Valutazione
Pregi
- Le boiserie e l'arredamento, caldo, del locale.
- Le sapidità misurate.
Difetti
- I servizi un po' angusti.
- Il parcheggio, non proprio a due passi.
Stefano Corghi apre la sua prima osteria sotto la Ghirlandina
L’Osteria Santa Chiara, per Modena, rappresenta uno snodo focale giacché si trova proprio là dove la centralissima Via Ruggiera s’incrocia con l’ormai celeberrima Via Stella, tra quella che fu la storia enogastronomica cittadina rappresentata da Fini e il presente, e futuro, spalancato dall’Osteria Francescana.
Ma si tratta di un centro anche esistenziale per lo chef patron e per la sua brigata che, finora, hanno officiato in tutt’altro contesto, quello più periferico e di certo più underground de Luppolo e l’Uva, già fuoco, per gli appassionati, di verticali e degustazioni straordinarie. Ma Stefano Corghi, si diceva, non ha gettato il cuore oltre l’ostacolo, l’ha semplicemente ricollocato anche sotto alla Ghirlandina, rispettando la natura di questa semplice ancorché solenne osteria del centro storico dove ha messo in superbo risalto le boiserie, ha investito sulle sedute e vestito i tavoli di immacolate e imperturbabili tovaglie bianche.
Qui la cucina è, va da sé, risolutamente modenese. Perfino il magnifico, elegantissimo Prosciutto Castagnolo, perché conciato con farina di castagne, che accompagna l’aereo, impalpabile velluto del gnocco fritto è modenese, visto che proviene dal Prosciuttificio Cà Dante, in quel di Fanano. E se è vero, com’è vero, che Corghi s’è nel tempo affermato come riferimento anche tra gli appassionati di vino, allora sappiate che, se per esempio siete in vena di Sorbara, vi potrà capitare di saggiare vini non ancora etichettati, che i produttori della zona gli portano come presente (e anteprima).
Ma un elemento curioso della cucina della propaggine modenese di Corghi è senz’altro la sua misteriosa leggerezza. I tortellini in brodo di capponePollo maschio castrato per far sì che raggiunga maggior peso, rendendo la carne più tenera e grassa. Il cappone è un esemplare idoneo per brodi e bolliti tradizionali.... Leggi, per dire, sono piccole miniature scolpite di un sapore che, invero, non è affatto sapido così come il brodo di cappone, quasi dolce nella sua sacrosanta opulenza. Decisa deroga rispetto alla tradizione è costituita invece dal repertorio dei secondi piatti dove, combattuti tra l’anatra al pepe nero con la demi glace, finferli e tartufo nero e il filetto di cervo in crosta di pane nero con le spugnole e il sedano rapa, abbiamo optato per il secondo complice una passione, sempre crescente, come l’età, per le morchelle. Ebbene del cervo abbiamo apprezzato la delicatezza appena dolce nonché la plasticità soffice delle carni; della mano che l’ha preparato, invece, l’encomiabile speziatura, assai edotta, invero, del pepe, rinfrescata dalla acquosità boschiva della spugnola: un piatto né più né meno che perfetto.
Dulcis in fundo, il cannolo modenese al Sorbara con ricotta al miele di castagno, fichi caramellati all’aceto balsamico e mou di fichi colpisce anch’esso per la delicatezza e la leggerezza della ricotta, e per l’etereo fritto del cannolo stesso. Leggerissimo anch’esso. Un ossimoro? Forse, tale è, del resto, la cifra di professionale, ed esistenziale, di Stefano Corghi.