Passione Gourmet Luigi Pomata - Cagliari - Scheda 2021 - Passione Gourmet

Luigi Pomata

Ristorante
Viale Regina Margherita 18, Cagliari
Chef Luigi Pomata
Recensito da Gianluca Montinaro

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • Una cucina di bella ispirazione territoriale.
  • L’informalità dell’ambiente.
  • L’intelligente carta dei vini.

Difetti

  • Il servizio a tratti non attento.
  • La mancanza di un parcheggio riservato.
Visitato il 06-2021

Il rapsodo dell’isola

Un solitario aedo. Un bardo di una tradizione millenaria che affonda il suo stesso esistere nel mistero. Un poeta che canta quello che l’archeologo Giovanni Lilliu definì «l’enigma dell’isola delle torri». Un Omero talattico che, nell’avviluppo delle tante domande insolute, compita quell’eterna lotta fra l’uomo e la natura, fra il mare e la terra, fra i mostri e la ragione che da sempre e per sempre scandisce la storia su questo pianeta.

Così è Luigi Pomata, novello Gigante di Mont’e Prama. Un indagatore, seppur solo attraverso erbe e frutta selvatiche, verdure e formaggi, degli eventi della sua terra: la Sardegna. Un ricercatore di quel patrimonio culturale che affonda negli arcani senza risposta della civiltà nuragica e della dea ‘grande madre terra’. Uno studioso delle vicende che hanno visto contrapporsi l’antico pescatore che solcava le acque isolane alla eterna meraviglia pelagica: il tonno rosso. Cucina – quindi – quella di Luigi Pomata. Ma storia, innanzi tutto. Un insieme di domande e di suggestioni che costruiscono un viaggio, tanto stimolante quanto pieno di gusto, alla ricerca dell’essenza dell’isola.

Sedersi a uno dei suoi tavoli, nel pieno di centro di Cagliari, a poche decine di metri dalla Marina Vecchia, nel suo locale dai toni giovani e spigliati, che nella bella stagione si apre su un bel dehors, rimane quindi un’esperienza che – come poche – permette di registrare mente e palato sulle cadenze, gli accenti, le pause, le sottolineature della secolare cultura sarda. E non potrebbe essere altrimenti, considerato che la famiglia Pomata ha, da ben tre generazioni, la ristorazione nel sangue. E che, dalla ‘loro’ Carloforte, hanno visto e partecipato alla storia di quelle tonnare che, sin dal 1587, hanno reso celebre questo scampolo di Sardegna: un territorio che già dalle epoche nuragica e punica era frequentato per la pescosità dei suoi fondali.

Intrecciando storie di mare e storie di terra, la cucina di Pomata imbastisce un crescendo orchestrale che attorno al grande solista, il tonno rosso, sviluppa, fra continue riprese e fughe in avanti, fra suggestioni foreste e intimi localismi, fra tecnica e manualità, una sinfonia che lumeggia le caratteristiche dei singoli ingredienti con le loro peculiarità. Così – per esempio – sin dall’inizio, ergendosi in tutta la sua possanza, il tonno rosso di Carloforte è sì presente in tavola negli articolati amuse-bouche, con il pesto di mare, datterino e cuore di tonno rosso e con la polpetta di quinto quarto di tonno rosso e wasabi. Ma non sono dimenticate le materie prime provenienti dall’interno dell’isola, come la ricotta, le erbe aromatiche, il Vermentino, che concorrono nella creazione di gustosi tacos.

Il grande solista

Di tante domande senza risposta, si scriveva in apertura: quelle che costellano la storia dell’epoche prepuniche, con la loro statuaria carica di enigmi. Domande che ancora riecheggiano per le scoscese altezze del Gennargentu e le piane assolate del Campidano, che si rincorrono nelle pagine di Grazia Deledda, che si insinuano negli anfratti rocciosi delle coste e in quegli scoscesi borghi dell’interno ove vivono i ‘centenari’. E che riaffiorano, come moti carsici, pure fra le strade e i palazzi del caotico capoluogo, ora, nel XXI secolo. Come se un lascito incomprensibile, un’eredità, abbia attraversato il tempo, persistendo nella memoria collettiva.

Quella memoria nella quale Luigi Pomata ‘scava’, scomponendola in singoli pezzi. E quindi riempiendola di gusto ‘nuovo’, come nel caso dell’attualizzazione di uno dei piatti bandiera della Sardegna: la fregola. Così, ai tavoli di Viale Regina Margherita 18, la fregola viene tirata all’onda, come un risotto meneghino, con un brodo di molluschi grigliati (che contribuisce a dare una centrata punta d’amaro), e quindi completata con bottarga, olio di lentischio e iodate erbe di mare. Il risultato è ancora una volta sinfonico: sfuggendo ogni pericolo di eccessiva morbidezza o rotondità, gli ingredienti, fortemente identitari, ‘suonano’ a tempo la giusta partitura.

Ma è il grande solista, il tonno rosso, ad ammaliare i sensi. Luigi Pomata, che di questo pesce ha una conoscenza che pochi possono eguagliare, lo racconta in tutte le sue sfumature. La lotta prometeica fra l’uomo e il mare, fra il pescatore e il ‘mostro’, si riverbera nella grande varietà di tagli e preparazioni proposte in carta. Così il girotonno (sei tagli di tonno rosso in varie declinazioni) è già di per sé un piatto-manifesto: una dichiarazione di amore prima che di stile. Del tonno, come del maiale, nulla si buttava: la sua carne, le sue interiora, le sue uova, sin il suo sperma (chiamato lattume) hanno nutrito decine di generazioni, durante i duri inverni, come durante le lunghe traversate in mare. Così Pomata, sublimandolo in un ideale periplo, pare sottolineare come questo pesce e come questa terra siano fra loro intimamente legati.

Protagonista della tavola, il tonno vive in una molteplicità di proposte. A partire dalla riserva personale del cuoco di filetti e di ventresche. Stagionati per anni in un olio di governo che ne mantiene inalterate le caratteristiche, sono proposti accuratamente sgocciolati, con solo un giro di extravergine e una presa di sale. Il sontuoso, francesizzante, filetto di tonno con scaloppa di foie gras pare poi raccontare, con la sua spinta acido-agrumata e la sua salsa al Cannonau (clone d’oltremontano Grenache), come la Sardegna sia stata terra di frontiera, d’incontro, di rifugio, di rinascita. Se la ventresca in crosta viaggia, quindi, su un binario di rassicurante certezza, sconvolge per la sua bontà il Wagyu non Wagyu (Bottura docet) di ventresca sfiammata, con gli aromi dell’arancia amara e dell’acetosella a distenderne ulteriormente la morbida, dolce grassezza, e la vellutata impalpabilità della tessitura.

A contorno di tutto ciò il servizio di sala si mostra rodato e affabile: sempre pronto a fornire le giuste spiegazioni agli ospiti, appare solo un po’ in affanno nelle serate di punta. Di valore, e di soddisfazione, è l’intelligente cantina. La selezione, che permette di bere bene a prezzi giusti, è vasta ma non sconfinata: oltre a una buona scelta di bollicine italiane e francesi, e a una bella gamma di bianchi, a colpire sono soprattutto le pagine dedicate ai grandi rossi, con la Toscana sugli scudi.

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