Passione Gourmet Ritorna a scoccare "l’ora del Vermouth" - Passione Gourmet

Ritorna a scoccare “l’ora del Vermouth”

di Passione Gourmet

La Grande Degustazione del Vermouth di Torino

Il padre fondatore dell’aperitivo italiano si sta riappropriando della considerazione e dell’apprezzamento degni della sua storia e originalità. Questi, e altri, interessanti spunti sono emersi in occasione della Grande Degustazione del Vermouth di Torino, organizzata per la stampa lo scorso 16 giugno a Milano, su iniziativa del recentemente costituito Consorzio di tutela di questo grande prodotto. 

L’evento ha inteso celebrare la ricorrenza dei trent’anni dall’emanazione del Regolamento dell’allora Comunità Europea, con il quale si attribuì la qualifica di Denominazione Geografica al Vermouth di Torino, all’interno della più ampia, e generica, Indicazione Geografica dei vini aromatizzati. Fu il primo passo significativo nella direzione del riconoscimento e tutela dello strettissimo legame fra la bevanda, il capoluogo piemontese e l’intera regione. Nel 2017, il cerchio si chiuse con il decreto del MIPAAF che designò il Vermouth di Torino quale Indicazione Geografica Protetta autonoma, e, soprattutto, introdusse un disciplinare di produzione comune vincolante, concordato fra i produttori storici che sarebbero, a stretto giro, divenuti soci del Consorzio. 

Un approdo non scontato, resosi necessario per un prodotto che ha pagato dazio alla massiccia diffusione internazionale e al boom nell’utilizzo in miscelazione, a discapito del consumo autonomo; fattori forieri di tentativi di imitazione e, soprattutto, di una perdita di consapevolezza sulle sue origini, e sulle sue stesse caratteristiche. La stesura del disciplinare ha riportato il focus sulle basi fondanti dell’epopea della bevanda; produzione in Piemonte, e conferma del ruolo principale dell’assenzio nel mix di botaniche aromatizzanti (coltivato esclusivamente in regione, in primis nella Piana di Pancalieri, a ribadire la territorialità dell’intera filiera). 

Così tutto cominciò, nel XVIII secolo, quando i maestri liquoristi di Torino rielaborarono i tradizionali vini aromatizzati con assenzio (Wermut, in lingua germanica), ad uso prevalentemente medicamentoso, e ottennero una bevanda più complessa ed equilibrata (con l’ausilio di nuove botaniche e di zucchero), più adatta ad un consumo voluttuario. Nel secolo successivo, l’estensione della sua fruizione a tutte le fasce di popolazione, e il moltiplicarsi delle occasioni di convivialità, portarono alla nascita della celeberrima “ora del Vermouth”; nient’altro che quella parte della giornata, antecedente il pasto serale, tuttora parte integrante del nostro stile di vita, e simbolo primario di socialità (ora più che mai anelata).

Nella seconda parte dell’evento, è stata presentata una vasta selezione di Vermouth di Torino dei 23 produttori storici ora soci del Consorzio, da cui ogni partecipante ha potuto scegliere un proprio percorso degustativo, arricchito da assaggi gastronomici per un’interessante esperienza di abbinamenti.

Una nuova fase di valorizzazione e tutela per un’eccellenza tutta italiana

Con il proposito di vagliare una proposta per singola tipologia di Vermouth prevista dal disciplinare, si è partiti da La Canellese Vermouth di Torino Extra Dry (residuo zuccherino inferiore a 30 mg/l), dai profumi rinfrescanti di erbe aromatiche verdi e agrumi, gradevole finale amaricante, e forza nettante e dissetante (rinforzata dall’aggiunta di un poco di acqua tonica, per un aperitivo semplice ma di classe).

Per la categoria Bianco, il prodotto di Bordiga presenta un bouquet floreale e di frutta bianca, e al gusto vi è maggiore incidenza di note dolci, quasi vanigliate.

Del Professore Classico Vermouth di Torino Ambrato (tipologia che prevede aggiunta di caramello) vira verso una maggiore complessità e pienezza, con un profilo speziato e mielato, e assaggio che riporta alla mente scorze di arance candite; piacevolissimo l’abbinamento con Parmigiano Reggiano.

Infine, Cocchi Storico Vermouth di Torino Rosso (con utilizzo di base vinosa di detto colore) ha colpito per il grande equilibrio fra l’amaricante indotto dal bouquet di erbe (assenzio e china in primis) e la dolcezza che rimanda ai cioccolatini liquorosi alla ciliegia; perfetto da solo con aggiunta di scorza di limone di Amalfi, o con un suadente cioccolato Gianduja, ovviamente piemontese.

Ci troviamo dunque di fronte ad una bevanda raffinata, con una rara armonia di sentori e sensazioni gustative, che merita di essere riscoperta e di presenziare da protagonista sugli scaffali di un locale alla moda o nel mobiletto di casa, e non solo sugli eleganti manifesti pubblicitari d’epoca.

di Sara Comastri.

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