St. Hubertus

VALUTAZIONE

Cucina Classica

Cucina Moderna

18/20

19/20

PREGI
Una cucina finissima, personale, classica e contemporanea allo stesso tempo.
Una squadra di giovanissimi in sala e cucina davvero preparati e attenti.
DIFETTI
Ricarichi elevati nella carta dei vini.
Difficile trovare posto.

Norbert Niederkofler: l‘incantatore della Val Badia

Norbert Niederkofler s’è formato dapprima nel Nuovo Mondo e poi in giro per gli stellati di tutta l’Ecumene. È stato questo peregrinare rapinoso e disorientante che, negli anni della prima globalizzazione, ha determinato per lui un ritorno in patria coinciso nient’altro che con l’esigenza – non decidibile, non tacitabile – di casa: una casa che era, allora come adesso, la montagna e l’urgenza di introiettarla, questa dimora estrema, sostituendo il particolare all’universale e farne teoria e finanche filosofia con Cook the mountain e Care’s e, pratica, al St. Hubertus

È la montagna, del resto, la responsabile del genio di Norbert Niederkofler nonché colei che ricorda all’uomo che ogni genius è prima di tutto genius loci diventando, della cucina, sia l’immaginario che il quotidiano. È solo così, del resto, che gli ingredienti acquisiscono una freschezza propria, tenera, virginale: quella delle cose appena nate. Come le erbe, in particolar modo, di cui questa cucina tanto si nutre quanto è nutrita e da cui mutua una vita intima, rizomatica e ariosa, ossigenata e rigenerata dalle altezze anche quando si tratta di sottosuolo o sottobosco come nel caso dei funghi e delle radici.

E non senza l’ausilio delle mani sapienti dell’head chef bergamasco Michele Lazzarini, già lodato anche in passato, che è uno dei talenti più brillanti del St. Hubertus: è anche grazie al lui, infatti, se l’elemento vegetale, in qualsiasi forma, diventa un protagonista capace di spartirsi, con pochi altri elementi, l’intera forza e l’efficacia del piatto. Accade con la salsa di nasturzio che accompagna il cervello nonché col brodo di anguilla dell’anguilla stessa, qui porchettata. Peraltro nell’impianto ergonomico di questo piatto si manifesta una seduzione importante, e assai ricorrente: quella verso una fruizione brutale, preistorica della cucina che cela anche l’invito, invero esplicito, a un rapporto non mediato col cibo, da esperire direttamente, con le mani.

Una frugalità di stampo classico

Tra gli elementi ricorrenti della cucina del St. Hubertus, poi, c’è l’acidità: che non significa necessariamente freschezza o, comunque, non solo. Perché tutto il repertorio delle acidità possibili è frequentato con assoluta disinvoltura da Niederkofler, che dimostra di esser capace di integrare ogni acuto e contestualizzarlo sempre forte com’è di un retaggio capace di conciliare l’elemento più classico, o più alto, col bruto (o col crudo). Tutta la sua cucina, anzi, potrebbe esser concepita come l’ambizione a una dimensione rustica e frugale dell’esistenza da parte di un cuoco con solide basi classiche d’impronta smaccatamente francese.

Peculiari i primi piatti che sono, ciascuno a modo suo, un piccolo calembour: fruttato di uva spina lo spaghetto freddo; umami slanciato il risotto, dove la spinta casearia, non paga di se stessa, viene rinvigorita e forse anche sdrammatizzata dalla verve della colatura di coregone. Quanto ai ditalini, formato di pasta comfort per antonomasia, questi accolgono una seduzione conturbante: quella ematica e deliziosamente borgognona dell’estratto di selvaggina.

Si torna dunque all’incanto della dimensione agreste e bucolica con la trota alla mugnaia e, soprattutto, con la carota, laccata fino alla torrefazione.

Perché dal raccolto alla casseruola, e questo Norbert lo sa bene, passa tutta l’italianità in cucina e ciò è tanto più vero a queste latitudini, dove tecniche come la fermentazione diventano mandatarie visto che la terra si chiude, diventando inaccessibile all’uomo, per oltre cinque mesi l’anno. Da qui la necessità della circolarità dell’economia: tutto quanto arriva nel piatto, infatti, arriva da un mercato di prossimità che si materializza in oltre 500 tra verdure, erbette e funghi, mentre dagli allevatori locali si comprano solo animali interi al fine di propiziare una competenza che, del sacrificio dell’animale, sappia celebrare tutto e vanificare nulla.

Una competenza che diventa un trionfo nel maialino dai rimandi fusion e nei ribs di agnello straordinari nella cremosità delle carni, al punto da sembrare bolliti. Una consistenza struggente e misteriosa, ulteriormente enfatizzata, ton sur ton, velluto su velluto, dalla potentissima zuppa di funghi vellutata dalla finitura, una schiuma di fungo a terminare la carrellata dei salati.

E proprio questa chiusura ci accompagna felici ai dolci, in una carrellata tra le migliori mai assaggiate: un crescendo di classicismo condito con sapienti interpolazioni fino al gran finale della imperiosa, definitiva tarte tatin.

La galleria fotografica:

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Andrea Grignaffini

Andrea Grignaffini nasce a Parma nel 1963. Dal 1990 inizia a collaborare con Gino Veronelli scrivendo la guida “Buone Cose d’Italia” e articoli sull’Etichetta. Diventa quindi condirettore del bimestrale Spirito diVino, inoltre ha insegnato Metodologia di Degustazione critica presso vari atenei (Parma, San Raffaele, IULM) nei Corsi di Laurea in Scienze Gastronomiche. E’ membro della direzione esecutiva della Guida Ristoranti dell’Espresso e consulente enogastronomico di ALMA dalla sua nascita e dallo studio di fattibilità. E’ co-curatore della Guida Espresso Vini e della Guida Espresso salumi, è stato coautore dell’Enciclopedia del Vino (Dalai Editore). Con libro Nella Dispensa di Don Camillo (Tommasi Editore) si aggiudica il secondo posto al Premio Bancarella Cucina, vince il premio Luigi Veronelli come miglior giornalista, è finalista dell’Oscar del vino 2010. Ha partecipato numerose volte a programmi televisivi in veste di giurato o di opinionista come La Prova del Cuoco, Matrix, Masterchef, Cuochi e Fiamme. Inoltre ha collaborato come aiuto-sceneggiatore con Taodue nella serie televisiva “Benvenuti a Tavola”. Nel 2012 ha curato e ideato il premio Best Italian Wine Awards con Luca Gardini. E nello stesso anno vince il Prix du Sommelier dell'Académie Internationale de la Gastronomie. Collabora con Gazzetta di Parma, Gazzetta dello Sport. E’ finalista premio Bancarella 2016 con il libro Edito da Marsilio il Cuoco Universale. E’ fondatore di Future Cooking Lab spin-off dell’Università di Parma.

2 Comments

  1. Sante Barbati ha detto:

    Grande articolo… complimenti Direttore

  2. Passione Gourmet ha detto:

    […] con alcune camere. La cucina è stata affidata a Michele Lazzarini, talentuoso ex head chef di Norbert Niederkofler, che ha deciso di lasciare il St. Hubertus per tornare a casa e continuare a fare quello in cui […]

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

Cucina Moderna

18/20

19/20

PREGI
Una cucina finissima, personale, classica e contemporanea allo stesso tempo.
Una squadra di giovanissimi in sala e cucina davvero preparati e attenti.
DIFETTI
Ricarichi elevati nella carta dei vini.
Difficile trovare posto.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menu degustazione “Cook the Mountain” 290€
Abbinamento vini: 190€

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