Valutazione
Pregi
- La location, incredibilmente suggestiva.
- I prezzi delle degustazioni.
- La notevole selezione di Champagne.
Difetti
- Le consistenze potrebbero essere più diversificate.
Una location suggestiva per una proposta che indugia nella tradizione
Il grazioso comune di Cherasco ha storia antica, che affonda le proprie radici nel Medioevo per giungere a noi al massimo dello splendore artistico e architettonico. Nella centrale Piazza Vittorio Emanuele II si erge Palazzo Burotti di Scagnello, di proprietà dei marchesi Fracassi Ratti Mentone, con all’interno, al primo piano, il ristorante Da Francesco di Francesco Oberto.
Degustare in questa magnifica location diventa un’attività carica di significati e suggestioni: varcata la soglia dell’edificio si giunge infatti a un’imponente scala, terminata la quale ci si affaccia su un traguardo a dir poco sbalorditivo: la sala principale. Superata una porta scorrevole si resta ammutoliti di fronte a una splendida sala adornata da affreschi settecenteschi, opera di Pietro Paolo Operti, che ritraggono finte architetture e divinità classiche di stampo greco-romano.
È bene avere chiaro il contesto in cui ci si trova perché proprio questo è la chiave di lettura dell’esperienza culinaria.
Un registro classico con frequenti incursioni ittiche e orientalismi
Francesco Oberto, classe 1986, si forma per sei anni presso il Ristorante dell’Agenzia di Pollenzo di Daniele Sandri, per poi aprire la propria, e omonima trattoria in quel di Bra. L’esperienza dura un paio di anni, fino a condurlo a Cherasco, dove, insieme alla moglie Francesca Panetto, direttrice di sala, dà vita a quella che a tutt’ora è la sua creatura più identitaria – insignita nel 2017 della prima stella Michelin.
La tradizione piemontese la fa da padrone, proposta nella veste più elegante e classica possibile. Ma nella cucina di chef Oberto si notano degli innesti tutt’altro che marginali di componenti ittiche, così come ingredienti di matrice orientale atti a rendere la proposta più accattivante. Tra i piatti più rappresentativi di questa dicotomia c’è la capasanta, cocco, melograno, in cui la rotondità perfettamente calibrata della sapidità ittica, unita alla dolcezza esotica della spuma al cocco è ben contrastata dalla gentile acidità del melograno, accennata ma presente quel tanto da sottolineare, per contrasto, il connubio.
Impossibile tacere, a questo proposito, la pasta zero, blu di bufala, soia, wasabiEutrema japonicum, conosciuta comunemente come wasabi o anche con il nome di ravanello giapponese, è una pianta di origine giapponese appartenente alla famiglia delle Brassicacee (o Crocifere). La pianta cresce spontaneamente in vicinanza dei fiumi in zone fredde del Giappone, come per esempio in montagna o nelle valli in quota. Dal rizoma di Eutrema japonicum si ottiene una pasta di... Leggi che, con la carica gustativa imponente imposta dall’erborinato, rimarcata dalla soia, tramite il wasabi ha sviluppato una persistenza che ne ha fatto, senza esagerazioni, la portata migliore del servizio.
Leggermente da ricalibrare è risultato, invece, la presa di Cerdo Iberico con caramello salato, dove la predominanza della nota dolce ha purtroppo sovrastato le qualità e gli umori dell’ottima carne, senza che nemmeno l’amaricante dei cavolini di Bruxelles, saltati all’occorrenza, riuscisse a spezzarne la monotonia gustativa. Ottima chiusura invece con la panna cotta, frutta e verdure, dalla cremosità a dir poco perfetta, coadiuvata da una componente lattica semplicemente irresistibile impreziosita da un gioco di consistenze ben equilibrato.
Nel complesso possiamo dirci oltremodo soddisfatti dell’esperienza provata, sebbene ci permettiamo di suggerire una maggiore audacia nel contrasto di consistenze che, nel nostro percorso, si è palesato solo per brevi e fugaci tratti. Ma si tratta di un dettaglio che non inficia la qualità di questa ottima tavola.