09-2022

La contemporaneità dei grandi classici

Come tutte le grandi scuole classiche, anche la cucina francese si trova a dover decidere, oggi, chi e cosa essere. Le strade, del resto, sono sempre negoziabili, e tracciate da coloro che la interpretano, suscettibili di fattori che vanno dall’indole personale e, passando per le esperienze soggettive, s’aprono a quella che è l’aire du temp – la moda – tracciandone un profilo complesso, comune. Una delle strade più prolifiche, s’è visto, consiste nell’innestarvi tecniche da altre culture: scelta interessante antropologicamente ma non sempre originalissima da un punto di vista ontologico. Altri prediligono la strada dell’essenzialità, della purezza e della concentrazione, ed è anche questo il caso di Nicolas Beaumann da Maison Rostang che, tuttavia, a differenza di Frédéric Anton a Le Pré Catelan, ha mano meno definita, e difatti decide di dedicare – intelligentemente – parte del suo menù ai grandi classici della scuola cui appartiene, che interpreta con una cura che potremmo definire filologica.

Una grandissima presse canard

Tra questi c’è, ça va sans dire, la Canard à la Presse, ovvero l’anatra al torchio, eseguita con cerimoniale impeccabile e accuratissimo. Ad accompagnarla, un Consommé de canard o, più precisamente, di canette (un esemplare femmina di anatra di meno di due anni la cui carne è più carnosa, appunto, e più fine della normale anatra) precedentemente estratto. Quindi, con l’aiuto di una pressa per anatra in argento la carcassa, precedentemente sfilettata davanti al cliente, viene pressata per estrarne i succhi che rifiniscono il filetto una volta impiattato. Uno spettacolo magnifico, un’esaltazione del savoir-faire, della maestria e della cultura della sala, prima ancora che della cucina, ma che taluni potrebbero forse considerare inattuale alla luce dello spietato politically correct in cui siamo tutti oggi falsamente precipitati. Ebbene è precisamente questo spettacolo, il suo rituale, la magnifica consistenza succosa delle carni e il velluto pieno e concentratissimo della salsa, a valere da solo un tavolo da Maison Rostang.

Quanto al resto, e al netto di un dessert molto aereo nonostante l’importanza degli ingredienti – tabacco e cognac – segnaliamo tuttavia una certa difficoltà, da parte dello Chef, di ammodernare e attualizzare il bagaglio di questo classicismo. Sapori fin troppo delicati e un eccessivo manierismo – vedi da solo il Tonno Ikejime, confuso e obnubilato nella forzata giustapposizione con l’aneto e il cetriolo o il più centrato ma molto evanescente Pomodoro – penalizzano questa cucina cui comunque riconosciamo una qualità molto importante e, per certi aspetti, comune solo alle interpretazioni più grandi: la leggerezza. E scusate se è poco. 

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