Passione Gourmet Tenuta Santa Caterina - Passione Gourmet

Tenuta Santa Caterina

Vino
Recensito da Thomas Coccolini Haertl

Un cuore per l’astigiano

Viaggiando nell’Astigiano siamo, ovviamente, nel pieno del territorio vitivinicolo piemontese; al posto di dirigerci verso sud, verso le colline delle due “B” Barolo e Barbaresco, saliamo verso Casale Monferrato per poi fermarci nel centro di Grazzano Badoglio, presso la Tenuta Santa Caterina.

Ci troviamo a un’altitudine di circa 300 slm, sul versante est, sud-est del piccolo centro in cui si pratica lo storico gioco del Tamburello con rimbalzo sull’esteso muro in piazza Giuseppe Giacomo Cotti, sotto la chiesa di Santo Spirito. Tenuta Santa Caterina fu censita come agraria già nel lontano 1737 ed è stata riportata a nuova vita nel 2000 da Guido Carlo Alleva, con un attento restauro che ha recuperato il palazzo principale, la cantina storica, le scuderie e gli edifici annessi che oggi ospitano un prestigioso Relais con alcune, curatissime camere, circondate dal verde, dai porticati e dal giardino all’italiana.

I vigneti si estendono su 20 ettari, discendendo e risalendo la collina che di fronte offre un panorama territoriale unico, fra l’ambiente e lo skyline dei borghi astigiani nell’Unione dei Colli Divini; lo testimonia la Big Bench #91, ovvero la panchina gigante, proprio di fronte alla Tenuta Santa Caterina, progetto voluto dal designer Chris Bangle, già noto per il design di alcune automobili di grande successo. Un intervento che qua in Piemonte, oltre il turismo enogastronomico, attira le ulteriori migliaia di visitatori della Big Bench Community alla ricerca degli angoli di pregio territoriale italiani, ottimi punti di vista fotografici. 

La cantina, in particolare, persegue i criteri dell’agricoltura simbiotica con la coltivazione dei vigneti in lotta integrata, lavorando su rese volutamente basse (la produzione annua si attesta intorno alle 50.000 bottiglie), massima cura della selezione in vigna e fermentazioni con i soli lieviti autoctoni, sotto la guida dell’enologo Mario Ronco e la conduzione agronomica della direttrice Luciana Biondo.  

L’Infernòt patrimonio Unesco

Sotto le cantine di affinamento caratterizzate dalle antiche volte in mattoni, ove si trovano le botti grandi, tonneaux e barrique, si discende all’Infernòt, ovvero una sorta di cella quasi 20 metri al di sotto del suolo in cui oggi trovano alloggio una selezione di bottiglie in affinamento. Gli infernotti, questa la traduzione dal dialetto piemontese, sono degli esempi di architettura ipogea, veri e propri refrigeratori naturali tipici del territorio; rappresentano un ulteriore motivo di attrazione turistica locale con percorsi di visita guidati.

Quando si riemerge da queste profondità occorre riabituare gli occhi alla luce solare. Così si passa attraverso il giardino interno, ricco di essenze e dettagli, potendo anche osservare l’affresco di Santa Caterina, arrivando infine alle storiche scuderie oggi sede della sala di degustazione.

Dalla vigna al vino e progetti futuri

Distribuite prevalentemente sul lato orientale della tenuta, con terreni costituiti da marne calcareo-argillose, le vigne comprendono le varietà autoctone Grignolino, Freisa e Barbera, poi le uve internazionali Chardonnay e Sauvignon Blanc, nonché l’immancabile Nebbiolo.

Si raccoglie rigorosamente a mano in piccole cassette, aiutati dalla vicinanza dei filari alla cantina di vinificazione a cui Tenuta Santa Caterina si appoggia, dove si procede alla selezione delle uve; ma è in progetto la realizzazione di un nuovo edificio probabilmente interrato, a basso impatto ecologico che affiancherà l’attuale storica parte dedicata all’affinamento.

È davvero difficile staccarsi da questo prezioso territorio, in cui la cura del verde è frutto proprio della passione di Guido Carlo Alleva che ha anche voluto la sua cantina all’interno della FIVI

Ma veniamo alla degustazione. La linea di etichette è costituita da sette vini rossi e due bianchi, tutti sotto l’ala protettrice del Cavallo alato, il simbolo della cantina.

Monferrato Bianco Salidoro 2018 e 2019

Il nome identifica il territorio. La vigna Strada di Valpagna è infatti caratterizzata da un suolo di origine marina che in entrambe le annate (13% Vol.) concede una piacevole sapidità finale. Il taglio è 75% uve Chardonnay, di cui un 10% affina per 9 mesi in barrique e 25% Sauvignon Blanc. Il risultato olfattivo è di un vino con intense note di frutta esotica e tratteggi agrumati canditi, nel dettaglio arricchito da sentori di mandorla e zafferano, mentre al palato prevale una iniziale morbidezza che poi lascia spazio alla mineralità. Il 2018 è un vino pronto, di luminoso color oro, l’annata 2019 presenta ancora delle velature giallo-verdoline. Fa parte della linea con bottiglie bordolesi, distinte dall’estesa etichetta bianca.

