Passione Gourmet Dessert Bar Milano - Passione Gourmet

Dessert Bar Milano

Ristorante
via Crocefisso 2, 20122, Milano
Chef Federico Rottigni
Recensito da Riccardo Corazza

Valutazione

17/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Una cucina originale attorno al sucrè-salè.
  • Una esperienza multisensoriale.
  • L'abbinamento in degustazione con i vini biotici di Giorgio Mercandelli.

Difetti

  • Il costo, elevato, dell'esperienza.
Visitato il 06-2022

REBORN del Dessert Bar

Molto spesso nel nostro lavoro si abusa, ingiustificatamente, del termine ‘superare’. Le barriere, l’esperienza, le connotazioni, i limiti di genere. Altrettanto spesso si tratta di un superamento, si intende, esclusivamente formale e non sostanziale. Nuove tecniche, nuove prassi, una visione diversa, certo, ma comunque ortogonale e ortocentrica della tematica. 

Quello che si vive al Dessert Bar di via Crocefisso 2, a Milano, casa di Federico Rottigni, è invece una reale esperienza di superamento dell’esperienza gustativa così come codificata finora. Tutto nasce, come raccontato dallo stesso ideatore, autodidatta, studi di design alle spalle ed esperienze composite, come chef pâtissier, tra l’Italia e la Norvegia, dalla voglia di esplorare i limiti del proprio lavoro, la necessità di escogitare nuove maniere per approcciarsi al mestiere della ristorazione, abbattendo quinte, quarta parete, e cercando di costruire, insieme e non per il cliente un percorso emotivo ed esperienziale che permetta realmente una funzione ‘curativa’ e ‘rigenerativa’.

Lo stesso locale di via Crocefisso sembra allestito per facilitare questo tipo di esperienza. Un lungo bancone candido, cucina e servizi separati dal resto degli ambienti grazie ad una scenograficamente shakespeariana velvet curtain di uno splendido blu nobile, negazione della tradizionale circolarità e verticalità dell’esperienza conviviale, per trasportarsi in un universo dove orizzontalità, buio, luci soffuse e un sofisticatissimo apparato sonoro, controllato da una raffinata consolle al bancone, diventano parte integrante del desinare; un’esperienza che, nelle parole del creatore, parte fin dalla prenotazione, e che vede la sostanziale collaborazione di Ilaria, delicata e premurosa officiante. Una carta, sofisticatissima, che ora, insieme all’esperienza Reborn, allestita in collaborazione con Giorgio Mercandelli di Cantina Alchemica e ai suoi meravigliosi vini, è parte di un percorso di sistematica decostruzione della struttura tradizionale del pasto in termini di gusti, consistenze, alternanze dei piatti e, soprattutto, della materia prima utilizzata. Uno spettacolo, perché tale è, che sottintende ore di scrittura, tempi e movimenti perfettamente coordinati, per arrivare al suo compimento. Musiche contestuali, luci spettacolari, percezioni aptiche, analogie e sinestesie, giochi interattivi, voci fuori campo (con qualche piccola, adorabile, naïveté di scrittura) posate servite e ritirate una per una, in punta di dita, come preziosi ferri del mestiere quali sono, diventano insieme gustosi stratagemmi di uscita dalla propria comfort zone e strumenti di condivisione di un percorso che è, sopra tutto, emotivo. 

