Passione Gourmet Admo Les Ombres - Passione Gourmet

Admo Les Ombres

Musée du quai Branly - Jacques Chirac 27, Paris
Chef Alain Ducasse, Albert Adrià, Romain Meder e Jessica Préalpato
Recensito da Davide Bertellini

Valutazione

S.V.

Pregi

  • Un temporary restaurant unico nel suo genere.
  • La vista unica sulla Torre Eiffel.

Difetti

  • Prezzo del menù elevato.
  • Carta dei vini limitata e “Dom Perignon” centrica (che è partner dell’iniziativa).
  • Pagamento anticipato al momento della prenotazione (bevande escluse).
Visitato il 11-2021

Il temporary restaurant a Parigi

Dove più che al ristorante la contaminazione e l’inclusione (parlando di ingredienti, ricette, tradizioni) diventano due fattori imprescindibili per aspirare al successo dell’impresa che si vuole intraprendere? Lo sanno senza alcun dubbio Alain Ducasse e Albert Adrià che, insieme a Romain Meder e Jessica Préalpato, han dato vita a Parigi a un temporary restaurant senza precedenti: Admo Les Ombres. Un nome che unisce le iniziali di Adrià-Ducasse-Meder-Ombres e che battezza il luogo che, per soli cento giorni (l’ultimo servizio cadrà infatti il 5 marzo), delizierà il palato dei gourmet e dei gourmand di tutto il mondo. Un progetto ambizioso che ha creato ovviamente tante aspettative – qualcuno potrebbe persino dire troppe – e generato una mole di news, post e stories sui social senza precedenti.

Inclusività e armonia, con un ma

Leggendo il menù e assaggiando i piatti si ha subito una sensazione positiva, data sicuramente dal fatto che non si avverte competizione o prevaricazione di una cucina, o di uno chef, rispetto ad un altro. È un’orchestra inclusiva, senza “prime donne”, uno scenario perfettamente armonico che sarebbe bello ritrovare in ogni ambito della vita quotidiana.

Il panorama di cui si gode da questo sito di elezione è veramente di grande effetto. La Torre Eiffel si trova lì, a pochi metri dal soffitto tutto a vetrate del ristorante Les Ombres, situato sul tetto del Musée du Quai Branly – Jacques Chirac. Il servizio è di livello anche se mai ingessato, affidato a un gruppo di giovani (finalmente!) e promettenti professionisti della sala. A disposizione dei clienti due menù, da cinque o sette portate, con o senza abbinamento vini.

Grande materia prima, impiattamenti originali, concentrazione dei sapori e la giusta importanza tributata al pane, che qui diventa addirittura una portata. Caratteristiche che, in effetti, ci si aspetta di trovare in un ristorante di tale livello, per un’esperienza che, nel complesso, vale la pena fare ma con alcuni ma. I piatti sono frutto del pensiero di due teste, di due stili, che non sempre convergono in un gusto di amalgama coerente. Alcuni passaggi, come l’Aragosta, colpiscono più per l’apparenza che per la sostanza del gusto. E altri sono si interessanti, ma quasi mitigati, addolciti, arrotondati per compiacere ai molti clienti che si affannano a visitare questo esperimento temporaneo che, però, necessita forse di maggiore amalgama e attenzione da parte degli illustri attori in gioco. La nostra impressione è che ci sia un approccio poco approfondito ed organico, e che il risultato sia molto inferiore alle aspettative generate.

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