Monferrato Bianco Silente delle Marne 2016 

I vini che rappresentano le selezioni della Tenuta Santa Caterina sono nella bottiglia borgognotta e questo bianco in particolare è vinificato con 100% Chardonnay dal solo vitigno della Maddalena. Tutto ci riconduce agli Chardonnay francesi, a partire dalle vigne le cui barbatelle furono appunto acquistate in Francia. Si persegue il criterio del doppio raccolto, con parte delle uve vendemmiate dieci giorni prima, cercando più acidità e il resto a maturazione piena. L’affinamento è svolto per 10 mesi in fusti di rovere da 30 hl e per almeno 6 in bottiglia. E’ un vino che si ricorda, intenso, con un colore oro carico, profumato di fiori bianchi di campo e Sambuco. L’annata 2016 (13% Vol.) esalta sentori di agrumi, frutti a bacca bianca, ma anche un delicato eco di banana e cioccolato bianco che infine lasciano spazio ai voluti tratti stilistici degli  Chardonnay francesi, per un finale minerale e sapido, elegantemente scolpito da spezie orientali persino quasi finemente oleose.  

Grignolino d’Asti Arlandino 2019

Le due etichette sono rispettivamente la versione più giovane con affinamento solo in acciaio e la selezione con sosta in botti di 30 mesi e altrettanti in bottiglia; questa si caratterizzata dal prestigio del nome Monferace scelto dai produttori del Grignolino Storico. Tutto qui è intriso di storia, dalla vigna che è una delle più vecchie del territorio, fino al disegno in etichetta che raffigura il significato intrinseco del Monferrato: il mattone, in dialetto “Mon” (o “Mun”) e il ferrato, “Frrha”. La leggenda del Cavaliere Aleramo racconta che per poter divenire Marchese, egli avesse necessitato di terre e queste avrebbero rispecchiato ciò che sarebbe stato in grado di coprire a cavallo in tre giorni e tre notti. Cavalcò sellando più cavalli, ma perse un ferro e vi trovò rimedio solo grazie appunto a un mattone.

Monferace Grignolino d’Asti 2016

Il Monferace 2016 (14% Vol.), di colore rosso granato chiaro tipico di questa uva, oltre a esaltare il vitigno rispetto al fratello più giovane, trova un grande equilibrio con la ricchezza del dettaglio, fra classiche espressioni di confettura di ciliegia rafforzata dai tannini, fino alle ciliegie sotto spirito e la prugna disidratata; un vino che trasmette evoluzione e struttura, fra sentori di cuoio e pepe nero, tabacco e note tostate che finiscono il palato con un ultimo accenno di china.

Barbera d’Asti Superiore Vignalina 2018 vs Barbera d’Asti Superiore Setecàpita 2016

Analogamente la Barbera è declinata nella bottiglia più giovane, bordolese con affinamento in botti grandi per circa un anno e poi in bottiglia per 6 mesi, mentre la selezione nella borgognotta rimane nelle tonneaux di rovere francese per 20 mesi, poi in bottiglia per 8. Questo è certamente territorio di Barbera per eccellenza; il SETECÀPITA (15% Vol.), dal colore rosso rubino quasi impenetrabile, mostra il suo carattere: all’olfatto esplora tutte le caratteristiche del sottobosco, con more di rovo e mirtilli sotto la rugiada, in contrasto con la parte vibrante, tannica e calda, speziata che riempie il palato. Mai scontato, regala anche alcune note balsamiche con aroma di ginepro e anice, ritornando poi fresco e profumato sul finale.

Freisa d’Asti Superiore Sorìdigul 2016

Questo vino fa parte della volontà di ricerca della cantina delle uve autoctone di questo versante dell’astigiano. “Sorì” si riferisce in torinese alle vigne meglio esposte al sole e “diGiul” è l’omaggio di Guido Carlo Alleva alla figlia Giulia. Anche questa è una vigna storica della tenuta e questa selezione è una rarità, perché sono davvero pochissimi gli esempi di Freisa vinificata in purezza. L’affinamento avviene in tonneaux di rovere francese per circa 8 mesi e poi 12 in bottiglia. E’ un vino di struttura, il 2016 (13%Vol.), con tanta forza espressiva fra tannicità e accenti speziati del legno, lasciando una coda a tratti ferrosa e agrumata di bergamotto.

Monferrato Rosso Illegale 2017; Monferrato Rosso Navlè 2013

Stessa distinzione in bottiglia per le due tipologie di Nebbiolo. Sono certamente interessanti variazioni sul tema, per questo vitigno che si incontra praticamente in tutto il Piemonte e che ogni cantina deve proporre, perché oltre i vitigni autoctoni, rientra sempre nelle aspettative della clientela italiana ed estera. Il nome “Illegale” si deve proprio all’impossibilità per questo territorio di mettere in etichetta la parola Nebbiolo, mentre “Navlè” è il nome della vigna omonima da cui si ricava questa selezione. È mostrata in etichetta, con un messaggio quasi criptico, ma che in realtà altro non è che la raffigurazione dell’andamento romboidale della disposizione dei suoi filari. Potremmo considerarlo un grande vino da meditazione e vi lascio con questa curiosità; di certo ha contribuito a far assegnare alla Tenuta Santa Caterina il premio Cantina Emergente Gambero Rosso 2020. Ma in verità è una cantina che ha già tanta storia da raccontare.

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