Un’esperienza nuova

Così si inizia con una Caramella di vinaccia (mosto d’uva) da mangiare con la sua carta per introdurre, come confermato dai cartoncini elegantissimi fatti scivolare con magistero accanto alla postazione, la tematica della Fiducia. Il volume 2, la Scoperta, è il gioco di accostare una Tartelletta con ganache di cioccolato dalla consistenza perfetta e gustosissima a un ingrediente come l’aglio nero fermentato che, insieme al gelato alla verbena servito come side dish, va ad amplificare, in termini di florealità e note officinali, un gusto codificato dell’infanzia. La Libertà, invece, vede l’ingresso di un piccolo gioco, un disegno svolto dai commensali con la mano non dominante, per entrare in un dominio, quello dell’emisfero destro, tipicamente riservato alla creatività. Quattro amouse-bouche accompagnati a un sedano rapa disidratato fatto scivolare sulla tovaglietta-tela di carta, quasi uno schizzo di colore pollockiano: quattro percorsi complessi e gustosissimi di alternanze freddo-caldo, tessiture morbido-consistenti e gusti, che vanno dallo iodato-sapido al cremoso, passando per il fruttato e l’officinale. Il passaggio al capitolo della Passione vede l’introduzione di uno dei piatti forti di Federico, ovverosia il Pomodoro alla brace, servito con un assoluto di mandorla e una goccia di garum di polline. Una portata sconvolgente, che unisce i ricordi, amplificati dalla colonna sonora felicemente appropriata, dell’orto dei nonni, al sapore confortevole ma non sovrastante della salsa di mandorle, perfettamente dosata, allo shock proteico-gustativo del fermentato di polline, davvero un assaggio inedito.

Perfetta preparazione a un altro piatto forte, forse l’esperienza emotiva più estrema congegnata da Federico, ovverosia l’Essenza: Mousse di fieno con cuore morbido di rabarbaro, servita con un gelato di caffè verde. La mousse è confezionata sotto forma di candela, con finto stoppino che viene acceso e scenograficamente rimosso al momento giusto, in una sala illuminata esclusivamente dalla luce delle fiammelle. La stessa candela, di consistenza e gustosità inaudite, viene incisa con un coltello-bisturi a rivelare l’anima del rabarbaro: una piccola, croccante colata di gusto capace di rinfrescare in collaborazione con l’eccellente gelato, molto vegetale, il sapore in uscita di un piatto che è puro e semplice genio.

Ed è curioso pensare che tutto questo sia propedeutico all’esperienza gastronomica centrale della serata-evento, ovverosia l’Origine. Un Pane (apparentemente) primordiale, di grano naturale, lievito madre e patate rosse, appoggiato su un letto di grano, accompagnato da una Crema di verdure e legumi germogliati, un olio all’aneto e un burro di malga. La colonna sonora è quella di un temporale, l’eco quella di una grotta, l’idea è di riportare il commensale all’essenzialità del gesto di nutrirsi-per-sopravvivere, e funziona maledettamente, tanto che si inizia ordinatamente, con spatola e panino, a imburrare e intingere impettiti e compiti, e si finisce, tanto la materia prima è incredibilmente saporita, dosata e compatta (l’olio all’aneto è pura clorofilla; il burro di malga disumano; la composta di verdure definitiva) a combinare gusti e sapori creativamente, strato su strato, sporcandosi dita e impiastricciandosi, ma di pura gioia, un po’ ovunque. Questo l’ideale preludio al completamento del percorso, la Meraviglia: Consistenze di frutti, radici, fiori e piante, accompagnato da un bellissimo bouquet, tripudio floreale-fumoso che rievoca, insieme alla Primavera di Vivaldi, fioritura e origine della vita. Si tratta di una (clamorosa) insalata di frutta, sapida, cremosa, gustosa, floreale, accompagnata a un arioso sorbetto ai fiori di sambuco e a un finto caviale al finocchietto selvatico, utile a completare la gamma delle consistenze e costruire un gusto davvero completo, rinfrescante, salmastro, ideale conclusione di un percorso iniziatico.

Dopo tutto questo entusiasmo, dopo aver gridato al genio, dopo aver vissuto un percorso così emozionante, saprà il buon Rottigni confermarsi e superarsi con le successive interpretazioni? Ci auguriamo di si. Per ora lo valutiamo con entusiasmo e un pizzico di incoscienza, come merita questa esperienza sconvolgente, una vera e propria sfida ai limiti espressivi del concetto di ristorazione, assolutamente da provare almeno una volta nella vita.

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