Alchimia applicata
Soltanto la parola evoca scenari rinascimentali, fatti di coltri fumose e pratiche ammantate dal mistero, condite dal potere immaginifico dell’illusione davanti a un pubblico crèdulo. Niente di più lontano dalla realtà, invero molto concreta, in cui si sta codificando quello che verosimilmente diverrà un vero e proprio nuovo umanesimo enoico, quella ‘rivoluzione’ teorizzata dalla Cantina Alchemica, già RiLuce, o come sarebbe forse più appropriato definirla, la Rivoluzione del Vino Artistico.
Giorgio Mercandelli, la cui carriera nel mondo vitivinicolo è altrettanto radicata nel tempo, essendo lunga ormai quasi 40 anni, parte da lontano, prima dall’azienda di famiglia Cabanon, poi, appunto, dai fasti della seminale Sacrafamilia, dove insieme alla sorella Anna già si codifica, in embrione, (sono anni pionieristici) la poetica della vinificazione biotica. Che è, altrettanto concretamente, la volontà di restituire quello che la natura dà, limitando l’azione antropica non a un gesto di accompagnamento, anzi, riposizionando il proprio ruolo nel processo da quello di produttore (espressione del gusto e creatore di un prodotto) a quello di artefice (dal cui gusto di esprimersi scaturisce la creazione dell’opera).
Si tratta di concetti di una concretezza disarmante, sfortunatamente finora mai esplorati appieno a livello pubblicistico. Basterebbe ritornare alla purezza del bere vino come attività intellettuale e non come gesto consumistico o edonistico, riprendendo la stessa sacralità della bevanda prodotta a beneficio dell’imperatore/semidio egizio oppure, perché no, della ‘magia’ del vino affinato in anfora nella Georgia di 5-7.000 anni fa.
Lo scopo della biotica come filosofia e poi della Scuola del Vino Artistico (questo perché intorno a Mercandelli, in quel di Canneto Pavese, sono diversi i produttori che hanno sposato i concetti di Cantina Alchemica, due su tutti, Oreste Sorgente, con la sua Bel Sit, e Sonia e Igor Pasquale, con la loro Helianthus, oltre a Marco Merighi, sommelier stellato, che ora si occupa, assunto improbo, di diffondere il ‘verbo’ di Cantina Alchemica), è quello di riconoscere l’eliocentrismo di vite e grano, piante capaci di fissare il potere creatore del sole e restituirne forza e complessità.
Lo scopo invece dell’artefice del vino è, in questo contesto, non di costruire un gusto a ritroso partendo da un’idea che ha nella mente, ma di ricostruire un rapporto, quello tra uomo e vigneto, caratterizzato da quello che Mercandelli ribattezza un “dominio di coerenza”, conservato nel frutto. Ecco perché si può parlare di “imbottigliare un frammento di memoria“, o “l’esperienza/essenza della pianta“. Ecco perché è necessario accostarsi alla vite come a un vecchio, fragile amico dalle radici tuttavia forti, non ricorrere a nessun tipo di processo chimico, in vigna come in cantina, ma usare semplicemente il lievito, ovviamente indigeno, per ricostruire l’esperienza della pianta memorizzata nella parte interna del frutto. Per fare questo il frutto deve “morire“, ecco il perché della fermentazione brevissima ma della lunga macerazione sulle bucce, per attivare una disgregazione cui seguirà poi l’ottenimento di un nuovo equilibrio. La vite in particolare, capace di intercettare il 75% della vibrazione solare, riesce, come nessun’altra pianta sulla terra, a restituire questa frequenza.
La sinestesia
Altro concetto fondamentale da afferrare per cercare di penetrare gli intenti di Mercandelli e della sua Scuola è quello di sinestesia: nel tempo è stato spiegato in maniera vaga e imprecisa, come una confusione o di un corto circuito di tutti i sensi e, invece, è la capacità di penetrare concetti spazio-temporali legati a intuizione e immaginazione, quindi della frequenza del pensiero, e non più divisi da ingombri tra gusto, olfatto, vista e udito. È la ricerca di questa purezza, di un vino (non importa se bianco o rosso, se prodotto di un cru o meno) dalla gradazione importante ma più simile, nel gusto, alla purezza dell’acqua, che innesca, alla prova visivo-olfattiva-gustativa, sensazioni inedite.
Un vino che, una volta deglutito, è come se un colpo di gong interno mettesse in moto una frammentazione e ricomposizione degli atomi del corpo. Un ri-ordine mentale e intellettivo, insomma. Un’esperienza estetica di spossessamento, più simile all’inebriamento che all’ebbrezza, da cui è facile intuire la sede, esattamente al centro della ghiandola pineale. Un atto che a quel punto non ha più nulla di consumistico, ovviamente, ma diventa esperienziale. Un’ingestione di purezza a cui forse le papille gustative e l’olfatto si devono abituare, ma non il cervello e il corpo, investito da un brivido causato, immaginiamo, da un senso di riconoscimento.
Anche le etichette e i nomi dei vini, ovviamente, sono coerenti con l’esperienza sinestetica. I nomi dei vini sono quelli delle vocali, che rievocando la nascita riprendono i suoni della lallazione con cui il bambino inizia a esprimersi. Le etichette sono in rilievo, corredate di caratteri in braille, permettendo, con un poco di abitudine, di degustare anche a occhi chiusi, esperienza, nemmeno da dire, assolutamente necessaria alla bisogna.
Vino I
A questo punto forse sarebbe superfluo riportare che la prova dei vini è sintonica con la teorizzazione-pratica della Cantina Alchemica. Bianchi come rossi. Superfluo, forse, ma non inutile. Utilizzo sistemi di decodifica sicuramente inadatti a descrivere l’esperienza, invece, dicendo che l’assaggio migliore di casa, ma anche il più estremo, ovvero il Vino I (vino i) 2007 sa di rose disidratate, prugne secche, presenta sentori balsamici, di carruba e liquirizia amara. In bocca è teso, ampio e compatto insieme, completamente sprovvisto di spinta tannica, di persistenza irreale, al di fuori dei canoni censiti finora. Vale il gusto della riscoperta, appunto. Ed è una di quelle bevute memorabili, destinate a scolpirsi nel cervello a caratteri cubitali.
[…] che ora, insieme all’esperienza Reborn, allestita in collaborazione con Giorgio Mercandelli di Cantina Alchemica e ai suoi meravigliosi vini, è parte di un percorso di sistematica decostruzione della struttura […]